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    Home»I racconti di dols»QUANDO CUPIDO SPARA … A CASACCIO – Capitolo VII
    I racconti di dols

    QUANDO CUPIDO SPARA … A CASACCIO – Capitolo VII

    DolsBy Dols11/10/2017Updated:11/10/2017Nessun commento6 Mins Read
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    Come piazza Unità d’Italia a Trieste diventa sfondo per le frecce di Cupido

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    Trieste, anno 2012

    Meraviglia delle Meraviglie.
    CUPIDOSono appena atterrato su una piazza grandissima che si affaccia sul mare.
    Oggi indosso un paio di jeans attillati e scoloriti all’altezza delle tasche e sulle ginocchia. Per fortuna i calzoni sono molto leggeri anche perchè la temperatura si aggirerà intorno ai ventisette gradi. Una polo bianca di cotone e senza maniche mette in risalto il mio fisico asciutto. Niente cappello a forma di cilindro in quest’epoca, anche perché morirei di caldo.
    I miei capelli sono di un castano scuro e molto corti. Fanno da cornice ad un viso deciso e reso interessante dall’azzurro dei miei occhi.
    Un paio di sandali di cuoio e marroni completano il mio abbigliamento.
    Vestito così mi sento decisamente più a mio agio.
    Mi guardo e mi riguardo più volte. Sono proprio bellino, c’è poco da dire.
    Solitamente sono restio a parlare di me, di come sono fatto fisicamente. Anche se in amore la fisicità è molto importante, ci sono tuttavia alcuni aspetti di una persona che mi colpiscono più di altri. Avere del carattere, una spiccata personalità o una travolgente simpatia di sicuro aiutano a vivere senza prendersi troppo sul serio e so che tutto questo giova anche nel rapporto di coppia.
    Mi guardo attorno.
    Non mi ci vuole molto per capire che mi trovo in Piazza Unità d’Italia a Trieste. Ricordo di esserci stato già diverse volte in questa piazza da sentirla come un luogo a me familiare.
    Davanti a me si estende il golfo con tutto il suo splendore. Attraverso la strada e raggiungo il Molo Audace che si trova sulle rive alla mia destra.
    Ma cosa ci faccio qua?
    Le persone mi passano accanto incuranti della mia presenza. Sembra che non mi vedano neanche.
    Continuo a passeggiare fino in fondo al molo mentre una leggera brezza mi accarezza il viso.
    Ad un tratto la mia attenzione viene catturata da una graziosa biondina che se ne sta seduta sui gradini che scendono direttamente al mare. Mi sembra che stia scrivendo qualcosa su un blocco notes. È concentrata. A momenti alza la testa per guardare il mare per poi ritornare di nuovo a scrivere.
    Mi avvicino. Lei si accorge di me. Mi guarda. La guardo anch’io.
    molo-audace-triesteOra che la vedo più da vicino mi accorgo che porta gli occhiali da vista e dietro quelle lenti scommetterei di aver visto brillare una luce.
    No, un momento, mi correggo. La ragazza sta piangendo e il riflesso del sole sulle sue lacrime crea un bagliore da rendere il suo viso ancor più luminoso.
    Non ci hanno mai presentati prima, eppure ho la sensazione di conoscerla da sempre e da come mi guarda, capisco che anche lei sta provando le mie stesse emozioni.
    Lei indossa una tutina azzurra di cotone con fantasie floreali e una cintura nera in stoffa le stringe la vita, mettendo un risalto un fisico allenato e molto curato.
    Ai piedi calza un paio di sandali neri e lucidi con circa tre centimetri di tacco. Non deve essere molto alta, molto probabilmente sul metro e sessanta. Dieci centimetri meno di me.
    Mi siedo sui gradini proprio davanti a lei. Tento un approccio.
    “Ciao sono Cupido e sono qua per la freccia”. Non chiedetemi perché mi comporto così.
    Effettivamente, è la prima volta che manifesto apertamente, e da subito, la mia missione, ma sento di poter osare con lei.
    “Ciao, sono Denise. Non mi parlare di frecce, ti prego. So farmi male da sola”.
    Stupefacente. La biondina capisce il mio linguaggio.
    Per la prima volta la vedo sorridere. Mi fa l’occhiolino ed aggiunge: “Ti prego, lasciami scrivere questa poesia che mi viene dal cuore. Non posso trascurare la parte più profonda di me, dopo quello che ho passato”.
    “Sei una scrittrice?”.
    “Ci provo”.
    “E quando scrivi, piangi sempre?”.
    “No”.
    Mi sa che devo aver toccato una corda sensibile del suo cuore perché Denise istintivamente copre con la sua mano la pagina che ha davanti, come se volesse proteggerla da occhi indiscreti.
    “Mi piacerebbe leggere la tua poesia, come si intitola?”.
    “Si intitola BASTA”e si alza in piedi “ma BASTA per davvero”. Poi scoppia a ridere e continua con enfasi “perché quando dico BASTA è BASTA … forse”. Poi di colpo torna seria. “Vuoi leggerla?, tieni” e mi porge il blocco.

