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    Home»Donne digitali»Colette chiude. Riflessioni sullo shopping online e offline
    Donne digitali

    Colette chiude. Riflessioni sullo shopping online e offline

    Giovanna VitaccaBy Giovanna Vitacca22/07/2017Updated:23/07/2017Nessun commento4 Mins Read
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    E’ delle ultime settimana l’annuncio della chiusura di Colette, boutique multimarca parigina fondata da Colette Roussaux nel 1997. Dopo 20 anni chiuderà i battenti il prossimo dicembre.

    Sempre in questi giorni, leggiamo sui giornali della chiusura dello store H&M in Galleria Passerella a Milano (luogo storico per aver ospitato Fiorucci negli anni  ‘70/’80).

    Cosa sta succedendo?

    Capita che il modello brick & mortar, le attività commerciali, il retail, il negozio, per capirci, stanno languendo.

    Non una grande novità, direte. Ormai sono anni che indagini e ricerche confermano quanto gli acquisti online stiano affossando la rete fisica. Vero.

    Ma se colossi come Colette e H&M (che badate bene non hanno un fatturato in negativo) hanno deciso a tavolino di uscire dai giochi, queste azioni devono portarci a fare delle riflessioni sul futuro.

    Un futuro che coinvolge molti. Non solo il retail, ma le aziende produttrici, i loro partner, tutti gli attori che fino ad oggi hanno calcato un palcoscenico reale e invece sono destinati a cadere nell’oblio, fino a scomparire.

    Oggi H&M, ieri Zara, domani chissà.

    Tutti questi giganti del fast fashion stanno ottimizzando la loro presenza fisica per rendere la macchina più efficiente: costi di affitto, di personale in primis, poi tutte le voci di spesa collaterali pesano come macigni sulla redditività. Soprattutto quando si deve contrastare l’onda dell’online che investe tutti i settori merceologici e oggi sta infliggendo duri colpi anche alla moda.

    Che Amazon sia scesa in campo la dice lunga. E lo ha fatto coerente con il suo stile, unendo all’utility la commodity: non vendo solo il prodotto, ma anche il servizio, vero loro punto di forza.

    Non so se avete sentito parlare di Echo Look, un’apparecchiatura che fotografa i look indossati e dà suggerimenti di stile grazie a un personal stylist a disposizione 24h/24h.

    Di fronte a questo scenario assistiamo a un paradosso.

    Le catene di moda devono avere un e-commerce per essere legittimate globalmente come brand, ma l’online non aiuta l’offline a sopravvivere. E le varie chiusure ne sono la prova.

    Sapete cosa sta minando fortemente il negozio fisico? Proprio il servizio.

    Questo è il vero paradosso. Un cliente si aspetta che nel rapporto vis-a-vis sia proprio questo l’elemento di differenziazione, l’aspetto umano, il poter provare i capi, gestire criticità in tempo reale, e invece no.

    I colossi dell’online, da Amazon a Zalando, Asus vincono 1 a 0.

    Per contenere i costi, le aziende riducono al minimo il personale di vendita, il quale gestisce soprattutto la merce (riassortimento delle taglie, sistemazione dei camerini, il servizio di gestione della cassa, etc); anche la formazione sui prodotti è minima: il commesso spesso ripete a voce quanto riportato sulle etichette senza dare alcun valore aggiunto e, anzi, capita spesso che sia il cliente a saperne di più perché arriva nel punto vendita già informato. Indovinate dove? Online 🙂

    Il rapporto con il cliente si limita quindi alla fornitura delle informazioni basilari, non si crea empatia e dunque muore la shopping experience.

    Non stupiamoci quindi se i nuovi stili di acquisto vedono i consumatori sempre più indipendenti, esigenti, meno fidelizzabili e sempre più orientati allo shopping online.

    Qualche tempo fa si diceva che fossero soprattutto i giovani, i nativi digitali, i Millenials a privilegiare gli acquisti online ma una recente indagine di Zalando su un campione di 1000 consumatori conferma che il pubblico è davvero eterogeneo.

    Il dato più significativo è che lo shopping online non è un gesto d’impulso. E’ ragionato (il 73% si prende qualche giorno per decidere), fatto per lo più da casa (il 64% del campione) e solo il 14% compra perché c’è lo sconto.

    Altro dato interessante è che Il 90% degli intervistati ha anche provato a convincere altre persone a fare acquisti di moda online e il 75% afferma di essere riuscito nell’intento.

    La tecnologia vince sull’essere umano in questo caso. L’efficienza del servizio offerto porta i consumatori a ritenersi più soddisfatti.

    Eppure catene come Zara hanno dotato di servizi tecnologici i loro punti vendita. Ma le casse self-service e gli  schermi touch-screen nei camerini non bilanciano la situazione.

    E sapete perché?

    Perché chi entra in un negozio non si aspetta di trovare al suo ‘servizio’ la tecnologia  – quella la cerca online – si aspetta piuttosto una persona sorridente che gli dica ‘Buongiorno, benvenuto’.

    E tutto questo senza arrivare agli eccessi di alcune catene – e me ne viene in mente in particolare una del settore profumeria – dove invece le commesse fanno quasi stalking chiedendo ogni 5 secondi se hai bisogno. Ecco quando è così io mi sento soffocare ed esco immediatamente.

    E voi? Dove preferite comprare? Online o in negozio?

    Ma soprattutto perché? 😉


    Colette H&M SHOPPING zara
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    Giovanna Vitacca
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    Consulente di Immagine e di Comunicazione. Aiuto le persone a sentirsi a proprio agio con se stesse mettendo a fuoco e valorizzando le loro potenzialità perché abbiano successo nella vita e nel lavoro. Dare la corretta forma alla sostanza affinché la loro esteriorità, da come si vestono a come si muovono, da cosa pubblicano online a cosa dicono in una conferenza, non vada in conflitto con tutto quello che è la loro interiorità, la loro essenza. Il risultato non è mai qualcosa di costruito a tavolino, ma un percorso sincero e naturale per mettere a fuoco le potenzialità di ognuno, tirarle fuori e usarle al meglio. Sintonizzo il chi sei con il come ti mostri agli altri, per dare coerenza, forza ed energia alla tua immagine e alla tua comunicazione.

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    Caterina Della Torre

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    Redattora del sito internet www dols.it

    La solitudine dei non amati, firmato e diretto dal La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
    https://www.dols.it/2025/06/06/la-solitudine-dei-n https://www.dols.it/2025/06/06/la-solitudine-dei-non-amati/

La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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    Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo roman Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo romanzo, L’arte della gioia, uscito dopo la sua morte (nel 1996 a 72 anni) e solo grazie alla dedizione del marito, Angelo Pellegrino. Il libro vide la luce nel 1998 presso Stampa Alternativa (e poi nel 2008 da Einaudi). Tollerata dai salotti intellettuali del tempo, dove era entrata grazie alla sua lunga relazione con il regista Citto Maselli, Goliarda Sapienza fu sempre insofferente nei confronti del mondo intellettuale e borghese. Attrice, scrittrice, donna libera, più irregolare che anticonformista, chissà cosa penserebbe dell’interesse che sta suscitando in questo periodo non solo la sua opera ma anche la sua vita.

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Lo studio delle lingue straniere alimenta la curiosità e stimola la voglia di apprendere in molte discipline anche ben diverse, soprattutto se sostenute da una capacità imprenditoriale. Questo lo dimostra la storia qui di seguito riportata di Marialuisa Portaluppi da noi intervistata.
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