Chantal Pedote, un angelo volontario

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Se n’è andata presto da casa e a Monaco ha lavorato da un parrucchiere, a Madrid in una casa editrice ha fatto la segretaria del direttore, a Ginevra ha lavorato in società di trading di materie prime, a Milano ha lavorato nella moda e nell’arredamento da Etro come assistente del responsabile e ha viaggiato in lungo e in largo per l’America; a Firenze ha lavorato dall’ argentiere Brandimarte, poi da Versace si é occupata di accessori d’arredamento; ha continuato a viaggiare molto per trovare clienti nuovi in Sud America, in Grecia, in Danimarca e nei paesi del Nord. A Miami, con una bambina piccola, figlia di un uomo che le ha subito abbandonate, ha lavorato in un grande showroom e poi per Casablanca Fashion Group e di nuovo a Milano come assistente di Luigi Koelliker.

Una donna in carriera? Si, ma anche una dolcissima e morbidissima volontaria per vocazione. Ho fatto con lei una lunga chiacchierata che ci ha alimentate entrambe come sempre succede quando ci si incontra al di là della personalità, delle maschere, dei ruoli. Un incontro di cuore, fertilissimo come tutti gli incontri così.

In Chantal Pedote l’Energia del Femminile sprizza da ogni poro, è accudente, empatica, affettuosa, sorridente, materna. Affronta la vita con coraggio e curiosità, entusiasmo e generosità; si illude e si delude, è idealista e anche molto radicata, sa dare ma ha anche tanto bisogno di ricevere. Insomma, è una Donna con la maiuscola..

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*Hai appena compiuto 66 anni e da più di 25 fai volontariato, quindi il tuo contributo volontario alla società era già in atto mentre lavoravi. Il mondo del lavoro e quello del volontariato cosa hanno in comune secondo te?

Sia da una parte che dall’altra c’è sempre qualcuno che vuole fare il primo della classe, che fa il saputello, che si mette in primo piano prendendosi spesso il merito del lavoro di tutti gli altri, che trasforma la sua presenza in competizione. E io forse per educazione o per carattere non so reagire.. Insomma, sono facilmente feribile..

 

*Strano che questo succeda anche nel mondo del volontariato..

Succede quando si fa volontariato “perché è bello”. Anche a me è capitato di pensarlo. Adesso invece voglio fare volontariato solo “perché è buono”, sento dentro di me che solo il cuore mi può guidare

*Tu fai parte dell’Ordine di Malta e con questa organizzazione accompagni i malati a Lourdes..

Si, partiamo da Milano con più di cento malati, veniamo chiamate sorelle, siamo vestite di bianco, abbiamo un velo in testa e una mantella nera con l’interno rosso con la croce di malta. Io sto nelle sale, accudisco i malati che non possono farlo da soli, ho funzioni di compagnia, di lavaggio, di accudimento. Vedo tanto dolore. C’è una signora cui il marito ha sparato alla nella schiena, voleva facesse il marciapiede, sono trentacinque anni che è paralizzata. Un’altra ha tentato di suicidarsi e si è buttata giù dal quinto pianto. Non possono certo farcela da sole. chantal 4

*Come mai nell’Ordine di Malta?

Un tempo per appartenere a quest’Ordine bisognava avere i quattro quarti di nobiltà. Poi sono arrivati i volontari come me e la situazione è un po’ cambiata: chi si da da fare può ambire a diventare “dama” o “cavaliere” come la nobiltà originaria. Bisogna dedicare molto tempo, soldi e fare qualcosa di speciale per gli ammalati e per la organizzazione. Io ho sempre considerato il volontariato privo di ambizioni carrieristiche. Per questo ti dicevo che ho voglia di lasciarmi guidare solo dal cuore. Ma quando si è in una organizzazione strutturata vien da sé che oltre al cuore si debba seguire anche una procedura burocratica dove tutto sembra dovuto. Per questo adesso mi piace aiutare nella mia parrocchia le famiglie che hanno bisogno. Ho accompagnato in ospedale un bambino dello Sri Lanka e continuava a ringraziarmi.

