di Christopher McQuarrie
con Tom Cruise Hayley Atwell, Simon Pegg, Ving Rhames, Angela Bassett, Nick Offerman.
in anteprima il 19 maggio poi nelle sale
Strana miscela di vecchio e nuovo, di cinema artigianale e effetti speciali, di 007 e patriottismo. La saga di Mission impossible diventata il marchio di fabbrica di Tom Cruise, nasce come telefilm negli anni Sessanta. Per gli americani è un mito, in Europa è passata inosservata finché Tom Cruise nel 1996 l’ha traghettata su grande schermo. Facendone uno dei “franchising” di maggior successo della storia: 457 milioni di dollari il primo, “solo” 398 il terzo (quello che ha incassato meno), fino all’esplosione nel 2018 di Mission impossible: the fallout che è arrivato alla cifra record di 791,6 milioni di dollari.
A questo punto non ci troviamo più di fronte a un semplice film, ma a una vera e propria industria il cui giro d’affari è paragonabile al Pil di una nazione. Il grande patron, Tom Cruise, può permettersi quel che vuole, può togliersi tutti gli sfizi, fosse anche quello di chiedere agli sceneggiatori di scrivere una lunga scena negli abissi per la voglia di sfidare le profondità marine, per entrare in un sommergibile posato sui fondali, giusto a un passo da una fossa che fa impallidire quella delle Marianne.

Tutto bene dunque, per il cinema e per la squadra vincente, ma l’operazione presenta anche qualche problema. Ad esempio bisogna evitare di rivolgersi solo ai fan e quindi prevedere qualche riassunto delle puntate precedenti per non mandare tutto in confusione. Ecco allora che questo ultimo (dubito definitivo: come rinunciare a una miniera d’oro?) capitolo deve conciliare il passato con il futuro.
La prima parte è una lunga preparazione alla seconda, nella prima abbondano le parole e i primi piani nella seconda musica e rumori sono il contorno di adrenaliniche scene d’azione. Che alla fine si riducono a due lunghissime (e stupende) sequenze.

Altro problema: ci vuole una trama. E in film come Mission impossible o James Bond uno dei punti cardine è trovare il cattivo perfetto, che in qualche misura deve fare i conti con il contesto storico.
I russi sono stati una miniera di vilain finché è durata la Guerra Fredda, poi un buon vivaio dove pescare è stato rappresentato dai libici e dagli arabi. O ancora dagli oligarchi russi più spregiudicati. E adesso? La risposta era inevitabile: l’intelligenza artificiale, che in fondo è una versione più raffinata del grandioso computer Hal portato sullo schermo dal genio di Stanley Kubrick in 2001, Odissea nello spazio.

Veniamo dunque alla storia. Ethan Hunt/Tom Cruise, il grande buono, quasi un Messia disposto a sacrificarsi per la salvezza dell’umanità, si mette a disposizione del presidente degli Stati Uniti (nera e donna) per sconfiggere l’Entità, che vuole distruggere il pianeta. Tutte le spiegazioni della prima parte del film con l’intento di chiarire al pubblico a che punto è la vita di Ethan Hunt rischiano però di confondere le idee e anche di annoiare. In film come questo non è così importante cogliere ogni dettaglio, è sufficiente farsi un’idea degli amori (James Bond ha molte donne e muoiono tutte, Ethan Hunt è monogamo più disinteressato al genere femminile) e soprattutto si ha una gran voglia di vedere fino a che punto si arriva con le scene d’azione.

Tom Cruise e tutta la comunicazione del film ci tengono a dire che l’attore non usa gli stuntman e che tutto che quello che si vede è frutto del suo fisico palestrato (incredibili 62 anni). Qualche dubbio viene però, ma forse è la verità. Di certo investiranno milioni di dollari nelle assicurazioni perché se Cruise avesse qualche incidente la ricaduta economica sarebbe catastrofica.
Arriviamo allora al cuore vero del film, quello che fa stare col fiato sospeso: le due scene d’azione. Anche se merita almeno una citazione tutta la parte del film ambientata fra i ghiacci con i cani da slitta. In ogni caso, due sono le vere chicche. La prima è tutta sottomarina e così sofisticata da relegare nell’età dell’innocenza gli exploit di James Cameron dal Titantic in poi e la sequenza sul lago ghiacciato di Skyfall.
Il nostro eroe deve recuperare una chiave che sta all’interno di un sottomarino russo. Come faccia a sopravvivere Hunt risalendo da 45 metri di profondità senza neppure la muta resta un mistero, ma evidentemente non è un uomo come gli altri.

La seconda scena, la mia preferita, è davvero straordinaria anche se io non sono così raffinata da capire quanto contino gli effetti digitali. Di certo cast e troupe si sono spesi tutti tantissimo e le acrobazie aeree in gran parte sono vere e in molte in effetti sembra che al centro ci sia davvero Tom Cruise impegnato nell’inseguimento far due biplani a elica. Fra vertigini e cadute in agguato. Colmo dei colmi riesce pure a saltare su quello del nemico con timoni in fiamme.
Scrivevo prima, strano miscuglio di vecchio e nuovo in questo Mission impossible, perché nel film tornano in auge vecchi sistemi di comunicazione (come le videocassette o i messaggi in codice Morse come nella seconda guerra mondiale) per evitare la tracciabilità, assieme a server giganteschi dislocati in grotte dell’Africa più inaccessibile dove conservare tutta la conoscenza umana. A incombere l’Entità distruttrice a cui basta comandare un pugno di perfidi umani per mettere in pericolo la sopravvivenza del nostro mondo.
Effetti digitali o tutto più vero del vero, sia quel che sia, onore al regista, a Tom Cruise, agli stuntman (suvvia qualcuno doveva pur esserci) e alle varie unità della regia perché le riprese delle scene d’azione valgono da sole il prezzo del film.
“Io non ho paura di niente”, ha ripetuto Tom Cruise alla presentazione del film in anteprima al Festival di Cannes, spiegando che “Mission impossibile è anche un modo per mettere in scena le mie fantasie e sfidare me stesso”.
Buona visione quindi e stiamo vedere se il pubblico premierà questi temerari sulle macchine volanti e se gli incassi ripagheranno l’altissimo costo del film, uno dei più alti della storia del cinema, fra i 300 e i 400 milioni di dollari. Come mai così tanto?
Le riprese sono durate più di due anni. Iniziate nel marzo del 2022 nel Regno Unito, si sono concluse nel novembre 2024 e sono state funestate da mille ostacoli, fra cui il Covid e gli scioperi a Hollywood del 2023. Tom and Company non si sono arresi e hanno portato a termine la produzione spostandosi fra Malta, il Sudafrica e la Norvegia. Ora la parola passa agli spettatori.