La donna impegnata nell’ICT parla un linguaggio ‘diverso’, non unicamente tecnico, e porta soggettività altre e differenti che stanno contaminando, e conseguente trasformando, la Società dell’Informazione.
di Federica Fabiani
Il rapporto delle donne con le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e il contributo che un approccio di genere può apportare allo sviluppo degli strumenti dell’ICT è il tema della ricerca realizzata dal Forum delle tecnologie e dell’informazione (Fti) per il Cnel. Diretta da Giorgio Pacifici e Serena Dinelli e condotta su oltre 200 schede biblio-webgrafiche, l’indagine approfondisce gli aspetti legati ad occupazione e carriera, conciliazione dei tempi, formazione, imprenditoria e partecipazione femminile all’innovazione.
La ricerca “Donne, ICT, potere, innovazione. La trasformazione silenziosa” mette in evidenza un profilo di donna complesso ed articolato: attiva, curiosa, innovativa, rigorosa, la donna impegnata nell’ICT parla un linguaggio ‘diverso’, non unicamente tecnico, e porta soggettività altre e differenti che stanno contaminando, e conseguente trasformando, la Società dell’Informazione.
Come precisato da Serena Dinelli alla presentazione della ricerca giovedì scorso, il rapporto donne/ICT è un punto di convergenza di due importanti linee di a(tten)zione dell’UE, una rivolta al mainstreaming di genere e l’altra allo sviluppo della Società dell’Informazione, che nelle intenzioni dell’unione deve avvenire “governando il cambiamento in una prospettiva di integrazione sociale”.
L’indagine rileva principalmente che la rete si sta femminilizzando e che di questo processo di avvicinamento alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ict) sono protagoniste attive le donne medesime, coadiuvate da istituzioni, associazioni ed imprese. E’ utile sottolineare che nel 2001 le connessioni a Internet da parte delle donne hanno superato quelle degli uomini, che il 56 per cento delle donne usa il pc almeno una volta alla settimana (contro il 64 per cento degli uomini), che il 40 per cento degli iscritti alla Patente informatica europea è costituito da donne. Certo il digital gender divide non è affatto superato e soprattutto non lo è nelle possibilità di accesso e di permanenza nl mondo del lavoro dell’ICT: per quanto riguarda i percorsi formativi, ad esempio, le iscritte ad Ingegneria, sia pure quadruplicate negli ultimi dieci anni, rimangono su di un debole 17 per cento, mentre per quel che attiene all’occupazione femminile, la percentuale si ferma ad uno scarso 13 per cento. Prevalentemente, come abbiamo già avuto modo di sottolineare attraverso l’analisi di altri dati, le donne dell’ICT sono laureate, ma spesso guadagnano meno dei colleghi uomini (anche il 35 per cento di meno) e sono poco presenti ai livelli decisionali (solo il 12,8 per cento dei dirigenti è donna). Tra i titolari delle imprese ICT, inoltre, le donne non superano il 25 per cento. In generale, le donne occupate nell’ICT hanno meno di 40 anni, non hanno figli e lavorano oltre otto ore al giorno per più di cinque giorni alla settimana, il che, come si può facilmente immaginare, crea qualche problema di conciliazione tra tempi di lavoro e tempi di vita.
“La ricerca – ha affermato Francesca Santoro, vicepresidente del Cnel e coordinatrice del gruppo di lavoro intercommissioni per le pari opportunità – intende fare ordine nella letteratura esistente sulle complesse relazioni che legano le donne all’ICT, in un Paese come l’Italia in cui l’innovazione tecnologica fatica a farsi strada, visto che nelle graduatorie economiche europee l’Italia è ultima nella spesa per ICT. L’indagine ha evidenziato che il contributo che le donne possono dare in termini di competenza e qualità professionale è considerevole, tuttavia è innegabile che le nuove opportunità dell’ICT non le ha rese automaticamente vincenti, a causa di stereotipi culturali persistenti e che storicamente hanno finito per scoraggiare l’accesso delle donne a ruoli di prestigio nel settore tecnico-scientifico”.
Ormai sappiamo che le caratteristiche femminili dovrebbero essere facilmente spendibili nei lavori dell’ICT, caratterizzati dalla orizzontalità delle relazioni e delle conoscenze, in cui sono utili l’interdisciplinarità e gli atteggiamenti collaborativi; tuttavia, il gender gap è ancora tutto da colmare, se, ed il dato è confermato da tutte le ricerche prese in considerazione fino ad oggi, si considera che le donne sono impiegate, in numero sempre più numeroso, in professioni dequalificate, come accade nei call center.
“Dalla ricerca e dagli interventi di donne rappresentative delle competenze e delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali nel settore ICT – ha precisato Silvia Costa, coordinatrice del gruppo pari opportunità della Commissione politiche del lavoro e sociali del Cnel – emerge un forte incremento delle donne nella formazione, nella ricerca universitaria, nelle imprese e nel management, ma sono ancora pochi i progetti di ricerca interdisciplinare e le strategie sistemiche di sostegno alle professionalità e alle carriere femminili tradizionali”.
Ma una rivoluzione così silenziosa non rischia di rimanere invisibile? No, non secondo Silvia Costa, secondo cui “la circolarità delle esperienze on line delle donne ha creato delle nuove comunità virtuali che poi interagiscono col mondo associativo, sindacale e con una rete che è alle volte un po’ invisibile, ma che avvolge il mondo più di quanto non immaginiamo”.