*Ho visto tue fotografie in cui non sei vestita da “sorella” ma da “soccorritore”. Quali sono le altre tue mansioni di volontariato?

Da sei anni faccio parte del CISOM (Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta) e seguo corsi di rianimazione, ho imparato ad usare il defibrillatore e a compiere le azioni sanitarie di primo soccorso. Abbiamo i nostri furgoni e un magazzino dove carichiamo vestiti, generi di prima necessità, cibo e ci occupiamo dei senza fissa dimora. Andiamo in giro per le strade di Milano dove loro dormono, li conosciamo uno per uno e sappiamo chi ha bisogno di medicine e di maggiore sostegno. Il primo anno eravamo in Stazione Centrale e avevamo allestito delle tende dove farli dormire, un altro anno ci siamo occupati del dormitorio femminile alla sede della Protezione Civile: alle sei del pomeriggio arrivavano le donne senza tetto, ci davano la carta di identità e consegnavamo loro la chiave di un armadietto dove mettere le loro cose. La notte dormivano in questo dormitorio e noi ci occupavamo di dar loro da mangiare, di far fare le docce, di accudirle. C’erano donne di ogni nazionalità, dalle russe alle italiane alle indiane. L’anno dopo ci siamo occupati di un dormitorio maschile in Viale Toscana e lì è stata più dura perché litigavano tra loro, i musulmani non amavano i cristiani e viceversa, i rumeni e i polacchi erano sempre in lite.. era difficile..

*E con voi volontari questi uomini come si relazionano?

Per molti di loro è sempre tutto dovuto, se c’é la pasta vogliono il riso, se c’é il riso vogliono la zuppa perché loro sono russi. Qualche volta ci dicono con aria un po’ sprezzante: “Eh ma avete solo le brioches?” Se portiamo i panini dobbiamo stare attenti di farli solo di formaggio perché ci sono molti musulmani, insomma non è tutto rose e fiori! Una volta stavo spazzando per terra nel dormitorio e uno di loro che era a già a letto perché stavano andando a dormire mi ha chiesto “Le piace fare la volontaria?” Io ho detto di si e allora lui ha aggiunto “Ma viene pagata per fare la volontaria?” Io ho risposto “No altrimenti non sarei volontaria” “Ah allora non mi interessa” e si è girato dall’altra parte addormentandosi. Se fosse stato pagato lo avrebbe fatto anche lui, ma gratuitamente non ci pensava nemmeno.

*E’ molto pesante la situazione dei senzatetto a Milano?

Non c’è nessuno che muore di fame a Milano, poi il comune ha pubblicato dei libretti dove ci sono tutti gli indirizzi dove andare a mangiare, dove farsi la doccia, dove ci sono i medici pronti a visitarli..ogni sera ricevono sempre la cena. Se vogliono possono essere tutti puliti e cambiarsi i vestiti.

*Ma perché in tanti dormono per strada se ci sono i dormitori, non ci sono abbastanza letti?

I letti ci sono ma chi è abituato a dormire fuori fatica a dormire al coperto, e poi molti hanno paura di andare nel dormitorio, temono di essere derubati. Quando abbiamo seguito il dormitorio femminile c’era sempre una che diceva “Questa mi ha rubato nel mio armadietto, avevo una radio, avevo il telefonino, adesso non c’è più” Ma non era vero, magari avevano dimenticato da qualche parte le loro cose.

*C’é chi fa la scelta esistenziale di  vivere senza tetto? 

Si, alcuni decidono di fare i senza fissa dimora perché hanno voglia di cambiare vita. In Via San Pietro all’Orto sotto ai portici c’è una fila di persone che dormono per terra, c’è chi legge i libri che portiamo, c’è una coppia di drogati che hanno bisogno di assistenza per cose elementari.. vogliono stare all’aperto e quando c’è molto freddo al massimo vanno nelle tende ma non nel dormitorio. Poi ci sono i travestiti, le ragazze di vita già anziane che non riescono più a fare questo lavoro perché sono troppo vecchie.

