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    Dol's Magazine
    Home»Costume e società»La gentilezza è contagiosa
    Costume e società

    La gentilezza è contagiosa

    Cristina ObberBy Cristina Obber30/10/2013Updated:30/07/201410 commenti4 Mins Read
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    gentilezza
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    BUONGIORNO! Essere cortesi costa poco.

    Quando entro in un ascensore e dico Buongiorno! ad alta voce, mi pare di scuotere qualcuno dal torpore.

    Stamane sono andata dal medico e anche lì la stessa storia di sempre. Sento aprirsi la porta, alzo lo sguardo verso l’entrata e aspetto. Aspetto un Buongiorno che non arriva, che rimane forse rinchiuso tra i pensieri, sovrastato da altre urgenze: E’ già arrivato il dottore?, Chi è l’ultimo?.

    Allora lo dico io Buongiorno! suscitando stupore.

    Mi accorgo che la persona in questione cerca di ricordare se ci siamo già visti, perché altrimenti non si spiega la mia attenzione. Risponde al mio saluto, ma saluta me, non gli altri.

    Che cosa c’è mi chiedo, dietro quei Buongiorno che non arrivano, che soravvivono soltanto tra i sentieri di montagna, dove incrociare qualcuno significa ancora Incontrarsi.

    Che cosa impedisce di salutare gli sguardi –e in ascensore soprattutto i corpi – a cui ci si avvicina?

    Distrazione? Solitudine forse? E se è solitudine è inflitta o subita? Non mi importa degli altri o credo che agli altri non importi di me?

    Forse è la mia presunzione che mi porta al saluto? Propongo accoglienza o cerco attenzione?

    Se una persona esce dall’ascensore prima di me e non saluta significa che io e gli altri accanto a noi, per quella manciata di secondi, non siamo mai esistiti.

    A me piacciono gli altri. Se entro in un luogo non mi sento tra estranei, ma tra persone che non conosco.

    L’estraneità allontana, la non conoscenza incuriosisce.

    Anche se in quello studio medico il mio sguardo ritorna sul libro che ho tra le mani, in quel saluto ho detto “Entra, sei il benvenuto, sei la benvenuta”. Non è necessario altro per riconoscersi.

    Se uscendo dall’ascensore dico ”Arrivederci” significa Buone cose, niente di che. Lo stesso in treno, in aereo.

    Non posso non salutare una persona che mi è stata a fianco per un paio d’ore. Non è questione di educazione, ma di condivisione. Di aria, di spazi.

    Conoscersi o non conoscersi che differenza fa?

    Che bisogno c’è di confidenza per riconoscere l’altro?

    Due anni fa dovevo andare ad un incontro alla Casa della Cultura a Milano, ed ero in anticipo di qualche minuto. Se hai del tempo e sei in Piazza San Babila, o vai da Zara o da H&M.

    Io sono entrata da H&M. Che cosa comperi al volo? Calzini colorati, of corse. Mentre stavo lì con i miei calzini in mano mi sono accorta che la commessa tardava a venire alla cassa per consolare una collega che piangeva, china a terra e rivolta verso lo scaffale a sistemare delle maglie – era un lui con la coda di cavallo ma lo avrei scoperto dopo-.

    – Ti sostituisco, vai di là – le diceva.

    Ma lei/lui si asciugava le lacrime, diceva ”Ora mi passa”, e continuava a piegare le maglie.

    Poi ho pagato e me ne sono andata. All’uscita ho incontrato un venditore di rose, di quelli che solitamente cerchi di schivare per non dover spiegare perché non lo vuoi un fiore a tre euro, che in borsa si sciupa eccetera eccetera.

    Ho chiesto lo sconto e ho comprato una rosa. Sono tornata nel negozio. Ho detto ”Scusa” e la coda di cavallo si è girata così ho visto che era un ragazzo. Gli ho dato la rosa, dicendogli una frase rassicurante, mi sono presa il suo sorriso e sono andata.

    Faceva caldo, era maggio credo.

    Di fianco alla Casa della Cultura c’è un bar. Sono entrata e ho ordinato una Swepps, l’ho bevuta d’un fiato e sono andata alla cassa. Una Swepps, ho detto. Allora la cassiera ha fatto un gesto con la mano e ha detto Vai!. Essendo il locale affollato per l’aperitivo ho pensato mi avesse scambiato per una tizia di qualche gruppo e ho ripetuto Devo pagare una Swepps.

    Ma lei ha ripetuto il gesto con la mano annuendo come per dire ”Lo so”, proprio con l’aria di una che ti vuole fare una gentilezza.

