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    Home»Salute e benessere»Ginecologia»Aborto, obiezione e salute
    Ginecologia

    Aborto, obiezione e salute

    simonasforzaBy simonasforza23/10/2016Updated:23/10/20162 commenti12 Mins Read
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     I valori di obiezione riscontrati dalla relazione nel 2013 restano elevati soprattutto tra i ginecologi, il 70%, cioè più di due su tre.

    Siamo in attesa che venga pubblicata la relazione ministeriale 2016 di attuazione della legge 194/78 riferita al 2015. Il documento viene presentato ogni anno in Parlamento tra la metà di ottobre e la metà di novembre. Abbiamo letto qualche anticipazione su Left. Visionando i bollettini Istat, sulla base dei dati trasmessi dall’Iss-Sistema di sorveglianza dell’interruzione volontaria di gravidanza, il numero degli aborti continua a scendere, un dato costante da quando è stata approvata la 194: si passa da 96.232 Ivg del 2014 alle 87.590 del 2015, con un calo annuo del 9,87%. Il settimanale inoltre suggerisce una correlazione tutta da dimostrare: il crollo di Ivg (-14,3% su base annua) nei mesi a partire dalla commercializzazione della pillola dei 5 giorni dopo Ellaone, senza obbligo di ricetta. La pillola anticoncezionale d’emergenza sembrerebbe aver influito sulla diminuzione di Ivg su base annua e nel pezzo su Left si parla di -10,8% nel passaggio 2015-2016.
    I dati ministeriali andrebbero però abbinati sempre alle stime degli aborti clandestini, che sono stati depenalizzati ma che da febbraio 2016 sono sanzionati con cifre che possono arrivare ai 10.000 euro (come #ObiettiamoLaSanzione ci siamo battute molto su questo versante, vedi anche la lettera aperta alle parlamentari, alla quale non abbiamo mai ricevuto risposta). L’Istituto Superiore di Sanità nel 2012 stimava tra i 12.000 e i 15.000 casi, riscontrando una sostanziale stabilizzazione del fenomeno negli ultimi anni. Si tratta di numeri di massima, che comunque restano elevati, se si considera che tra le cause potrebbe esserci proprio la difficoltà nell’accesso ai servizi.
    Ed è proprio in merito a questa difficoltà che dovremmo tornare a interrogarci sull’obiezione di coscienza che negli ultimi anni sta diventando un ostacolo notevole per l’applicazione piena della legge 194.
    I valori di obiezione riscontrati dalla relazione nel 2013 restano elevati soprattutto tra i ginecologi, il 70%, cioè più di due su tre. Il rapporto ha osservato poi un ulteriore incremento di obiettori tra il personale non medico. Ci sono anestesisti che negano l’epidurale in caso di aborto terapeutico. Notevoli sono le differenze a livello regionale. I picchi sono al centro sud, con percentuali di obiezione tra i ginecologi superiori all’80%: in Molise (93,3%), nella provincia autonoma di Bolzano (92.9%), in Basilicata (90,2%), in Sicilia (87,6%), in Puglia (86,1%), in Campania (81,8%), nel Lazio e in Abruzzo (80,7%).
    L’obiezione continua ad interessare maggiormente gli ospedali, anche se i consultori non ne sono esenti. Ci sono tentativi in alcune regioni, come il Piemonte che si stanno impegnando affinché i medici che lavorano in queste strutture garantiscano alle donne che scelgono di abortire i certificati necessari per l’operazione e non si oppongano alla prescrizione dei contraccettivi, compresi quelli di emergenza.
    obiezione-per-categoria-2013
    In Lombardia, la mia regione di residenza, i dati evidenziano una situazione alquanto difficile.
    La percentuale dei ginecologi obiettori nel 2014 era del 69,4%. In 7 ospedali lo era la totalità (Calcinate, Iseo, Gavardo, Oglio Po, Melzo, Broni-Stradella e Gallarate). In 12 ospedali la percentuale di obiezione era tra l’80% e il 99% (per esempio Fatebenefratelli e Niguarda di Milano) e solo in 8 strutture è inferiore al 50%. Per i dettagli qui.
    Per sopperire a queste carenze si ricorre ai medici gettonisti esterni: il costo nel 2014 è stato di 255.556 euro. Non si tratta di un danno considerevole? Ma con questa mancanza anche i tempi di attesa si allungano: la Lombardia è sedicesima per i tempi di attesa tra la certificazione e la data dell’intervento. Questo anche perché solo il 65% delle strutture che hanno un reparto di ginecologia e ostetricia effettua Ivg. Una sorta di percorso ad ostacoli quindi.
    La relazione del 2015 ha evidenziato anche i carichi di lavoro per ciascun ginecologo non obiettore, anche su base sub-regionale, rilevando come non emergano criticità nei servizi, perché ogni non obiettore in media si ritrova ad effettuare 1,6 interruzioni a settimana, e non arriva mai alle 10 Ivg a settimana.