    BASTA

    BASTA CON FRASI SPIRITOSE,
    BASTA CON MESSAGGINI,
    BASTA GUARDARE LA TUA FOTO,
    BASTA PENSARTI OGNI ISTANTE,
    BASTA ASPETTARE UN TUO SEGNALE DI VITA PERCHE’ SEI CAPACE DI SPARIRE PER GIORNI E GIORNI SENZA FARTI SENTIRE.
    BASTA RACCONTARTI I MIEI SEGRETI.
    BASTA APRIRTI IL MIO CUORE.
    BASTA PENSARE CHE SEI UNICO AL MONDO CAPACE DI FARMI GIRARE LA TESTA.
    … BASTA VEDERTI PER STARE BENE.

    Beccata! Eccola la vittima che cercavo. È un’artista in lacrime e scrive per esprimere il suo dolore.
    Si risiede davanti a me ma non prima di essersi ripresa il blocco notes, togliendomelo di mano.
    “Contento, ora?”.
    “Non sono mai contento quando vedo una donna piangere. Comunque, complimenti. La poesia è molto bella”.
    “Grazie. Non fare caso a me. Sono in pausa pranzo dal lavoro e solitamente mi riservo questo spazio per poter scrivere e piangere in santa pace, lontana da tutti”, aggiunge alzando una spalla.
    Questa poi non l’avevo mai sentita. È così efficiente da programmarsi anche il tempo per piangere.
    “Una volta ho sentito dire che Dio conta le lacrime delle donne”, dichiara convinta “pensa gli straordinari che gli ho fatto fare negli ultimi mesi”, poi sorride, ormai rassegnata di non avere altra via di uscita da quella che intuisco sia per lei una situazione dolorosa.
    Poi di colpo mi vengono in mente le parole di mio padre: tornerai a casa dopo aver contato le lacrime …
    Non ci posso credere. Denise sta forse cercando di togliersi la freccia dal cuore? Fino a poco tempo fa una notizia così mi avrebbe reso felice ed ora chissà perchè non riesco a scoppiare di gioia.
    Vorrei conoscere la sua storia, mi incuriosisce questa donna da intenerirmi il cuore.
    Allora tento la via della consolazione.
    “A volte si pensa di perdere qualcosa anche se in realtà non è così”, le dico.
    Lei mi guarda e giurerei che mi volesse buttare in mare.
    Ma che bravo che sono, sì, proprio bravo. Come mettere il dito nella piaga. È chiaro che ha perso qualcosa ed io vengo da lontano per ricordarglielo, così domani avrà un motivo in più per piangere.
    “Non si può perdere ciò che non si è mai avuto”. Sta per alzarsi.
    “Te ne vai così presto, Denise?”.
    “Sarò qua domani alla stessa ora. Il Molo Audace mi mette tranquillità. Ci sarai?”.
    “Ogni volta che lo vorrai”.

    continua

    debora-volianiDeborah Voliani  – 49 anni. Assistente sociale. Mi occupo di prevenzione solitudine e promozione socialita a  favore degli anziani a Trieste presso Televita s.p.a. Sposata. Vivo a Monfalcone. Sono livornese d.o.c. .Toscanaccia nel sangue. Ho un gatto persiano che si chiama Nemo. Scrivo racconti e poesie. Ho scritto con mio marito un romanzo giallo Male minore ambientato a Livorno e pubblicato da Manidistrega nel 2010. Amo la vita e la fede in Dio

     

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