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    Home»Costume e società»E se anche la crisi avesse i suoi risvolti positivi?
    Costume e società

    E se anche la crisi avesse i suoi risvolti positivi?

    Francesca LemmiBy Francesca Lemmi28/04/2013Updated:04/08/2014Nessun commento6 Mins Read
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    Che siamo in tempi di crisi, è affare quotidiano e palese a tutti, grandi e piccini. Ma quali conseguenze positive può portare questa crisi?

    Quando si parla o si pensa alla crisi, scatta automaticamente e comprensibilmente la preoccupazione per il lavoro, per le difficoltà economiche e quindi per tutte le gravi conseguenze legate alla precarietà… aspetti indiscutibilmente critici e nevralgici oltre che drammaticamente realistici e presenti.
    Non voglio dilungarmi su questi aspetti, ahimè noti a tutti e oggetto di vari (forse troppi?) dibattiti, seppur meno di azioni tangibili e risolutive.
    Al contrario, come “voce fuori coro”, voglio provare a guardare questa situazione da un’altra prospettiva, di chi vuole cercare i lati positivi di una situazione oggettivamente negativa e critica… perché a parte la prospettiva fiduciosa che prima o poi la crisi passi, voglio pensare che essa possa portare anche a qualche cambiamento positivo e quindi servire pure a qualcosa!
    D’altronde la storia parla chiaro: nel corso dei secoli ce ne sono stati di momenti di crisi che determinando una frattura fra “un prima” e “un dopo”, si sono rivelati necessari e funzionali a determinare cambiamenti importanti e radicali.
    Allora mi piace pensare e sperare, che questo possa valere anche per la situazione attuale, e non faccio riferimento solo alla questione politica ed economica del Paese, per quanto ci sia un insindacabile e urgente bisogno di rinnovamento oltre che di cambiamento, quanto piuttosto alla cultura popolare e al sistema sociale.

    A quali conseguenze positive può portare questa crisi?
    Matteo, sei anni, forse una risposta ce l’ha: abituato a vedere il papà molto impegnato col lavoro e poco presente oltre che disponibile, vive la cassa integrazione del padre sotto una luce diversa: “non rientra più a buio, pranza con me, può giocare a palla con me nel pomeriggio, mi accompagna a nuoto…”.
    Il papà di Matteo, come molti altri, si trova a fare i conti con un “ben servito” dopo decenni di duro lavoro e relativi successi che però a poco sono serviti, visto che poi il finale è quello dell’anticamera del licenziamento. Uno scenario sicuramente difficile e arduo per una persona non più giovanissima, che si trova a dover ripartire da capo nel cercare lavoro e magari nel re-inventarselo, oltre che a dover far quadrare i conti e il bilancio familiare. Tuttavia Matteo, nella sua ingenuità e semplicità di bambino, ha individuato un aspetto positivo di questa situazione: papà è più libero, quindi ha maggior tempo ed energia a disposizione per lui e per la famiglia!

    In quest’ultimo periodo nella mia esperienza tesa a fornire sostegno psicologico alle persone in crisi col lavoro (da condizioni di stress al rischio di perdere il lavoro fino a realtà drammatiche di licenziamento), ho raccolto le testimonianze di uomini che si sono ritrovati improvvisamente a casa dal lavoro, con uno stravolgimento di vita radicale. “O affoghi o inizi a guardarti intorno e a nuotare”, un pensiero espresso a più voci. E questo cambiamento drastico non implica solo la necessità di trovare un altro impiego, ma anche e soprattutto dovrebbe costituire l’occasione per rivedere anche il proprio atteggiamento verso la vita.
    Infatti la generazione post-guerra è cresciuta e ha educato i propri figli con l’idea (all’epoca forse veritiera e realizzabile) che “se ti impegni seriamente, riuscirai a lavorare”, “il lavoro stabile è per sempre” e “se studi, puoi crescere anche professionalmente”. Principi che se potevano risultare validi all’epoca, oggi non lo possono più essere, perché anche chi “ha dato anima e corpo” per il lavoro, è pluri-titolato e fortemente motivato a lavorare, non è comunque esente dal rischio di essere licenziato.
    Ad oggi ciò che rende molto difficile accettare e tollerare la perdita del lavoro non è solo l’aspetto economico (che sicuramente rappresenta un fattore fondamentale), ma la perdita di un baluardo che va a definire l’identità personale e sociale, per molti strettamente legata alla professione svolta e allo status sociale acquisito.

    A tal proposito, mi auguro che la crisi possa portare a rivedere l’atteggiamento di molti, troppo spesso proteso a produrre e lavorare tralasciando o mettendo in secondo piano affetti e vita personale e familiare, in risposta ad una società che ci vuole “sempre produttivi, senza staccare mai la spina”.
    La battuta di arresto dal lavoro, per quanto forzata, può aiutare a guardarsi meglio intorno, a rivedere la scala delle priorità e magari a dare più importanza ad affetti, famiglia e figli e perché no, anche a godere di più della vita e del presente.

    C’è anche chi vede altri aspetti positivi in un periodo di sospensione dal lavoro: maggiore disponibilità di tempo e di energie per assolvere a attività domestiche e commissioni familiari. E questo può valere anche per gli uomini colpiti dalla crisi del lavoro, che possono sfruttare la situazione per rivedere il proprio ruolo e compito entro le mura domestiche. Infatti i dati statistici confermano un aumento degli uomini casalinghi negli ultimi anni.
    Inevitabile pensare, magari in un’ottica ottimistica, che questo scenario generale che vede gli uomini maggiormente presenti e partecipi in famiglia e in casa, possa portare ad un vero e proprio cambiamento anche del ménage domestico e quindi finalmente ad un abbattimento di alcuni stereotipi di genere che continuano ad attribuire alla donna il ruolo di “regina del focolare”.

    La crisi potrebbe portare ad un recupero non solo del sostegno pratico (e talora anche economico), ma anche del valore e del ruolo significativo ed importante dei nonni, figure fino adesso messe ai margini di una società che dà spazio e considerazione solo a chi produce e ha soldi e potere.

    Infine già da tempo si osserva la tendenza generale a tornare a produrre e fare in proprio cose e prodotti di vario genere, ad aggiustare oggetti non più funzionanti ma comunque recuperabili, a barattare e scambiare vestiti e oggetti con altri nell’ottica del “dare e ricevere” a costo zero o comunque contenuto… e questo può essere un modo per prendere le distanze rispetto ad un atteggiamento consumistico e “usa-e-getta” che ha contraddistinto gli ultimi decenni.

    Allora auguriamoci che questa crisi possa portare a qualche cambiamento positivo e importante… e che almeno a qualcosa possa servire!

    crisi Francesca Lemmi lati positivi
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    Francesca Lemmi
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    Dr. Francesca Lemmi, Psicologo Clinico, Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale e Sessuologa. Dopo un’esperienza pluriennale nella realtà ospedaliera, svolge attività di psicologo e psicoterapeuta con bambini, adolescenti, adulti e coppie come libero professionista. Inoltre si dedica ad attività di formazione, in particolare nell’ambito della genitorialità, della coppia e della psicologia e pedagogia di genere. In virtù del grande interesse per la materia della famiglia, coppia e figli, da molti anni si dedica ed esercita anche nell’ambito della psicologia giuridica in situazioni di separazione/divorzio e affido minori.

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