    carico-di-lavoro-settimanale-per-non-obiettore carico-di-lavoro-settimanale-per-non-obiettore
    evoluzione-storica-ivg-non-obiettoriDall’analisi del ministero poi sembrerebbe che non ci sia una relazione tra numero di obiettori e tempi di attesa. La ministra Lorenzin continua a sostenere che le difficoltà siano legate solo ad alcune strutture, a singole aziende sanitarie. Ricordiamo tutti il caso di Trapani, quando era andato in pensione l’unico medico non obiettore.
    La legge prevede il diritto di obiezione solo per i singoli medici, non per intere strutture, significa che ognuna di queste dovrebbe essere in grado di garantire comunque il servizio. Invece accade come a Catania che ci sia il 100% di medici ginecologi obiettori. A Catania quattro ginecologi su 65 non sono obiettori e si fa largo il sospetto che si abortisca privatamente a pagamento e che le Ivg figurino sotto altre operazioni.
    In Europa la situazione è variegata. In Svezia non esiste. In Francia le strutture pubbliche hanno l’obbligo di fornire le Ivg, in Gran Bretagna solo il 10% degli medici sceglie volontariamente di non praticare Ivg.
    In un contesto italiano di questo tipo:
    – in cui manca un’educazione capillare alla contraccezione, alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, che siano declinate al femminile e al maschile;
    – numerosi contraccettivi ormonali sono passati dalla fascia A esente a C a pagamento;
    – con cifre di obiezione che spingono alla migrazione interregionale per poter ottenere nei tempi di legge una prestazione prevista nei LEA;
    – con consultori che salvo rare eccezioni, sono in sofferenza e con servizi variegati da regione a regione;
    – l’uso della RU-486 (aborto farmacologico) è ancora molto basso: i tre giorni di ricovero non fanno decollare questa modalità;
    – donne migranti senza permesso di soggiorno, spesso schiave della prostituzione e vittime di tratta, senza documenti, che ricorrono agli aborti clandestini per paura di rivolgersi alle strutture ospedaliere;
    – kit faidate per abortire acquistabili online;
    – numeri del Ministero che tendono a sottostimare il fenomeno del ritorno consistente degli aborti clandestini (aumentano gli aborti spontanei, di cui una percentuale è sicuramente addebitabile ad aborti casalinghi finiti con l’arrivo in pronto soccorso per gravi emorragie o infezioni);
    cosa è prioritario per lo Stato? Le donne sono considerate cittadine a pieno titolo, meritevoli degli stessi diritti, tutele, garanzie? La difesa della nostra salute e la nostra vita sono priorità oppure possono essere messe in secondo piano per ragioni ideologiche?
    Esprimo la mia vicinanza alla famiglia di Valentina Milluzzo, deceduta al quinto mese di gravidanza, all’ospedale Cannizzaro di Catania. Una tragedia su cui è stata aperta una inchiesta. Non sappiamo cosa sia successo. Adesso è tutto nelle mani della magistratura. Resta da interrogarsi su protocolli, ritardi, sottovalutazioni, negligenze, eventuali lacune nei monitoraggi. Spero che emerga la verità e non si cerchi di coprire eventuali responsabilità. Chiediamo giustizia per questa donna che ha perso la vita. Verifichiamo se l’obiezione possa in qualche modo aver influito sulle scelte mediche, sui tempi di intervento. Indaghiamo se applicando alla lettera i protocolli non si sia voluto salvaguardare i feti anche a scapito della vita della gestante, rinviando l’induzione del travaglio. Vorremmo che la vita della donna avesse sempre un valore prioritario e non fosse subordinato a scelte religiose o ideologiche. Lo dobbiamo a Valentina, perché non accada più ciò che è accaduto a lei, perché la vita delle donne non venga messa a rischio in questo modo. I gemelli non sarebbero sopravvissuti, ma ci chiediamo se con un intervento più tempestivo si sarebbe potuta salvare la vita di Valentina. Su questo ci auguriamo che venga fatta piena luce.
    Ricordo una importante sentenza 27/75 della Corte Costituzionale del 1975, quindi precedente alla 194: “non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi é già persona, come la madre, e la salvaguardia dell’embrione che persona deve ancora diventare.” Veniva dichiarata la “illegittimità costituzionale dell’art. 546 del codice penale, nella parte in cui non prevede che la gravidanza possa venir interrotta quando l’ulteriore gestazione implichi danno, o pericolo, grave, medicalmente accertato nei sensi di cui in motivazione e non altrimenti evitabile, per la salute della madre.” Stabiliva la «differenza» tra un embrione e un essere umano e sanciva la prevalenza della salute della madre rispetto alla vita del nascituro.

