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      La solitudine dei non amati

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    Home»Scrivilo su dol's»Narrativa»Bastava chiedere!
    Narrativa

    Bastava chiedere!

    DolsBy Dols11/01/2025Updated:11/01/2025Nessun commento5 Mins Read
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    di Elena De Giacomo

    Il libro Bastava chiedere! 10 storie di femminismo quotidiano, dell’ingegnera, blogger e fumettista francese Emma Clit, attraverso vivaci vignette racconta scene di vita quotidiana, che l’autrice ha vissuto in quanto donna, e le dinamiche di squilibrio che caratterizzano i rapporti tra i sessi, sia nel contesto pubblico che in quello privato. Le situazioni descritte, tratte dalla vita reale dell’autrice, risulteranno familiari a molte lettrici, che si riconosceranno in una o più delle sue storie, a partire proprio dal primo capitolo, che dà il titolo all’opera.

    Nella scena iniziale, Emma viene invitata da una collega a cena. Quando arriva, viene invitata ad accomodarsi e inizia a chiacchierare con il marito della collega. Quest’ultima, invece, cerca di dare da mangiare ai figli piccoli e allo stesso tempo cucinare la cena per gli adulti. In un momento di caos, la zuppa straborda e alla sua frustrazione il marito risponde con la classica frase: «Bastava chiedere». Questa dichiarazione “d’innocenza”, solo apparentemente innocua, rivela la dinamica malsana che purtroppo nella maggioranza dei casi si instaura nelle relazioni uomo/donna dal momento in cui decidono di vivere sotto uno stesso tetto.

    La donna assume il ruolo non retribuito di “manager” dei lavori domestici e il partner diventa un semplice esecutore che agisce solo se esplicitamente richiesto. Una situazione che, con l’arrivo di figli e figlie, diventa ancora più pesante, poiché la donna si ritrova a gestire sia il carico mentale delle responsabilità casalinghe e della cura di tutta la famiglia, sia gli impegni professionali. Infatti, sebbene le donne siano sempre più presenti nel mondo del lavoro, rimangono le principali responsabili della famiglia e della casa. Ciò è la norma quasi ovunque; poche sono le eccezioni, come in Svezia, ma anche qui, pur essendoci un divario minore, non si è ancora raggiunta la completa parità.

    Quindi da una parte le donne si assumono questo lavoro invisibile, consapevoli che, se smettessero, tutto il sistema andrebbe in tilt, dall’altra parte gli uomini credono che offrire aiuto («chiedimi se hai bisogno») sia sufficiente per “fare la loro parte”, mantenendo la loro coscienza a posto, non assumendo mai realmente alcuna responsabilità. Eppure questi comportamenti non sono innati: sono il prodotto di un contesto culturale che, sin dall’infanzia, incoraggia le bambine a prendersi cura degli altri e delle altre, e a giocare con bambole e miniature di elettrodomestici, mentre ai bambini sono riservati giochi più avventurosi. Non è una predisposizione naturale: sono convenzioni sociali, e cambiarle è possibile. Però è più facile per gli uomini appoggiarsi a questa struttura piuttosto che contrastarla. In questa maniera rimangono degli eterni bambini, che, come accuratamente espresso da Michela Murgia, attraversano «la vita come un parco giochi che qualcun altro ogni sera rimette silenziosamente in ordine per lui, affinché non si preoccupi di altro che ricominciare da dove ha interrotto».

    «Bastava chiedere» è solo una delle tante frasi che noi donne ci sentiamo dire quotidianamente, frasi che celano il patriarcato strutturale nelle relazioni eterosessuali. Un’altra è «Rilassati!». Fin da piccole ci viene insegnato a reprimere ogni tipo di aggressività (al contrario degli uomini), e col tempo finiamo per non riuscire più a distinguere quando abbiamo buone ragioni per arrabbiarci. Di fatto, siamo condizionate a diventare delle people pleasers: non è questione di eccessiva empatia o di “sindrome da crocerossina”, ma di abitudine a mettere i bisogni degli altri prima dei nostri, a non considerare validi i nostri sentimenti, quando ci viene mancato di rispetto, fino a ignorare i segnali di pericolo, rimanendo quindi paralizzate in situazioni di aggressione.

    Emma Clit esprime anche altri concetti fondamentali, come il lavoro emozionale di cui le donne si fanno carico. Come osserva la politologa islandese Anna G. Jónasdóttir, «l’uomo si nutre di questa relazione per affermare il suo ruolo nel mondo esterno, anziché ricambiare la sua compagna con la stessa attenzione». La donna si prende cura del proprio partner quasi come una madre o un’infermiera; il partner, però, anziché ricambiare, utilizza queste cure per dedicarsi ad altro.

    Un altro argomento centrale toccato da Clit è quello della “cultura dello stupro”. Esiste la credenza, assurda e pericolosa, che gli uomini non siano capaci di controllarsi e che quindi spetti alle donne il compito di non provocarli. Ciò, oltre a essere ingiusto, non è neanche abbastanza. Un recente caso francese, quello di Gisèle Pelicot, violentata mentre era incosciente con la complicità del marito che la drogava, dimostra come il concetto di consenso venga distorto: gli aggressori sostenevano che il “permesso” del marito fosse sufficiente, ignorando del tutto la definizione di “consenso”. La cultura dello stupro dimostra che l’aggressore sessuale non è necessariamente uno sconosciuto che si nasconde in stradine buie. Per questo è essenziale una educazione sessuale e affettiva, per così passare da una cultura dello stupro a quella del consenso.

    Nel libro sono affrontati numerosi temi fondamentali del femminismo, rendendoli accessibili grazie alla semplicità e all’efficacia delle sue vignette, che mira a coinvolgere il pubblico più vasto possibile. Infatti, non si tratta di concetti nuovi per chi è già vicino al femminismo, ma risulta comunque un lavoro importante che andrebbe letto da quante più persone possibile, specialmente dagli uomini. Come ciliegina sulla torta, l’introduzione è stata scritta da Michela Murgia, che commenta il libro in maniera brillante. Offre, ad esempio una distinzione tra “matriarcato” e “matricentrismo”, spesso confusi. Infatti, il fatto che la donna sia “manager” della casa e che senza di lei tutto si fermerebbe non significa che segretamente sia lei a comandare, ma piuttosto che è costretta a prendersi responsabilità non proprie, per sostenere un sistema che resta comunque patriarcale.

    Emma Clit
    Bastava chiedere! 10 storie di femminismo quotidiano
    Laterza, Bari, 2017
    pp. 186

    ***

    Articolo di Elena De Giacomo

    Laureata in Politics, Philosophy and Economics presso l’università Luiss Guido Carli, sono appassionata di filosofia politica, sociologia e politica europea. Amo la ricerca ed esplorare nuove idee attraverso la scrittura. Mi piace immergermi nella lettura di romanzi, analizzare il significato dei film e dei testi delle canzoni, viaggiare e trascorrere il tempo all’aria aperta con la mia cagnolina.

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