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    La spettatrice

    Stato Civile – L’amore è uguale per tutti

    Daniela AstreaBy Daniela Astrea05/11/2016Nessun commento4 Mins Read
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    stato-civile
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    Sono anni che nel panorama televisivo italiano (e statunitense) i matrimoni fanno la parte del leone Stato Civile- L’amore è uguale per tutti. Si tratta di sei puntate nelle quali vengono narrate le unioni civili in Italia, quelle che sono avvenute dopo l’approvazione della legge Cirinnà.

    Da quelli in diretta – con tanto di sottoscrizione della promessa davanti alle telecamere – a quelli tra perfetti sconosciuti che si sposano senza essersi mai visti prima prendendo parte a un vero e proprio esperimento sociale. Passando per “l’indotto” costituito dalla ricerca di abiti da sposa, dal focus sul lavoro del wedding planner oppure i confronti tra buffet e la messa in palio di viaggi di nozze in luoghi esotici, non c’è rete che non proponga un format nostrano o d’adozione che riguardi spose e sposi.
    Anche i matrimoni “napoletani” del Boss delle cerimonie possono annoverarsi tra questa tipologia di show: nel caso specifico si tratta di una rivisitazione assai trash delle tipiche usanze campane, un po’ come se fossimo di fronte alla versione italiana di un matrimonio gipsy (anche questo fenomeno è ampiamente documentato da infinite puntate made in USA).

    È indubbio che nelle fasce orarie predilette da persone anziane o telespettatrici questa tipologia di programma vada alla grande. Non so con quanto riscontro di audience, tuttavia la sovrabbondanza di programmi clone mi fa supporre che un certo pubblico affezionato ci sia, vista la spietata rapidità con cui i flop vengono ritirati dai palinsesti.
    Annunciata con pochissimi spot, giovedì 3 novembre in seconda serata su Rai 3, è andata in onda la prima puntata di Stato Civile- L’amore è uguale per tutti.
    Il titolo è tutto un programma, mi pare il caso di dirlo!
    Si tratta di sei puntate nelle quali vengono narrate le unioni civili in Italia, quelle che sono avvenute dopo l’approvazione della legge Cirinnà.
    Rispetto la scelta dell’orario (23,15 e oltre) perché penso sia una forma di precauzione verso i telespettatori minori, ma mi preme dire che fosse per me l’avrei trasmesso tranquillamente in prima serata. Noi che siamo abituate a vederci rifilare tristi show con starnazzanti ex soubrette che mostrano sederi e caratteracci, non possiamo certo trovare oltraggioso o discutibile un prodotto del genere. Giuro, era da tempo che non si vedeva rappresentato l’amore con tanta sobrietà e delicatezza. Il reportage è snello e vivace, privo di inquadrature moleste o ricerche spietate di esibizionismo e carnevalate. E già questo è garanzia di qualità. Poi si trattano le storie d’amore (nella prima puntata: due trentacinquenni e una coppia di settantenni insieme da oltre cinquanta anni) con uno sguardo veritiero e non edulcorato e ciò fa arrivare il messaggio diritto al bersaglio.

     
    Solo questo.
    Le emozioni sono legate ai racconti di vita dei protagonisti e di chi li circonda: la nonna centenaria che prega o i nipoti unici rappresentanti di famiglie che hanno allontanato i due neosposi da mezzo secolo per non condividere la loro “vergogna”. Insomma, sono storie ordinarie che però si è sempre evitato di narrare senza che fossero gravate dal peso di censure varie o giudizi moraleggianti.
    E qui arriva il bello: nel racconto nudo e crudo quel che risalta è l’assoluta similitudine di innamoramenti, scelte di vita e problemi pratici di qualsiasi tipologia di coppia, sposata in chiesa o in comune, etero o gay.
    Una piacevole visuale su un qualcosa che non è passato sotto silenzio, né bisogna dare per scontato fosse stato, a suo tempo, recepito e compreso appieno da cittadine e cittadini nelle sue successive implicazioni.
    È di appena qualche giorno fa la tremenda affermazione di un prete in onda su Radio Maria che ha spiegato l’arrivo dei terremoti come dovuto a una punizione divina che l’Altissimo avrebbe deciso di inviare sul nostro Paese proprio a causa delle unioni civili. Pur con la presenza di migliaia di commenti e articoli contrari alla spiegazione a dir poco offensiva e bigotta, non va taciuto che un nutrito numero di persone persevera nell’opporsi a questa legge ritenendola foriera di un decadimento morale inarrestabile e gravissimo.
    Ecco, a loro consiglierei di guardare anche una sola puntata di Stato Civile, giusto perché parlare per partito preso di quel che non si conosce non ha mai dato grandi frutti né portato progresso o cambiamenti essenziali. Solo privandoci di etichette e paraocchi riusciremo a stare al passo coi tempi!

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    Daniela Astrea

    Daniela Astrea - laureata in Filosofia con un tesi in Studi di genere, si occupa da anni di studi femministi in vari campi: cinema, letteratura, arte. Ha organizzato eventi, fatto parte di collettivi, lavorato in un’agenzia pubblicitaria come copywriter, pubblicato saggi e articoli sulla storia delle donne.

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