    Inoltre secondo la Cassazione “il diritto di obiezione di coscienza «non esonera il medico dall’intervenire durante l’intero procedimento» in quanto «il diritto dell’obiettore affievolisce, fino a scomparire, di fronte al diritto della donna in imminente pericolo a ricevere le cure per tutelare la propria vita». (Sentenza 2 aprile 2013, n.14979)

    Nel solco tracciato dall’art. 9, comma 3 l. n. 194 del 1978, “l’obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento”, la Cassazione ha tracciato un confine netto: l’obiezione può essere invocata solo con riguardo alla fase propriamente causativa dell’aborto, sempre che la partoriente non corra pericolo di vita, ma non nelle fasi che precedono e seguono l’intervento di interruzione della gravidanza; diversamente, il medico incorre nel delitto di rifiuto d’atti d’ufficio.

    Tutto dipende da quando il medico ravvisa il pericolo per la vita della donna, confine difficile da tracciare soprattutto quando si ha un approccio ideologico.

    Chiediamo che venga istituito un registro delle morti materne.
    Chiediamo che si avvii una seria indagine sull’obiezione di coscienza e sull’applicazione della 194, con regole e criteri nuovi che si avvalgano della collaborazione di medici e di associazioni come la Laiga, che sappiano evidenziare criticità, in modo che si interventa per sanarle. Non si può attendere oltre. Valutiamo la richiesta di IVG, ovvero quante donne richiedono questo intervento e quante trovano risposta alla loro richiesta nelle strutture pubbliche o convenzionate: in caso di incongruenze dovrebbero scattare verifiche e indagini. Nonostante si neghi, i problemi ci sono, anche l’Europa  (qui e qui) è intervenuta ripetutamente e siamo tuttora sotto monitoraggio.
    Poi leggi che esiste anche una proposta di legge (qui), presentata da Luigi Gigli, presidente del Movimento per la vita, eletto con Scelta Civica e ora approdato nel gruppo di Democrazia solidale – Centro democratico, e Mario Sberna (stessi slalom politici). Una proposta che vuole introdurre l’obiezione di coscienza anche per i farmacisti. Scopri che si fanno anche convegni (qui e qui) in merito.
    Nel testo della proposta si parla di: “Ogni farmacista titolare, direttore o collaboratore di farmacie, pubbliche o private” può “rifiutarsi, invocando motivi di coscienza, di vendere dispositivi, medicinali o altre sostanze che egli giudichi atti a provocare l’aborto”. Come giustamente sottolinea Lisa Canitano: “non esistono farmaci abortivi venduti in farmacia”, quindi viene da pensare che si voglia bloccare la vendita di farmaci che non sono abortivi, ma semplici contraccettivi ormonali o  d’emergenza, a seconda della libertà di (in)coscienza del farmacista.
    Immaginiamoci in un piccolo centro, in cui c’è un’unica farmacia. Immaginiamoci cosa accadrebbe nel caso in cui il farmacista dovesse essere obiettore. Già ora alcuni cercano di fare i furbi e di non rispettare la normativa su dei semplici contraccettivi quali sono le pillole del giorno dopo e dei cinque giorni dopo. Tutto questo deve finire. Il corpo delle donne non deve essere un campo di battaglia, non dobbiamo più subire. Diamoci una mossa e uniamo le forze per combattere questo medioevo di ritorno.
