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    Dol's Magazine
    Home»"D" come Donna»Una vita on the road
    "D" come Donna

    Una vita on the road

    Cinzia FiccoBy Cinzia Ficco28/08/2012Updated:19/07/2014Nessun commento6 Mins Read
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    giulia-raciti
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    Intervista a Giulia Raciti. Sulle orme di Kerouac e Chatwin.

    da Tipitosti

    E’ così che Giulia Raciti, www.viaggiare-low-cost.it siciliana, classe ’80, una Laurea in Scienze della Comunicazione, un Master in Economia e gestione della comunicazione e New Media, ha trovato la sua strada. Ci è arrivata con l’aiuto di Franco Paloscia, giornalista e scrittore di viaggi, che le ha insegnato una cosa: inseguire il proprio istinto porta dritti alla felicità.

    In effetti, da quando ha imparato a non assecondare più i desideri di mamma e papà e a vivere “on the road”, Giulia è tornata a sentire di nuovo piena e stimolante la sua vita. Il percorso non è stato semplice, ma ci è riuscita.

    “Ho cominciato a lavorare come account manager in una web agency romana – racconta – avevo 22 anni e ho lavorato per la stessa agenzia sino ai miei 27, quando, desiderosa di cambiare lavoro, mi sono accorta che le prospettive nella Capitale erano scarse e poco allettanti. Per questo motivo in poco più di due mesi ero una disoccupata per volontà e con valigie in mano ero pronta a trasferirmi a Londra. Il primo anno ho lavorato come cameriera. Il mio inglese era pessimo e ci sono voluti ben dieci mesi per sentirmi pronta ad affrontare un colloquio di lavoro, che avesse a che fare con la mia professione precedente. Comincio a lavorare come Assistant Marketing Manager Italia per una compagnia internazionale, che opera esclusivamente online. Dopo qualche mese mi è stata offerta la possibilità di lavorare come SEO executive per il mercato Italiano. Ho lavorato come Seo per la stessa compagnia sino a Gennaio 2011, mese in cui con uno zaino in spalla sono partita alla volta del mondo. Mi sono dimessa. Perché? Non ero più felice e mi sembrava di vivere una vita, che non era la mia o almeno non era quella che desideravo. Mi sentivo costretta in un ruolo e in una città, che non mi appartenevano. Non sapevo che il viaggio si sarebbe protratto per più di due anni. Volevo solo andare via per qualche mese prima di trasferirmi a Berlino. Dopo anni vissuti in una città senza sole, l’unica cosa che volessi, era vivere l’estate. Nessuna intenzione profonda quindi, solo qualche mese di relax e la pelle abbronzata”.

    E’ cominciato così. “Come Kerouac e Chatwin? – si chiede- forse lo sono sempre stata e non lo sapevo. Mi sono sempre contraddistinta per un carattere irrequieto e mobile, faccio tante domande, cerco le risposte, mi piace lo sconosciuto e la vita di strada, mi piace viaggiare in autobus, che è il luogo per eccellenza, assieme ai mercati centrali, dove tocco con mano la vita locale, gli usi e le abitudini. Sono alla continua ricerca e mi stupisco in continuazione. Per me on the road significa letteralmente “sulla strada”, seguo itinerari non prestabiliti, ma cammino e sono alla continua scoperta di qualcosa. Non mi chieda, però, di cosa, perché non lo so!

    Ci aiuti a capire perché una scelta così radicale!

    La mia intenzione era di stare via per sei mesi. Quando poi, a un mese dal ritorno, luglio 2011, mi sono trovata con un biglietto per Catania in mano a fine estate e il sogno nel cassetto per Berlino che continuavo a covare, non ho visto alternative. Aspettare la primavera (Berlino è nota per il freddo polare in inverno) a Roma nella speranza di trovare un lavoro o continuare a viaggiare sino alla primavera 2012? La scelta non è stata difficile, la risposta mi sembrava ovvia. Ero ancora in Messico quando ho comprato il biglietto aereo per fare il giro del mondo.

