“L’USIGNOLO” – romanzo di KRISTIN HANNAH

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Ne ”l’Usignolo” si parla di Seconda Guerra Mondiale, di soldati al fronte, di Shoah, di politica, di partigiani, di Hitler, di Mussolini e del D-Day. Ma c’è una guerra che non viene mai raccontata, se non marginalmente. E’ la guerra delle donne.

Questa guerra, fatta anch’essa di sangue, morte e dolore, è magistralmente descritta nel libro “L’Usignolo” di Kristin Hannah. Due sorelle, cresciute senza madre, separate e poi riunite, in un piccolo paese della Francia, vengono travolte dal grande impatto del conflitto nelle loro vite. La più giovane, ribelle, anticonformista, idealista come tutti i giovani, sposa l’ideale della Resistenza e diventa una “passeuse” che aiuta i soldati inglesi e americani a fuggire in Spagna attraversando a piedi i Pirenei, di notte. Grazie a questa attività, riesce a ricostruire i rapporti con il padre da sempre (come sempre) assente nella sua infanzia, un padre che non è mai riuscito a manifestare il suo amore, se non ora, nel momento in cui la figlia decide di unirsi alla Resistenza di cui anch’egli, segretamente, fa parte. Quanto di femminile c’è in questa storia… quante figlie sono cresciute senza la comprensione e l’amore di un padre, inseguendo l’amore che credono di meritare solo grazie ad atti eroici.

Kristin-Hannah2E quante donne, anche in Italia, hanno aiutato i partigiani, rischiando sulla propria pelle, di nascosto, in silenzio, senza che di loro non si conoscesse il nome. Isabelle, la sorella minore, dimostra il coraggio delle donne, l’anelito a una giustizia superiore, l’abnegazione in nome di un ideale. Vianne, la maggiore, è madre e, in quanto madre, il suo primario interesse è preservare la sua famiglia, quanto ha di più prezioso, la figlia. La sua vita, da sempre priva di affetto e dolcezza, è stata da sempre una faticosa ricerca di quello che le è mancato: il calore della famiglia, la sicurezza affettiva. La guerra le ruba il marito, glielo ruba due volte. Quando parte per combattere e quando torna. E’ cambiato lui, è cambiata lei. Ma Vianne, con immensa forza, col coraggio della resilienza, porta avanti la sua guerra, la guerra delle madri. Inizialmente, a protezione del suo nido, della sua bambina, Vianne tenta di non farsi coinvolgere, litigando aspramente con Isabelle che, invece, le porta la guerra in casa. Ma quando viene messa di fronte alle atrocità commesse sui bambini, il suo cuore di madre cede e Vianne diventa un’insospettabile partigiana, che salva una ventina di bambini dalla deportazione.

E anche in questo caso, la sua sofferenza di madre è nuovamente messa alla prova, quando, alla fine del conflitto le portano via il bambino che aveva tenuto con sé, per salvarlo, amandolo come un figlio. Questa donna costretta a far spazio, nella sua vita, a due soldati tedeschi, che le si insediano in casa. Il primo è una brava persona, tocca il suo cuore e mette alla prova il suo amore per il marito. Il secondo le ruba la casa, il corpo, la vita. E Vianne, per sua figlia, per i bambini che sta salvando, si lascia rubare il corpo, ma non l’anima. Regala alla figlia l’esempio dell’amore che solo le donne sanno provare. Per un bene superiore, per la vita di sua figlia, Vianne sopporta. La resilienza delle donne è magistralmente incarnata in Vianne. La forza segreta delle donne… quando Isabelle torna, malata e per sempre traumatizzata dal campo di concentramento dove è stata deportata quando è stata catturata, Vianne si prende cura di lei e nulla le racconta della sua guerra. Vianne, forte e silenziosa, assiste fino all’ultimo la sorellina. E Vianne va avanti. Torna il marito dalla guerra e la trova incinta, del figlio dei reiterati stupri del tedesco che ha occupato la sua casa durante la guerra. Ma Vianne decide che quello sarà il bambino che terrà insieme la sua famiglia. Fa credere al marito che sia suo e forte dell’amore che prova per il piccolo, traghetterà la sua vita oltre. Oltre l’orrore che ha visto, che ha vissuto, che ha subito. Vianne vince la sua guerra e il suo coraggio, la sua forza, vengono riconosciute.

Ma quante donne, come lei, sono scomparse dai libri di storia?

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Profilo Autore

Silvia Rossini

Che dire di me? Ho la scrittura nel sangue, da sempre. Ho iniziato a inventare storie e poesie quando ero in seconda elementare e non ho mai smesso. La vita non mi ha portata a fare della mia passione la mia professione, ma scrivo. Scrivo per protestare, scrivo per convincere, scrivo per raccontare, scrivo per esprimere la parte di me che nel mio lavoro non emerge (faccio un lavoro "tecnico" e anche piuttosto arido). Sono una lettrice compulsiva perchè credo nel potere arricchente della narrativa e della letteratura.

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