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    Home»"D" come Donna»Alda Merini IV – Tra genio e follia
    "D" come Donna

    Alda Merini IV – Tra genio e follia

    DolsBy Dols28/03/2012Updated:25/06/20144 commenti8 Mins Read
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    di Marianna Faraci

    <precedente>

    A tal proposito la critica nei suoi confronti si è divisa tra i sostenitori di una stretta connessione e un rapporto quasi istituzionale tra follia e poesia e chi, invece, ha pensato ad una capacità creativa d’istinto, ad una forza trascinante…

    Guardi, io ho una cultura considerevole e sto scrivendo un libro sulla mia relazione con Manganelli per dire quanto abbiamo contato. Certo, dopo, i dieci anni di manicomio hanno chiuso i vertici culturali. È chiaro che io non ho visto più niente, sono regredita, se così si può dire. Devo andare a cercare i testi che mi aggiornino, perché dieci anni fuori dalla società sono lunghi. Già riesco, con un salto qualitativo e di cultura retrodatata, ad arrivare a lei, però è un percorso duro da compiere.

    Qual è la chiave di lettura più vera e aderente al suo modo di fare poesia?

    Quella naturale, quella con cui è stata fatta la cassetta , cioè di donna che ha una vita delirante e giornaliera. Ieri ho un po’ litigato con mia figlia, la maggiore, perché sosteneva che il manicomio ha determinato la mia scrittura, e non è vero. È più facile dire che sarei stata una sconosciuta senza!

    Che rapporto ha Alda Merini con i critici?

    Non li vedo e non li voglio neanche sentire, anche se, purtroppo, se non è il critico che dà un giudizio, lei non vale niente… (accende un’altra sigaretta). Tornando a noi, io trovo grandi i miei amori, li ho amati in un modo così grande, senza riserve, subendo anche pesanti umiliazioni da parte dei maschi e non ho mai riconosciuto questo maschilismo. Però questi maschi son sempre tornati da me, perché ho conferito loro una licenza premio, per cui fanno quello che vogliono. Io ho avuto tantissimi amanti e sono sempre tornati, magari a vedere come stavo, perché son stata anche una madre per loro, li ho sempre capiti. Il maschio, per quanto mi riguarda, è meno avvilente della donna, che è più cattiva.

    Noto che lei fa una distinzione netta tra ‘maschi’ e ‘uomini’.

    Sì. Per ‘maschio’ intendo quello che fa l’amore con lei, quello che carnalmente ci unisce. Be’, l’ ‘uomo’ è un’altra cosa. Il maschio non sempre è un uomo.

    Allora nella sua vita ci sono stati solo ‘maschi’, e non ‘uomini’?

    Solo maschi… solo maschi. Uomini pochi.

    Ne ‘La pazza della porta accanto ‘afferma: «La cultura è un vero letamaio. È un letamaio che taluni riescono a far fru’ttare, ma che non fa germogliare il seme di poeti veri». Chi sono i poeti veri oggi?

    Ma siamo ancora noi, in fondo, che abbiamo delle verità sacrosante, delle esperienze, dei dolori, delle capanne di dolore, delle Betlemmi nel cuore, delle tremende desolazioni: la guerra, i manicomi, i figli persi, gli amori, la nostra infanzia tradita, la povertà di quegli anni. Sa, le verità del dolore. Ma non che il dolore debba essere assunto come
    scuola di pensiero; il dolore, noi, lo abbiamo attraversato serenamente, anche gli abbandoni degli uomini. Mi meraviglia che oggi per una stupidaggine l’uno s’ammazza, l’altro s’impicca… Lo trovo così stucchevole e brutto, avvilente… Perché per ‘uomo’ intendo la ‘persona’, deve essere una persona un uomo, altrimenti…

    E i suoi poeti preferiti?

    Mah, la Merini! (mi guarda e sorride)
    Bella risposta!

    …Raboni, la Corti, i vecchi poeti…

    La «quarta generazione»?

    Sì… I giovani li trovo, a volte, anche bravi, però si rendono antipatici: “Io sono già grande”, “Io sono già importante”. Noi non avevamo nessuna scuola.

    E fra i classici? Citava Dante…

    I classici, i classici. Poi i poeti russi sono grandi, per me. Un’Anna Karenina noi non l’abbiamo, al massimo abbiamo un’Anna che si buca le vene, un Dostoevskij, che so, ma neanche una M.me Bovary francese, questa donna che si avvelena per amore, viene ricattata… sono pagine insuperabili, sono figure di donne mirabili. Casa di bambola… Sono le grandi donne che piacciono a me, le grandi poetesse che arrivano a morire per amore.

    Leopardi considerava alcune parole di per sé ‘poeticissime’: ‘antico’, ‘lontano’, ‘notte’. E le sue?

    ‘Natale’, a me piace tanto la parola ‘Natale’, mi rende gaudiosa. ‘Natività’, tutto ciò che nasce, che cresce e che non vuole morire. Non mi piacciono le parole ‘martirio’, ‘martire’, ‘esegesi’… ma tutto ciò che è ‘vita’, ‘albero’, ‘croce’. ‘Croce’ intesa come ‘crocevia’, cosa che distingue, non come ‘crocefisso’. Non amo le torture, non amo la violenza. Cerco, in un certo senso, di essere ottimista.

