Manuela Chiarottino: “Per me scrivere come donna significa prima di
tutto dare voce a figure femminili che possano rispecchiare la varietà e
la forza delle esperienze”
In questa intervista abbiamo il piacere di parlare con Manuela Chiarottino, autrice di romanzi romance, narrativa contemporanea e libri per l’infanzia, nonché editor, writer coach e operatrice di scrittura terapeutica.
Con una carriera costellata di riconoscimenti e una forte attenzione alle voci femminili e ai giovani lettori, Manuela ci racconta il suo percorso, il suo approccio alla scrittura e il mondo della letteratura al femminile. Dalla creazione dei suoi personaggi all’attenzione verso il pubblico più giovane, esploriamo insieme cosa significa scrivere oggi, con passione, autenticità e consapevolezza.
Manuela, come è nato il tuo amore per la scrittura e in che momento hai capito che volevi passare dall’essere lettrice all’essere autrice pubblicata?
Fingevo di leggere quando ancora non sapevo farlo e inventavo storie a voce. La lettura è stata la mia prima grande passione e la scrittura è arrivata come una conseguenza naturale, anche se per molto tempo l’ho vissuta più come un’espressione intima e personale che come un’attività “seria”. Il vero passaggio è avvenuto quando, dopo aver pubblicato in self il mio primo libro, Rizzoli ha scelto di pubblicare il mio secondo romanzo. Ho ricevuto tante recensioni positive e lì ho capito che la scrittura non era solo un rifugio per me, ma poteva diventare anche un ponte verso gli altri. Nonostante la mia autocritica e le mie paure, ho compreso che forse avevo davvero qualcosa da comunicare. E soprattutto che scrivere mi faceva stare bene.
Ricordi ancora la firma del tuo primo contratto editoriale?
Certo. Rizzoli è sempre stato per me un nome importante, e pubblicare con loro è stata una vera iniezione di autostima. Ricordo l’emozione e anche l’ingenuità: all’epoca non capivo molto di contratti editoriali. Per fortuna loro si sono dimostrati corretti, ma ammetto che probabilmente avrei firmato qualsiasi cosa. Oggi invece dico sempre agli autori emergenti di leggere attentamente ogni clausola, di informarsi e di non avere fretta: un contratto è un passo importante.
Nei tuoi romanzi dai molta importanza all’interiorità dei personaggi. Quanto attingi alla tua esperienza personale e quanto invece alla pura invenzione narrativa?
Credo sia inevitabile attingere, anche solo in parte, alla propria esperienza personale: emozioni, ricordi, sogni, sofferenze, ogni cosa finisce in ciò che scrivo. Ma poi c’è il lavoro di costruzione vera e propria: lo studio del personaggio, gli altri aspetti che si vogliono mostrare e che non per forza ci devono appartenere. Sicuramente è importante anche osservare le persone, coglierne le sfumature e intrecciare realtà e immaginazione.
Hai scritto romance, narrativa generale e libri per bambini. Come cambia il tuo approccio creativo quando ti rivolgi a un pubblico di piccoli lettori rispetto a quello adulto?
Cambiano soprattutto lo sguardo e il linguaggio. Quando scrivo per adulti mi muovo di più nell’introspezione e nei conflitti complessi, con i bambini ci vuole semplicità, che non vuol dire banalità. La storia deve essere chiara e coinvolgente, ma anche capace di lasciare qualcosa in più, come un insegnamento o dei piccoli semi che possano germogliare dentro di loro. Cambia anche la scrittura, che deve farsi più essenziale, inoltre le immagini diventano molto importanti. Sicuramente scrivere per i bambini significa tornare a guardare il mondo con occhi pieni di curiosità e meraviglia.
Con La stessa rabbia negli occhi affronti temi complessi pensati per un pubblico giovane. Quale responsabilità senti quando scrivi per l’infanzia e l’adolescenza?
Sento una grande responsabilità, perché i ragazzi spesso cercano nelle storie uno specchio o una chiave per capire meglio se stessi e il mondo. Non bisogna mai sottovalutarli né semplificare i temi, naturalmente tenendo sempre conto della fascia d’età a cui la storia è rivolta.