    Non ero mai entrata prima in quel bar, non avevo mai visto quella donna, non mi era mai capitata una cosa così.

    Ma come il ragazzo con la coda di cavallo ho sorriso, ho detto grazie, e tutto è finito lì. O forse no.

    Forse la gentilezza è contagiosa.

    Forse ogni cosa che doniamo, un pensiero, un’attenzione, anche soltanto un Buongiorno in ascensore, è qualcosa che ci torna.

    Che ci fa bene.

    La gentilezza è coraggiosa
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    Cristina Obber
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    Cristina Obber è nata a Bassano del Grappa il 9 novembre 1964. Iscritta all’ Ordine dei giornalisti, ha collaborato per cinque anni con un quotidiano vicentino. Nel 2008 ha pubblicato “Amiche e ortiche” con Baldini Castoldi Dalai, affresco dolce-amaro dell’amicizia al femminile. Nel 2012 ha pubblicato un libro sulla violenza sessuale, "Non lo faccio più" ed. Unicopli che ha dato vita ad un progetto scuole e al blog nonlofacciopiu.net. Nel 2013 ha pubblicato per Piemme editore il libro Siria mon amour, storia vera di una 16enne italo-siriana che si è ribellata ad un matrimonio combinato. Nel biennio 2009-2010 ha pubblicato con Attilio Fraccaro editore “Primi baci” e “Balilla e piccole italiane”, due libri in cui ha raccolto ricordi del primo bacio e ricordi del mondo della scuola nella prima metà del novecento. Collabora con Dol’s, il sito delle donne on line da svariati anni. Si occupa di tematiche legate ai diritti. Il 25 novembre 2011, giornata internazionale contro la violenza sulla donna, esce il suo primo e-book dal titolo La ricompensa (edito da Emma books), che si apre con una citazione di Lenny Bruce: La verità è ciò che è, non ciò che dovrebbe essere. Il suo ultimo libro è ''L'altra parte di me’’, edito da Piemme, una storia d’amore tra adolescenti lesbiche.

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    10 commenti

    1. pino cutrignelli on 31/10/2013 03:14

      Grande Cristina! La gentilezza, un sorriso, una parola a volte possono addirittura salvare qualcuno da un dramma. Cosa ci costa? Nulla, Eppure un tuo ”buongiorno” ed un sorriso possono regalare un attimo di felicita.

      Reply
    2. Avatar photo
      Dols on 31/10/2013 08:39

      Io saluto sempre tutti che trovo intorno a me. Ma se vedo che non rispondono, la volta dopo mi guardo bene dal farlo. Forse non voleva essere disturb ato/a.

      Reply
    3. alessandra on 31/10/2013 08:45

      come hai ragione Cristina ,sorridere cambia la vita tua e degli altri

      Reply
    4. lilia di giuseppe on 31/10/2013 09:59

      Io sono una donna fortunata: sono contagiata dalla nascita, forse in embrione….Saluto e sorrido dalla mattina e vivo molto meglio…..Per questo, credo, mi trovo a far parte di quwsto splendido gruppo!!!!!!Un abbraccio

      Reply
    5. Florencia on 31/10/2013 11:16

      Che bello, è proprio cosi. e buongiorno a tutti !!!

      Reply
    6. Eugenio on 31/10/2013 11:50

      Hai proprio ragione, anch’io saluto i vicini di tavolo quando mi alzo per andarmene dal ristorante; si girano un po’ stupiti, ma molti ricambiano…

      Reply
    7. Pasquale Di Pede on 01/11/2013 07:51

      Il mio buongiorno ad alta voce,in ogni luogo, perchè rimbomba su chiunque condivida lo splendore della vicinanza. Grazie Cristina. Straordinario il tuo racconto

      Reply
    8. N. Meucci on 07/11/2013 17:29

      Grazie e Congratulazione per aver sollevato questo argomento e comportamento. Sei sempre stata molto sociale, guardi alla gente come dei esseri umani non delle ombre … il tuo sorriso e tua disponibilità… Coraggio … e buon contagio

      Reply
    9. Tesoro della mente on 13/11/2013 09:56

      Grazie Cristina! anche nel libro “Il Tesoro della mente” un capitolo è dedicato agli atteggiamenti positivi e in particolare alla gentilezza e alla cortesia…a volte basta davvero poco per cambiare la nostra giornata e per trasmettere sensazioni piacevoli a chi ci sta intorno. Grazie e buona giornata! Con un sorriso!

      Reply
    10. Pietro on 20/11/2013 14:38

      Quanto è bello questo contagio. Anche per me il saluto è un riconoscerci a vicenda, un sottolineare che siamo vivi e che siamo contenti di esserlo.

      Reply
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