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    Dol's Magazine
    Home»Costume e società»Cultura»La ragazza con le scarpe di tufo
    Cultura

    La ragazza con le scarpe di tufo

    Cinzia FiccoBy Cinzia Ficco10/09/2011Updated:06/02/2015Nessun commento5 Mins Read
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    Stellenane
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    …senza tagliare le radici. Alla ricerca di un linguaggio nuovo.

    E’ la ragazza con le scarpe di tufo perchè si tuffa nel mondo ”anglopackweb” senza tagliare con le sue radici.

    Si tratta della protagonista del romanzo ”Le tue stelle sono nane” (Fazi editore) di Caterina Venturini, nata in Umbria nel 1975, oggi insegnante in un liceo di Roma e impegnata in un saggio di prossima pubblicazione su Amelia Rosselli. Il suo lavoro è statao elogiato dalla critica per il linguaggio sperimentale adottato.

    L’abbiamo intervistata.

    Perchè la ragazza con le scarpe di tufo?
    Le scarpe di tufo per me rappresentano le radici, ho scelto il tufo perchè è un materiale tipicamente umbro, però in generale credo che ognuno (tras)porti dentro sé qualcosa di molto intimo, accumulato negli anni, soprattutto durante la propria infanzia e adolescenza, difficile da estirpare. E’ anche una forma di resistenza, che acquista valore negativo o positivo a seconda dei casi.

    Quanto è difficile rimanere ancorati al proprio piccolo mondo antico mentre ci si butta nel mondo anglopacKweb?
    Non credo si debba rimanere necessariamente ancorati a qualcosa. In fondo si vive proprio per modificarsi costantemente; l’interessante per me è stato da sempre mostrare la commistione tra vecchio e nuovo, il momento dello scontro, della lotta; dal punto di vista estetico, non mi interessa poi chi vinca.

    Saresti riuscita a sviscerare il mondo liquido, cybernetico, precario se non fossi salita sul colle del poeta di Recanati?
    Per me Leopardi è un mentore, un maestro di vita e di pensiero. E oltre a lui, ho altre madri e padri da ringraziare, che mi hanno regalato una bussola sul mondo, insegnandomi a risalire sempre agli aspetti primari dell’esistenza, cioè ai desideri dell’umanità, al desiderio di felicità e di amore. Sono le risposte ad essere cambiate, nel corso dei secoli.

    Da dove è nata l’idea di sperimentare un linguaggio nuovo? Facile farlo passare?
    Mi è sembrato naturale partire da esigenze che ho spesso trovato nelle mie letture di questi anni. Il linguaggio nasce per me dalla stessa urgenza di raccontare: questa storia di precarietà poteva essere raccontata solo così, mescolando il linguaggio letterario che la protagonista apprende a scuola e che diventa un suo rifugio, una consolazione negli anni adolescenziali, e d’altro canto un gergo aziendale importato dall’America, spesso arido e vuoto proprio perché decontestualizzato. E’ una storia, dunque, che come avviene per la poesia, viene già raccontata con i suoni.
    E’ stato difficile far passare questo sperimentalismo, che poi invece, una volta pubblicato il romanzo, è stato messo in primo piano dai recensori.

    Nei momenti in cui sei costretta a fermarti nel gioco della vita a cosa ti aggrappi?
    Non credo ai momenti riflessivi come arresto di gioco, credo piuttosto che non ci si fermi mai.

    E, soprattutto, cosa speri di incontrare?
    La mia scrittura, sempre e ovunque.

    Perchè le tue stelle sono nane?
    Perchè qualsiasi desiderio è il surrogato di una mancanza, di una precarietà, di una mancanza di senso, che è della vita stessa.

    Cosa è rimasto di solido e fisso” nella tua vita da precaria?
    Non vorrei che la fissità fosse scambiata per un valore e la precarietà per un disvalore. L’unico valore positivo per me è la libertà di scelta, la consapevolezza di se stessi, la lucidità del momento.

    Un libro, un quadro, un film che piu di tutti hanno rappresentato la liquidità tipica dei nostri tempi?
    Tutto il lavoro di Celestini, a teatro e fuori. Sicuramente il libro di Michela Murgia ”Il mondo deve sapere”, da cui poi Virzì ha tratto il film ”Tutta la vita davanti”, se vogliamo attenerci strettamente al tema del precariato. Ho trovato invece ridicoli alcuni film che parlano di questo tema, in cui i personaggi hanno case meravigliose, seppure in quartieri ormai finto-popolari. Veniva da dire al regista, guarda non funziona proprio così… Il miglior racconto del nostro tempo l’ho trovato nelle Canzoni da spiaggia deturpata di Vasco Brondi (Le luci della Centrale elettrica) e nell’ultimo disco dei Baustelle, Amen. Il titolo sfottò ”Le tue stelle sono nane” mi è venuto in mente proprio ascoltando una loro canzone, ”Il liberismo ha i giorni contati”.

    Descrizione

    La Ragazza con le scarpe di tufo arriva un giorno in cui la pioggia batte le vie del centro come un martello pneumatico. La partita è
    cominciata: è stata scelta. Ora può trovare il varco di accesso, capire il più  in fretta possibile le regole di sopravivenza, superare una serie di prove che  potranno condurla, un livello dopo l’altro, a conquistare il premio finale. Gli  altri partecipanti sono agguerriti, il pegno in gioco è molto alto: la conquista  di una casa, di un lavoro, di una stabilità che sembra sempre sfuggire di mano.
    Il rischio è invece tornare indietro, come in uno strano gioco dell’oca in cui penalità e tentazioni rallentano la corsa. Ma il premio dov’è? Quando finisce la  partita? Dalla sua casella, la Ragazza guarda ogni notte verso le luci artificiali al centro del circuito. Qualcuno le ha detto che, da qualche parte,  c’è stato uno scontro di galassie: dallo scontro sono nate delle stelle nuove,
    ma la loro luce è ancora flebile, lontana. “Le tue stelle sono nane” è un  romanzo sulla precarietà come non ne sono mai stati scritti prima, che si snoda lungo un percorso in bilico tra reale e virtuale grazie a una lingua che gioca  con il vecchio e con il nuovo, mescolando Leopardi, il web e il gergo aziendale.
    E nel quale il racconto del precariato diventa altro: la metafora di un tempo  spietato, che scandisce i ritmi di una società globale e internettiana che più si finge libera, reticolare e aperta, più si rivela intransigente e ossessiva.

    linguaggio nuovo realtà virtuale web
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    Cinzia Ficco
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    Pugliese, classe ‘69, laureata in Scienze politiche, giornalista pubblicista, è responsabile del magazine www.tipitosti.it, il blog di chi non molla. Sposata, ha una bambina che si chiama Greta, si diverte a scrivere per lei racconti. Ha pubblicato Josuè e il filo della vita, Il re dalle calze puzzolenti, Tina e la Clessidra, con la casa editrice Edigiò. L’ultimo è Mimosa nel regno di sottosopra, pubblicato da Intermedia.

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