#ObiettiamoLaSanzione

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 #ObiettiamoLaSanzione  esprime la sua vicinanza alla famiglia di Valentina Milluzzo, deceduta al quinto mese di gravidanza, all’ospedale Cannizzaro di Catania. Una tragedia su cui è stata aperta una inchiesta. Non sappiamo cosa sia successo. Adesso è tutto nelle mani della magistratura.

OMISSIONE DI COSCIENZA

La famiglia di Valentina ha riferito che il medico si è rifiutato di intervenire in quanto obiettore, fino a quando ci fosse stato battito cardiaco del feto. Paolo Scollo, primario del reparto di ginecologia ed ostetricia, che pure aveva bollato come “una madornale falsità” questa interpretazione della tragica vicenda, afferma che si sia trattato di «sepsi, per una coagulazione intravasale disseminata, per una complicanza dell’infezione», con cause ancora da stabilire. Precisando che: «Si potrà capire dai dati biochimici dell’autopsia. È quello che dovranno esaminare i periti del tribunale, se riusciranno a scoprirlo». Mercoledì prossimo verrà effettuata l’autopsia di Valentina, che speriamo trovi esperti in grado di dare risposte a quel preoccupante “se”, fugando i dubbi evidenziatisi da questo drammatico caso.
Occorre indagare sui tempi d’inizio dell’infezione nonché sulle sue cause, per arrivare a capire il momento in cui la situazione ha imboccato un punto di non ritorno, sapendo che bisognava intervenire prima di quel momento. Sarà necessario indagare sui protocolli applicati, sugli eventuali ritardi, sottovalutazioni, negligenze e lacune nei monitoraggi svoltisi sin da quando la donna è stata ricoverata. Diciassette giorni sui quali puntare la lente di ingrandimento, perché non dovrebbe focalizzarsi l’attenzione sulla sola fase dell’emergenza sanitaria che è stata immediatamente preliminare alla morte della giovane donna.

Ci auguriamo che emerga la verità, l’unica in grado di potere successivamente fare individuare gli eventuali responsabili, al fine di fare ottenere giustizia a questa donna che ha perso la vita. Auspichiamo che la magistratura sia libera da pressioni di ogni tipo e che sia scevra nelle indagini da ogni pregiudizio, per potere obiettivamente valutare i fatti accaduti, alla luce dell’esame della cartella clinica di Valentina e sulla base degli esami autoptici sul suo corpo e su quello dei gemelli. Nel contempo gli inquirenti dovrebbero anche interrogarsi sulla realtà di un reparto totalmente composto da obiettori di coscienza, una violazione della legge 194 che invece non consente l’obiezione di struttura.

Difatti occorrerebbe investigare se l’obiezione, che arriva in questo caso al 100%, abbia davvero influito sulle scelte mediche e sui loro tempi di intervento come sostengono i parenti di Valentina. Per arrivare a sapere se, con la condotta tenuta si sia voluto proteggere la propria “morale” non estraendo i feti con battito a scapito della vita della gestante. Vogliamo che la vita della donna abbia sempre un valore prioritario e non sia subordinato a scelte religiose o ideologiche. Lo dobbiamo a Valentina, ma anche alle altre che in futuro potrebbero trovarsi nelle sue stesse condizioni.

Auspichiamo che venga fatta piena luce sui risvolti poco chiari di questa tragedia per capire se con un intervento più tempestivo si sarebbe potuta salvare la vita di Valentina, anche a costo di non salvaguardare i due feti che portava in grembo. Come sancito dalla pronuncia della Corte Costituzionale n.27/1975, precedente addirittura alla legge 194, “non esiste equivalenza fra il diritto alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell’embrione che persona deve ancora divenire”.

La Cassazione ha ribadito che il diritto di obiezione di coscienza «non esonera il medico dall’intervenire durante l’intero procedimento» in quanto «il diritto dell’obiettore affievolisce, fino a scomparire, di fronte al diritto della donna in imminente pericolo a ricevere le cure per tutelare la propria vita» (sentenza n.14979/2013). Tutto dipende da quando il medico ravvisi il pericolo per la vita della donna, confine difficile da tracciare quando si ha un approccio ideologico. Se, in conseguenza di ciò, ci si riduce ad indurre il parto, ad esempio, quando ormai la sepsi e le sue complicanze sono a uno stadio avanzato, vuol dire che il medico è intervenuto nel momento in cui ormai la vita della donna era compromessa irreparabilmente.

“Di fronte al pericolo di morte della madre, invece, deve scattare l’obbligo grave e irrinunciabile per il medico – ha dichiarato Filippo Maria Boscia, presidente nazionale dei medici cattolici – di fare tutto il possibile per salvarla”.
Tutto dipende dal fatto che, una volta accertata la gravità della paziente, il medico ne scelga come priorità la salvezza e non quella della propria “coscienza”.
Questa è la regola ed ogni altra non è legittima. Pena essere indagati, qualora ne ricorrano i presupposti, perché dolosamente colpevoli agli occhi della legge di omissione di soccorso o nella peggiore delle ipotesi, quali la morte di una donna, perché colposamente responsabili di omicidio. E, semmai, essere anche condannati, sempre che si sia sentenziato al riguardo.

Firme:
Anarkikka attivista, vignettista
Barbara Bonomi Romagnoli giornalista attivista
Monica Lanfranco giornalista 
blogger
Donatella Martini Donne InQuota
Cristina Obber giornalista, scrittrice
Pasionaria.it
Antonella Penati Federico nel cuore Onlus
Maddalena Robustelli,
Simona Sforza blogger, attivista
Nadia Somma blogger, 
attivista
Paola Tavella giornalista

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Profilo Autore

Cristina Obber è nata a Bassano del Grappa il 9 novembre 1964. Iscritta all’ Ordine dei giornalisti, ha collaborato per cinque anni con un quotidiano vicentino. Nel 2008 ha pubblicato “Amiche e ortiche” con Baldini Castoldi Dalai, affresco dolce-amaro dell’amicizia al femminile. Nel 2012 ha pubblicato un libro sulla violenza sessuale, "Non lo faccio più" ed. Unicopli che ha dato vita ad un progetto scuole e al blog nonlofacciopiu.net. Nel 2013 ha pubblicato per Piemme editore il libro Siria mon amour, storia vera di una 16enne italo-siriana che si è ribellata ad un matrimonio combinato. Nel biennio 2009-2010 ha pubblicato con Attilio Fraccaro editore “Primi baci” e “Balilla e piccole italiane”, due libri in cui ha raccolto ricordi del primo bacio e ricordi del mondo della scuola nella prima metà del novecento. Collabora con Dol’s, il sito delle donne on line da svariati anni. Si occupa di tematiche legate ai diritti. Il 25 novembre 2011, giornata internazionale contro la violenza sulla donna, esce il suo primo e-book dal titolo La ricompensa (edito da Emma books), che si apre con una citazione di Lenny Bruce: La verità è ciò che è, non ciò che dovrebbe essere. Il suo ultimo libro è ''L'altra parte di me’’, edito da Piemme, una storia d’amore tra adolescenti lesbiche.

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