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    Home»Costume e società»Un ragazzino sveglio
    Costume e società

    Un ragazzino sveglio

    Cristina ObberBy Cristina Obber04/06/2012Updated:20/06/20143 commenti2 Mins Read
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    di Cristina Obber

    Non mi lascia l’immagine immaginata, quella del ragazzino di 11 anni sopravvissuto al massacro di Hula.

    Lo immagino mentre si accorge che i corpo del suo fratellino è cosparso di sangue, e realizza che forse può salvarsi.

    Si sporca di quel sangue, affannosamente, e se lo spalma sul corpo. Poi si fa immobile e cerca di non respirare, sta zitto zitto, mentre gli uomini   malvagi, gli orchi che sono scesi dal pianeta delle fiabe e uccidono le mamme, uccidono i bambini, perché odiano tutti e sono molto cattivi, probabilmente finiscono chi ancora sussulta, agonizzante, chi forse solamente piange, con un ultimo colpo di fucile.
    Quando avrà ripreso a respirare mi chiedo? Con quanta paura, quali pensieri? Cosa resterà a quel bimbo, nel profondo?

    Come potrà crescere più forte del bisogno di vendetta che lo seguirà come un fantasma. 

    Come potrà frenare il suo odio, germoglio troppo robusto, gramigna al posto di un giglio.

     

    Dove sono i partiti, i ministri, i funzionari degli organismi nazionali e internazionali?

    Firmiamo petizioni, accendiamo candeline, ci confidiamo incredulità e sgomento. Ma dove sono gli uomini e le donne (poche!) che possono fare, dire, agire?

    Dove sono i presidenti, gli ambasciatori, gli esportatori di democrazia, gli interventisti di tutti i paesi di un mondo che non c’è, di un mondo alla rovescia, dove un ragazzino di undici anni non gioca alla guerra ma è  la guerra, e solo col sangue di suo fratello può morire per finta?

    La diplomazia si interroga mentre i mesi scorrono, e i corpi dei civili si allineano in file sempre più lunghe.

    Quei bambini non sono i primi e non saranno gli ultimi. Quei corpicini inermi, tumefatti e straziati, con lo sguardo infranto, non sono ancora abbastanza?

    Mio figlio mercoledì compie undici anni. Dobbiamo scegliere i Lego, ogni anno una nuova scatola, ogni anno una cosa nuova da costruire.

    Cosa potrà costruire quel bimbo se le tiepide reazioni del potere gli dimostrano  che tutto quel sangue sulla sua terra non è “la priorità” per gli uomini importanti?
    Le priorità cambiano a seconda delle circostanze, degli equilibri diplomatici, delle previsioni di bilancio, del consenso popolare.

    Ma quel bambino si chiederà perché non cambino in funzione del bene e del male, perché lui, come tutti noi, che quello E’ il male, lo sa.

    E io abbasso lo sguardo, perché non so che dirgli.

    bambini politica Siria strage di Hula
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    Cristina Obber
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    Cristina Obber è nata a Bassano del Grappa il 9 novembre 1964. Iscritta all’ Ordine dei giornalisti, ha collaborato per cinque anni con un quotidiano vicentino. Nel 2008 ha pubblicato “Amiche e ortiche” con Baldini Castoldi Dalai, affresco dolce-amaro dell’amicizia al femminile. Nel 2012 ha pubblicato un libro sulla violenza sessuale, "Non lo faccio più" ed. Unicopli che ha dato vita ad un progetto scuole e al blog nonlofacciopiu.net. Nel 2013 ha pubblicato per Piemme editore il libro Siria mon amour, storia vera di una 16enne italo-siriana che si è ribellata ad un matrimonio combinato. Nel biennio 2009-2010 ha pubblicato con Attilio Fraccaro editore “Primi baci” e “Balilla e piccole italiane”, due libri in cui ha raccolto ricordi del primo bacio e ricordi del mondo della scuola nella prima metà del novecento. Collabora con Dol’s, il sito delle donne on line da svariati anni. Si occupa di tematiche legate ai diritti. Il 25 novembre 2011, giornata internazionale contro la violenza sulla donna, esce il suo primo e-book dal titolo La ricompensa (edito da Emma books), che si apre con una citazione di Lenny Bruce: La verità è ciò che è, non ciò che dovrebbe essere. Il suo ultimo libro è ''L'altra parte di me’’, edito da Piemme, una storia d’amore tra adolescenti lesbiche.

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    3 commenti

    1. Avatar photo
      Dols on 05/06/2012 07:56

      Cara Cristina, grazie per la tua riflessione. Il sentimento di vendetta cresce in ognuno di noi. E’ quello che dobbiamo estirpare.

      Reply
    2. Paola on 05/06/2012 09:12

      leggendo l’articolo, sentivo la tua voce chiaramente, come quella di tutte le donne di fronte al dramma e allo strazio che sentiamo dentro di fronte alla sofferenza di un bambino….quella parte di noi che mai dovrebbe andarsene perchè solo così ci sarebbe la speranza per non creare dolore

      Reply
    3. Chiara on 05/06/2012 09:41

      Cara Cri, è davvero difficile non farsi prendere dallo sconforto, ma abbassare lo sguardo e sostare in questo sconforto è l’unica cosa che ci permette di andare avanti su un altro cammino.

      Reply
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