Dal verde al blu, una rivoluzione possibile!

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L’epoca storica che stiamo vivendo ci mette di fronte ad una necessità: rivedere il modello economico per assicurare la sostenibilità sociale

 

Intervista ad Alessandro Politi, analista ed esperto di geopolitica

 

L’epoca storica che stiamo vivendo ci mette di fronte ad una necessità: rivedere il modello economico per assicurare la sostenibilità sociale. Per dare il via a questo processo ed assecondare le dinamiche alla sua base è necessario rivedere le idee alle quali siamo legati, anche inconsciamente, e staccarsi da convinzioni che davamo per evidenti ed ovvie. Un sistema che è stato messo in discussione dal capitalismo finanziario e che tutti visualizziamo con il fotogramma dei dipendenti della Lehman Brothers lasciare la sede con tanto di scatoloni sotto braccio nel 2008.

L’Europa appare più che mai come il vecchio continente. Si sono evocati per lungo tempi paesi come la Cina e l’India come se fossero luoghi lontani con il mito degli standard europei. Sul fronte americano il green deal di Barack Obama ha conquistato ma non ha convinto fino in fondo mostrando alcuni lati deboli.

La rivoluzione non è più green. La Rivoluzione è nel blue. Ne parliamo con Alessandro Politi (analista ed esperto di geopolitica), uno dei relatori al workshop “{R}evolution: la metamorfosi dal green al blue dell’economia” organizzato lo scorso novembre presso la Fiera di Milano in occasione del Green Energy Expo.

Si parla tanto di green economy, si inizia a parlare di blue economy. In ogni caso sembra essere solo un tema di business e finanza. È forse questo un errore?
No, non costituisce un vero e proprio errore. Siamo sicuramente e largamente condizionati dal pensiero economico. Questi nuovi modelli sono stati vissuti come nuovi modi di fare marketing, svuotando anche la stessa funzione del marketing. In realtà il successo di questi modelli è possibile solo se basato su una decisione politica. Come ad esempio è stato fatto dall’attuale Presidente americano. Certo dobbiamo subito aggiungere che oggi quella decisione si è rivelata non corretta e quindi il modello non è realmente decollato. Il blue è un modo di rispondere e di accogliere un’evoluzione che tiene conto del disastro finanziario. In momenti di crisi o non si innova o innova solo chi ha avanzi di bilancio. Chi ha ragionato con investimenti di lungo termine può affrontare l’innovazione. Molti Stati e molte aziende stanno fronteggiando la crisi ed il rischio default perchè il loro investimento non è stato di lungo termine. Dovremmo riflettere a questo proposito.

Il modello cinese? La Cina sta vincendo con un modello che per lungo tempo ad Occidente abbiamo considerato inefficace ed insostenibile.
Si. Un modello che si è affermato ed ha permesso loro di recuperare non solo un gap che li distanziava dalle economie più mature ma di crearne uno nuovo a loro vantaggio! La rivoluzione non è altro che una grossa scommessa e si rivela giusta solo quando riesce. Rappresenta un’incognita costruttiva, un grado di rischio necessario al cambiamento. In Cina il cambiamento continua ad esserci. Certo la dimensione ambientale è stata ampliamente trascurata e rappresenta il vero lato insostenibile. Sarà la questione che metterà i cinesi nuovamente alla prova. In realtà i cambiamenti stanno arrivando da numerosi angoli del mondo, non possiamo ad oggi stabilirne il grado. La bella notizia è che oggi abbiamo una prospettiva.

Abbiamo una prospettiva. Ambiente ed energia che ruolo giocano in questa prospettiva?
La prospettiva si basa sulla capacità che avremo di rivedere i consumi ma ancora prima i processi produttivi.
La questione energetica gioca un ruolo molto importante e la strategia energetica determinerà il nostro nuovo modo di crescere e di impattare sul pianeta. La Terra che abitiamo altro non è che un puntino blu nell’universo senza pezzi di ricambio. Abbiamo l’obbligo – di cui purtroppo non siamo stati a lungo consapevoli – di mantenerlo cosi per i prossimi 10.000 anni. Oggi sicuramente non possiamo più permetterci di dire “Poi si vedrà”.

Possiamo quindi permetterci di dare spazio alla progettualità in barba a tutte le previsioni degli antichi Maya?
Assolutamente si, i paesi dove in questo momento si intravedono delle opportunità di sviluppo sono proprio dei paesi che ospitano delle “Silicon Valley” dove la ricerca e l’innovazione sono volte a valorizzare risorse e capitale umano del luogo. La progettazione è un tipico pensiero femminile. Questa mia affermazione non vuole essere di parte. La donna non considera la singola fase, la donna guarda al complesso, all’intero processo ed alla proiezione futura. Non si tratta di affettuose fantasticherie; si tratta di un modo progettuale di immaginare lo sviluppo di un’idea. Oggi la sfida, anche manageriale, è quella di pensare ad un progetto complessivo. Oggi il gioco in atto è a somma zero e nella storia ogni volta che l’uomo ha compreso l’inutilità della somma zero si è compiuto un passo in avanti. Abbiamo trasformato in icone modelli d’impresa come Olivetti dimenticandoli poi su un altarino senza far tesoro di alcuni preziosi insegnamenti. Le profezie dei Maya altro non dicono che un grande ciclo è chiuso. È arrivato il momento di un grande cambiamento. Limitiamoci ad impegnarci per produrlo mettendo da parte il concetto di catastrofe e di rimpianto dell’epoca che è stata.

In conclusione abbiamo detto che la rivoluzione è nel blue e trova un alleato nella progettualità rosa delle donne. Queste sono le basi sufficienti per dare l’impulso ad un nuovo trend?
Se parliamo di Blue Economy non parliamo di trend di moda. Stiamo discutendo di un cambio di prospettiva che dal modello faraonico verde transita verso una considerazione complessiva del pianeta. Guardare la realtà che si ha sotto mano non implica un caso di coscienza ma una presa di coscienza. Il PIL di cui tanto si parla dovrebbe essere affiancato dal ROP, Return on Peace, ossia dalla valutazione preventiva degli impatti sociali delle scelte politiche ed economiche in termini di coesione, armonia e vitalità sociale. L’argomento ENERGIA è al centro del dibattito e potrà – come il web all’interno dei processi di informazione – giocare un ruolo decisivo.
La Blue Economy teorizzata da Gunther Pauli nel suo saggio non a caso si ispira ai processi che si svolgono in natura. I progetti energetici nascono dal basso, generano energia con processi simili alla fotosintesi, conservano energia e restituiscono alla natura, il mercato è orizzontale e vicino alle persone ed alle famiglie.

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Profilo Autore

Francesca Maria Montemagno

Resiliente felice che si è guadagnata una seconda vita dopo un linfoma. Collezionista di matite e di libri, anche su kindle. Partner di FormaFutura, l’hub dei manager alle prese con il digital change. Esperta di comunicazione e affari istituzionali. Diventa consulente dopo un percorso manageriale di oltre 16 anni in aziende e organizzazione attive nel settore green (ambiente e energia)

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