    Speriamo che come altri progetti di legge che giacciono fermi, anche questo resti immobile a prendere polvere. Al contempo dobbiamo chiedere con forza provvedimenti che aiutino a regolamentare una volta per tutte le quote di personale obiettore e non.
    Cercasi laicità fuori e dentro le istituzioni, ovunque sia finita. Perché no, non sono tranquilla.
    Anche questa è violenza contro le donne.
    PRETENDIAMO che questa VIOLENZA sulle donne abbia fine, perché se la 194 non viene applicata o abbiamo dei servizi non garantiti, siamo noi donne a subirne le conseguenze sulla propria pelle. E tornano le ombre della clandestinità, dei farmaci abortivi venduti su internet: non più ferri da calza, mammane, ma pillole antiulcera che vengono assunte in dosi massicce. Sapete cosa comporta tutto questo? Emorragie interne e rischio per la vita.
    Anche quest’anno ci dovremo sorbire la litania che gli aborti sono in calo, che pertanto i medici non obiettori sono in numero più che sufficiente per far fronte alle richieste di IVG. Anche quest’anno metteremo sotto il tappeto il ritorno preoccupante degli aborti clandestini. Anche quest’anno ci chiederemo se fidarci dei metodi di raccolta ed elaborazione dati della relazione annuale ministeriale sull’applicazione della 194. Anche quest’anno ci chiederemo cos’altro ci aspetta, dove si insinueranno gli obiettori. Anche quest’anno ci troveremo a combattere per un diritto che pensavamo acquisito, ma non è del tutto ancora certo.
    Non conto più le parole che ho scritto su questi temi, ogni volta è doloroso riflettere che passa il tempo e le cose peggiorano. Sembra un dolore che cade nel vuoto, che nessuno raccoglie per cambiare davvero le cose.
    Non vogliamo tornare a quando nel codice penale l’aborto volontario era rubricato come “delitto contro l’integrità della stirpe”.
    Torniamo a chiedere che la 194 venga attuata, non possiamo restare indifferenti a ciò che accade.
    Come le donne polacche, che domani torneranno nuovamente in piazza, anche noi ci manifesteremo per dire no a questa e a tutte le altre forme di violenza sulle donne: il prossimo 26 novembre tutte a Roma! Non una di meno!
    Ascoltiamo le donne, sosteniamole, non lasciamole sole!
    polonia-womens-strike-womenareurope
    Per approfondire:
    La carta dell’IPPF sui diritti sessuali e riproduttivi (1995) e altri documenti: QUI
    Il documentario Obiezione vostro onore
    Sull’aborto terapeutico: “Abortire tra gli obiettori” di Laura Fiore, Tempesta editore. Il blog e un’intervista.
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    Blogger, femminista e attivista politica. Pugliese trapiantata al nord. Equilibrista della vita. Felicemente mamma e moglie. Laureata in scienze politiche, con tesi in filosofia politica. La scrittura e le parole sono sempre state la sua passione: si occupa principalmente di questioni di genere, con particolare attenzione alle tematiche del lavoro, della salute e dei diritti.

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    Caterina Della Torre

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    Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare barriere e confini, ai cambiamenti, alla PACE.
Protagoniste di una sfida femminile secolare che nessuna guerra potrà negare. Nessun futuro potrà prescinderne.

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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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