Inno alla maternità, di Onofrio Pagone, racconta una vicenda reale, risalente al 2005-2006. Annamaria, nome fittizio della protagonista con una importante valenza sottesa,in una lunga intervista ha consegnato a Onofrio Pagone la sua storia di ragazza madre immigrata clandestina in Italia e vittima di un clima di ingiustizie
L’Associazione “Donne in Corriera” ha presentato alla Libreria Laterza, di Maria Laterza, l’ultimo libro di Onofrio Pagone, caporedattore de La Gazzetta del Mezzogiorno, “Io non ho sbagliato” (Giraldi Editore) .
Hanno dialogato con l’autore l’avvocata Mariella Fanciano ed il giudice Gabriele Protomastro. Ha letto alcuni brani del libro Katia Berlingerio.
Un romanzo di Onofrio Pagone, in cui la protagonista, una ragazza fragile e forte, ha tanti sogni ma non sempre il destino trova il modo di realizzarli.
Una ragazza, Annamaria, adolescente di 17 anni rumena, partita dal suo paese per raggiungere clandestinamente la madre in Puglia e poter far nascere il suo piccolo che ha in grembo. Una storia vera, raccontata con delicatezza, ma anche con cognizione di causa dall’autore che in questo caso lascia le vesti di cronista, per assumere quelle più libere di narratore. Una battaglia contro ciò ha la pretesa di essere logico, razionale e infallibile, il mondo degli adulti e della legge. La protagonista della storia si è trovata a vivere a sue spese il divario non colmato fra la giustizia e il diritto, la supposta protezione assicurata dallo stato e dagli adulti e l’effettiva messa in pratica di tali concetti
Un libro in cui si parla di mal-giustizia pugliese, di rapporti fra generazioni, di immigrazione, di violenza, di adozioni, di aborto, di emozioni, di sentimenti, di amore materno…un INNO alla maternità.
Un racconto di denuncia sui limiti della giustizia, del funzionamento del nostro welfare, del rispetto dei diritti dei minori, una storia che racconta una vicenda reale, risalente al 2005-2006.
Annamaria, nome fittizio della protagonista con una importante valenza sottesa,in una lunga intervista ha consegnato a Onofrio Pagone la sua storia di ragazza madre immigrata clandestina in Italia e vittima di un clima di ingiustizie e di una incomprensione dovuta anche alla sua non conoscenza iniziale della lingua italiana, come anche dell’approssimazione di chi avrebbe dovuto interpretare i suoi sentimenti e le sue volontà.. L’autore ha seguito tutto l’iter conseguente alla nascita attraverso gli atti della causa di affidamento del piccolo.
Un racconto di vita che è vita vera e vissuta qui, ieri ma ancora oggi e che vuole tuffarsi, con nuova speranza, nel futuro.
Una narrazione che mette i brividi, fa riflettere, apre il cuore, ma anche la mente.
Una storia nella quale la protagonista, nel suo percorso iniziatico di crescita e maturazione, buca lo schermo della sua vita con quegli occhi – splendidamente ritratti in copertina – che aggrediscono con la loro dolcezza, che ti sfidano con la loro fragilità, che ti braccano con la loro muta richiesta di aiuto. Occhi che durante la narrazione indossano diverse “lenti”.
Ogni personaggio ha il suo alter ego, od il suo contrario, in una storia tutta femminile, in cui gli uomini paiono essere in seconda fila, anche se il papà le aveva insegnato questo proverbio del Québec: «I genitori posso dare ai figli solo due cose: radici e ali»” ed il fratello più piccolo che non la segue in questa avventura l’ammonisce “Vuoi le ali, ma almeno vola alto”.