Si forma una grande famiglia, si conoscono tutti, se c’è una notizia il giorno dopo la sanno tutti..é una corte dei miracoli..

*Oltre al cibo e alle medicine ti chiedono anche un po’ di attenzione? Cosa rappresenti per loro?

Quando ho iniziato lo facevo con molto entusiasmo, mi sentivo utile e quel sorriso che ricevevo da loro mi faceva stare bene, adesso considero il mio intervento un po’ fine a se stesso, distribuisco the, medicine, mando dal medico chi è diabetico o chi ha problemi ai piedi ma non so fino a che punto gli diamo davvero conforto e appoggio umano. Io non rappresento niente di più per loro, è bello sapere che ci siamo, quando vedono lo stemma dell’Ordine di Malta si avvicinano, ma di umano se non insisti con molta pazienza riesci a dare poco. E poi dare supporto psicologico non è il mio ruolo, è il ruolo dei responsabili che non apprezzerebbero iniziative su questo fronte, è sempre molto delicato.

*Sono molto riservati con voi?

Loro dormono in due metri per uno di spazio ed è il loro spazio, se ti avvicini devi farlo con molta delicatezza, quando dormono è come se dovessi bussare per avvicinarti a loro. E poi nella maggior parte di loro manca una forma elementare di riconoscenza..

*Ma sono tutti così poco riconoscenti?

No, ce ne sono tanti genuini. C’è un rumeno, Matteo, affetto da diabete, lui non chiede mai, il dottore gli prova l’insulina, gli prepariamo i suoi sacchettini speciali con alimenti senza zucchero ma adesso è sparito, nessuno sa dove sia andato a finire. Si perché poi spariscono. Ci sono tanti rumeni, polacchi dai modi gentili, c’è un iraniano in via Marina sempre sorridente sulla stessa panchina, estate e inverno. E poi, come ti dicevo, ci sono quelli che si lamentano in continuazione.

*Gli uomini hanno atteggiamenti di supponenza con te perché sei donna o sono così anche con i tuoi colleghi uomini?

No, fanno così con me e con i miei colleghi maschi. Invece molti musulmani mi trattano male perché sono una donna. E anche parte di quelli dell’est, alcuni di loro sono adorabili ma per andare da altri devo sempre essere accompagnata da un collega maschio perché non sono molto rispettosi

*E le donne senza tetto come sono?

Le donne musulmane non si vedono in giro, quelle dell’est e le italiane sono carine, affettuose; anche i travestiti brasiliani lo sono o le ex donne di vita, non chiedono mai niente, vogliono solo un sorriso e ti abbracciano . Le donne più aggressive sono le ex carcerate perché in prigione hanno imparato a difendersi attaccando. Qualche volta fanno paura.. ma è per quello che hanno subito in carcere..

* E poi con il Cisom tu sei anche andata ad Amatrice..

Sono partita da Milano con la seconda squadra, la prima era partita appena avvenuto il terremoto. Siamo arrivati una settimana dopo il terremoto, le strade erano interrotte, c’erano alcune case in piedi, altre a trecento metri completamente distrutte. Sembrava l’allestimento di un film e, appena arrivata, sono andata in giro a vedere, e perché sono curiosa e sono arrivata fino alla zona rossa, il centro di Amatrice dove era tutto distrutto. Il giorno dopo con i caschi e le mascherine, camminavamo uno dietro l’altro sulle macerie a portare barrette energetiche, sali minerali e acqua ai pompieri che erano disseminati in vari cantieri per cercare persone vive o intrappolate. Continuavo ad avere la sensazione di essere sul set di un film, vedevo le case sventrate, le cose personali, degli spaccati d’ interni, un armadio, un letto che penzolava, la banca e il supermercato distrutti. Il giorno dopo abbiamo fatto il censimento nelle frazioni intorno ad Amatrice e avevamo dei turni anche per pulire i bagni.