    Come nasce la passione per i viaggi?

    Viaggio sin da quando sono piccola. Mia madre in particolare mi ha sempre spinta a partire anche quando non volevo. A 14 anni sono partita da sola per l’Inghilterra a studiare l’inglese. Ho fatto questa stessa esperienza sino ai 18 anni. Con l’arrivo delle compagnie aeree low cost i miei viaggi sono aumentati. Così ho iniziato a fare valigie ogni due mesi.
    Forse quindi devo ringraziare i miei che, senza saperlo, stavano preparando le giuste basi per portarmi sino a questo punto.

    I suoi genitori, sì, ma c’è stato anche il contributo del suo prof. E’ così?

    Lo chiamavo il Prof, ma è stato molto di più: un padre, un sostenitore, un datore di lavoro e professore di tesi all’università. E’ stato lui, il primo, a darmi fiducia quando io per prima non sapevo cosa volessi fare. Lui, Franco Paloscia, giornalista e scrittore di viaggi ha ricoperto un ruolo importante nella mia vita. Mi disse per primo che avrei dovuto fare come professione quello che mi piaceva e non quello che piaceva ai miei genitori. Sapeva che avrei viaggiato. Per la laurea mi regalò un moleskin e il libro In Patagonia di Chatwin. Era sicuro che avrei fatto qualcosa di grande. Spero di non averlo deluso.

    Il suo primo viaggio in Marocco è stato una fuga, una terapia, o cosa?

    In effetti è stato una fuga/terapia. Si arriva a un certo punto nella vita in cui è necessario recidere i cordoni ombelicali. Io avevo un forte conflitto con la mia famiglia. L’ho sempre identificato con un complesso di Elettra molto forte. Al tempo non esistevano smartphone e iniziavano a nascere gli internet point. Credevo che in Marocco i telefonini non prendessero. E’ stata letteralmente una fuga per capire cosa non andava nel rapporto con la mia famiglia. Da quel viaggio sono tornata rigenerata e cambiata. Una sfida con me stessa. Almeno quella l’avevo vinta. Sono partita da sola e con uno zaino in spalla. Ho viaggiato per quasi due mesi ed è stato tutto naturale ed incredibilmente semplice. Quel viaggio tra tutti posso annoverarlo come il primo vero viaggio che abbia fatto e ancora oggi il più emozionante. Poi avevo scelto il Marocco, perché il biglietto aereo costava poco! Era il periodo degli attentati terroristici e pochi volevano andare in Paesi mussulmani. Era da poco scoppiata una bomba a Rabat. La cosa, invece di spaventarmi, mi ha fatto pensare che per il calcolo delle probabilità non sarebbe dovuto succedere ancora a distanza di due mesi. Ho avvertito i miei a biglietto fatto e sono partita.

    Viaggia sempre sola?

    Perché nessuno mi ha mai voluto accompagnare. C’è chi prima mi dice di sì, poi non mantiene la promessa. È sempre andata così. Ho capito anni fa che se non fossi partita anche sola, non sarei partita più. E poi, diciamocelo, ho imparato ad apprezzare il viaggio da sola, perché mi dà molta più indipendenza e libertà. Sono fatta così, se voglio una cosa faccio il possibile per realizzarla, da sola o in compagnia.

    <<continua>>

    avventura Giulia Raciti low cost viaggi web agency
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    Cinzia Ficco
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    Pugliese, classe ‘69, laureata in Scienze politiche, giornalista pubblicista, è responsabile del magazine www.tipitosti.it, il blog di chi non molla. Sposata, ha una bambina che si chiama Greta, si diverte a scrivere per lei racconti. Ha pubblicato Josuè e il filo della vita, Il re dalle calze puzzolenti, Tina e la Clessidra, con la casa editrice Edigiò. L’ultimo è Mimosa nel regno di sottosopra, pubblicato da Intermedia.

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