E poi abbiamo Bea, l’amatissima gatta investigatrice tornata anche di recente dai suoi lettori e dalle sue lettrici, che nel frattempo sono cresciuti e cresciute con lei… Quali valori insegna tra un’indagine e l’altra?
Bea porta con sé la curiosità, che è il motore di ogni indagine ma anche della crescita personale. Poi c’è il valore dell’amicizia e della collaborazione, infine, c’è il rispetto per le persone, per gli animali. Credo che tra un mistero e l’altro Bea ricordi ai lettori che ogni avventura può essere un’occasione per imparare qualcosa, anche su se stessi.
Oggi il panorama editoriale è molto arricchito da voci femminili. Cosa significa per te scrivere come donna e quali sfide o opportunità hai incontrato nella letteratura al femminile?
Per me scrivere come donna significa prima di tutto dare voce a figure femminili che possano rispecchiare la varietà e la forza delle esperienze. Mi piace raccontare donne anche molto diverse, ma, che siano contemporanee o del passato come nei miei romanzi regency, hanno sempre in comune il desiderio di affermare se stesse e le proprie idee, liberandosi dalle convenzioni che le limitano.
Certo, esistono ancora pregiudizi: scrivere romance come donna, per esempio, viene a volte percepito come meno “serio” rispetto a un uomo che scrive un romanzo d’amore. Ma la scrittura è molto di più di un’etichetta di genere. Con il romanzo Fiori di loto, che aveva come protagoniste due donne e affrontava tematiche legate al femminile, la scrittura è stata non solo evasione, ma anche strumento di impegno e solidarietà. È stato pubblicato con una casa editrice guidata da una donna e ha ottenuto il patrocinio della Fondazione Molinette a sostegno di un progetto per le donne, un libro di cui sono molto orgogliosa.
Nei tuoi libri ritornano spesso protagoniste femminili forti e sfaccettate. Quali caratteristiche non possono mancare in una figura che riesce davvero a parlare alle lettrici e ai lettori?
Credo che una protagonista debba essere innanzitutto autentica. Non perfetta né idealizzata, ma capace di mostrare fragilità, contraddizioni, perché è lì che la lettrice riesce a riconoscersi davvero. Allo stesso tempo mi piace che ci sia in lei una spinta interiore: il coraggio di cercare la propria strada, anche sbagliando, e la volontà di non arrendersi davanti alle difficoltà. Non “eroine”, ma donne che provano, cadono, si rialzano e imparano.
Sei anche editor, writer coach e operatrice di scrittura terapeutica. In che modo queste attività influenzano la tua scrittura e il tuo modo di guardare alle storie?
Cerco di mantenere una distinzione chiara tra la mia attività di autrice e quella professionale, soprattutto quando faccio la ghostwriter: lì la voce deve essere quella del cliente, non la mia, ed è un lavoro diverso, fatto di ascolto e rispetto della storia altrui.
Detto questo, tutte queste esperienze inevitabilmente mi arricchiscono. L’editing mi ha insegnato a riconoscere i meccanismi narrativi e a limare i testi con occhio critico, anche se io stessa come autrice sono seguita dall’editor delle case editrici, proprio perché occorre sempre uno sguardo esterno. Il coaching mi ha avvicinata alle difficoltà e alle paure degli autori, ricordandomi ogni volta quanto sia delicato e prezioso il percorso creativo. La scrittura terapeutica, invece, mi ha mostrato il valore trasformativo delle parole. Questi ultimi aspetti non entrano direttamente nei miei romanzi, ma offrono comunque uno sguardo più ampio.
Guardando al futuro, quali progetti letterari ti piacerebbe realizzare e che messaggio vorresti lasciare a chi legge i tuoi libri?
Ho diversi progetti in mente, sicuramente il desiderio è sempre quello di scrivere un romanzo che rappresenti il mio sentire e la mia cifra stilistica come autrice, che sia riconoscibile e arrivi a molti lettori, lasciando un segno nel loro cuore. Un romanzo capace non solo di emozionare ma anche di porre domande, come amo fare in tutte le mie storie. Andando nella pratica posso dire che attualmente ci sono due miei romanzi in lavorazione: una nuova storia regency molto particolare perché tinta di giallo, che probabilmente ha già trovato casa, e un romanzo di narrativa sentimentale. E mille altri nel mio cassetto…