*Dove stavate?

Nel Palazzetto dello Sport, dormivamo sulle brande, più di quaranta tutti insieme, con noi c’erano le persone anziane rimaste senza casa. Dovevamo suddividere tutto quello che stavamo ricevendo, coperte, alimenti, scatolame, omogeneizzati, saponi, vestiti. La gente non aveva più niente, venivano da noi a chiedere l’acqua perché non avevano neanche di che lavarsi. Il giorno dopo ci hanno detto che l’acqua non era potabile e non potevamo nemmeno lavarci i denti..

*C’era qualcuno ancora vivo?

No, quando siamo arrivati no. Avevamo una lista di paesi da censire e ci fermavamo di casa in casa chiedendo se avevano bisogno di qualcosa, se volevano venire nelle tendopoli. Diluviava, faceva molto freddo. C’erano paesi fantasmi, cani e gatti che vagavano, tra cui il cane che vive ora con me e ho chiamato Cisom. Quelli della campagna che avevano gli animali non hanno voluto muoversi. Andavamo nelle case e chiedevamo di cosa avessero bisogno, quanti erano, quanti animali avevano. Erano rimasti gli uomini anche per tutelare le case da episodi di sciacallaggio..

* E come reagivano le persone?

Le persone anziane erano molto più fataliste. Io avevo con me medagliette di Lourdes, erano più sereni dei giovani, dicevano “se deve venire la nostra ora arriverà”. Da quelle parti sono molto devoti alla Madonna della Filetta ed erano rimasti stupiti perché la Madonna non li aveva protetti dal terremoto. I giovani invece si ribellavano, ho visto molta rabbia..

E tu? L’essere lì non ti ha mai fatto sentire forte il senso di impotenza?

Io cercavo di farmi forza per fare forza anche a loro che aspettavano gli aiuti.

Non ci pensi al senso di impotenza, tutti si davano da fare, l’unica era avere certezza che sarebbe arrivato tutto l’aiuto per loro. Nei momenti di emergenza non si sente l’ impotenza ma la speranza, non ti puoi mettere seduto vicino a loro a piangere. La psicologa della emergenza li intervistava e chiedeva di parlare del loro male, della loro sofferenza però secondo me se ne può parlare in un secondo tempo.

*Ma eri preparata a portare aiuto in una catastrofe del genere?

Noi col Cisom abbiamo fatto tante esercitazioni e simulazione di catastrofi, ci hanno insegnato a riconoscere la condizione degli infortunati, a distinguere il codice nero dal codice rosso che ha bisogno di intervento immediato. Ci hanno fatto esercitare a sostenere scene di panico così potenti che alla prima esercitazione sono rimasta sotto choc perché sembrava tutto vero, quindi sono arrivata ad Amatrice sapendo già cosa fosse una catastrofe

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*Tu hai il dono di una forte fede, vero?

Si, anni fa sono entrata in un gruppo di preghiera francese, ispirato da Ivonne, una donna che mi ha insegnato le Tre Chiavi, l’armonizzazione dei chakras imponendo le mani, la vibrazione del suono che ci collega alla terra e al cielo e la preghiera.. Con loro ho imparato a credere nella vita dopo la morte e questo nei momenti in cui tutto è così duro che vorresti farla finita è invece un gran conforto. Ho imparato ad amare perché Cristo ha detto “Quello che fai al più piccolo di loro è come se lo facessi a me”.

*Nasce da qui il tuo senso di solidarietà?

Le preghiere sono un boomerang. Se tu preghi per gli altri ti ritorna indietro perché anche gli altri pregano per te. Bisogna cercare di non pregare per se stessi, nel gruppo di preghiera diciamo insieme le intenzioni per gli altri e teniamo per noi solo la gratitudine. Ho imparato ad essere grata di quello che ho. E sto cercando di capire cosa sia il perdono..

*Per-dono, una bella parola che diventa realtà forse solo quando capisci il senso di quello che ti è stato fatto?

Per me il perdono è la non vendetta. Trovare il senso della cattiveria altrui è difficile. Non potrei vendicarmi perché so che Dio non sarebbe contento, non sono un tipo da “te la faccio pagare”  Cosa posso fare con il padre di mia figlia che ci ha abbandonato e non la voleva nemmeno riconoscere? Come si fa a dimenticare? Ho sofferto e basta ma non so se questa sofferenza sia servita, io non mi vedo cresciuta ma sofferente. Mia madre mi diceva sempre “Ti perdono ma non dimentico”. Che senso ha allora, dove sta il perdono?

*Di cosa avresti bisogno in questo momento della tua vita?

Io accudisco, continuo ad accudire da sempre ma vorrei anche essere accudita, essere abbracciata, avere qualcuno che mi dica “Va tutto bene, non avere paura” Forse ero diventata obesa anche per quello, avevo bisogno di essere più grossa, più grande, più visibile per cercare di essere accudita. Ma non lo faceva nessuno, anzi essendo grassa facevo solo pena.

*E poi cosa ti ha spinto a scegliere di dimagrire?

Mia madre è sempre stata molto dura con me, poco accudente, mi diceva che ero grassa e per questo avrei perso il lavoro e che mi vestivo male e mandavo la bambina al golf a Monticello vestita malissimo e lei si vergognava con le sue amiche che avevano i nipoti molto eleganti.. Tutto questo mi ha sempre molto mortificato, per questo sono partita, pensavo di tagliare il cordone ombelicale ma è come la sindrome di Stoccolma, non puoi staccarti da chi ti ha fatto del male, come due pugili sul ring, non riesci a vivere senza pugni, hai scelto il pugilato perché ti piace che ti diano dei pugni.

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*E poi cosa è successo con tua madre?

Poi mia madre in punto di morte mi ha parlato di questa operazione, ho pero 30 chili e mi sono sentita meglio.

 

*Ti senti sola?

No, più che altro mi sento sempre out, non mi sono mai sentita appartenente a niente e nonostante questo ho cercato sempre delle strutture che mi proteggessero e mi contenessero facendomi da famiglia. Mi sono sentita a casa solo coi miei nonni. E forse anche Milano è il mio nido.

* Ma se tutto è un boomerang e quello che dai ti torna indietro non ti senti parte di una rete che ti protegge e ti accudisce?

Si, ma il collegamento più ampio ti fa camminare di più, in quello ristretto sei già lì.. Comunque un giorno i capi ci hanno chiesto perché abbiamo scelto il volontariato e una persona ha detto “per reciprocità” ed è così. Quando gli ammalati ci ringraziano io chiedo loro “Ma se io fossi nelle tue condizioni lo faresti anche tu per me, non è vero?”

*Ti conforta il sapere che quello che tu dai ti ritorna..

Un giorno potrebbe tornare attraverso altre strade. Penso che la fede ti aiuti anche in questo

 

 

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Profilo Autore

susanna garavaglia

Susanna Garavaglia, da sempre attenta ad una visione Olistica della vita studia e diffonde la trasformazione del futuro, ora anche dal suo B&B nel bosco. Con Dede Riva ha dato vita al Manifesto Progetto Creatività, Via Femminile alla Trasformazione, firmato da esponenti della cultura di tutto il mondo. Ha pubblicato con Tecniche Nuove La Scrittura dell'Anima, Diario di Psicosomatica, L'anima del Successo, 365 Pensieri per l'Anima . Con Stazione Celeste Stavolta sarò Femmina, con ilmiolibro.it Senza radici dove voli? Con Anguana Edizioni insieme a Devana “Sciamane. Storie, canti e risvegli di anziane sedute in cerchio”, con Giovanna Tolio e altri autori “Amicizia (nuova energia di evoluzione)”, Leone Editore.

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