    Uno degli aggettivi che ricorre più spesso nelle sue liriche è ‘azzurro’.

    Perché mi sarà piaciuta la canzone che canta Celentano. ‘Azzurro’ è il cielo. Sono sempre stata una donna bisognosa di scalare montagne. Ero una grande sportiva da ragazza. Mi piace la montagna, la natura, le passeggiate nei boschi, la loro solitudine. Quand’ero ragazza andavo nei boschi a pregare, a camminare sola per delle ore. Lì potevo essere una mistica, meditavo, magari su una sola parola, lavorandola, cesellandola, finché diventava materiale incandescente. Questo compie il poeta: addestra la parola.

    L’essere poeta coinvolge anche chi poeta non è?

    Può trascinarlo, può trascinarlo a morte, se costui diventa un fanatico del dolore. Bisogna stare molto attenti, eh! Perché io sono stata in manicomio, ma non è una bella cosa, eh! Il manicomio è stata una cosa truculenta. Io sono riuscita a farne un’epopea, ma gli altri ne sono morti. Io sono sopravvissuta e ora lo guardo anche con un occhio benevolo, dicendo che è il retroterra della mia grandezza, ma in effetti non credo che tutti siano stati in manicomio per scrivere. Ha determinato una certa forma di poesia, questo sì. Però, per avere i miei figli sono dovuta scappare dal manicomio, non farmi trovare, proteggerli, come ha fatto Maria, dallo sterminio di Erode, gli psichiatri, che dicevano che ero pazza e non potevo farcela. Le violenze carnali subite nei manicomi, che ha subìto anche Alda Merini e le dirò di più, persino da qualche prete. È una delle cose che io non giustifico: certi che tanto il matto non sarebbe stato creduto! Son cose gravi queste. Io ho avuto un figlio nato da uno di questi preti e me lo son tenuto, ed è stato il figlio che mi ha ispirato il Magnificat. Io non l’amavo quest’uomo, però il figlio è stato mio. È stato il figlio più gratificante che avessi mai avuto nella mia vita. Tutti i miei figli sono diventati come queste rose . Sono scampati a degli omicidi veri e propri, son diventati delle rose, uno più bello dell’altro, uno più buono dell’altro. Alle volte, quando mi chiedono: “Vengono a trovarla?”, mi irrigidisco, perché non voglio nemmeno che li nominino. Sono passati attraverso tali storie di persecuzioni, di maltrattamenti che francamente penso… la parte più eroica l’hanno fatta i bambini. Eppure sono quasi bisnonna. Son tornati tutti come Pollicino. Questo è molto bello. Non so come abbiano fatto, ma sono tornati a casa.

    Come nella parabola evangelica del figliol prodigo…

    Solo che loro non ne avevano fatti di errori, erano troppo piccoli, però son tornati da me. E ciò supera tutta la conoscenza, perché si può essere laureati, ma una madre ha delle lauree nascoste…
    … Ha visto che mi han dato il premio … Qui ne avevo vinto un altro, non so, con Einaudi. Guardi ancora com’ero bella, piena di vita… poi mi si è acciaccata la gamba … Ero bella ma molto riservata, praticamente la fidanzata ideale degli italiani, perché tutte le donne volevano che sposassi i loro figli, ma a me piaceva studiare, molto di più. Dopo avrei fatto famiglia anch’io. Dopo. Non ha un fiammifero? (tiene l’ennesima sigaretta, spenta, tra le dita e continua a parlare) Comunque i figli sono un gran dono, forse lo dico perché sono una madre. La sento molto la maternità, l’ho anche pagata cara… (indugia) perché ho avuto diversi cesarei, tanti aborti, insomma ho rischiato la vita tante volte, però sono sempre tornata a desiderare i miei figli. «Quelli che voi chiamate figli, in realtà non sono i vostri figli» , sono un dono naturale della vita, sono sempre nuovi. Dopo aver avuto un figlio una donna ripete il gesto dell’amore, sapendo che può andare incontro alla morte. Eppure ci ricasca. Sa perché? Perché probabilmente nella mente umana agisce un colpo di spugna per cui il dolore passa, non esiste più. Rimane la gioia di una nuova creatura. Una madre dimentica. Solo una donna è disposta a dimenticare. Il feto cambia la madre, la madre genera il feto e perché possa ospitarlo subisce tutta una metamorfosi. In fondo il maschio fa la donna, ne è ancora un padre, la rigenera con la maternità. Un’adolescente diventa donna a tutti gli effetti. È proprio un traslato di amore verso il bambino che, nella mente della donna, è visto ancora come un dono del marito. Ecco la Madonna che dice: “È il Figlio del Padre”. È così. Ma la maternità l’ha mutata, ha fatto di una ragazza una donna, disposta a tutto per difendere il figlio. Come del resto nel mondo animale. Non cambia molto. E infine la donna espone questo suo frutto d’amore. Da qui nasce la poesia Vorrei un figlio da te , per completare l’amore, per renderlo visibile. L’amore vuol subito quantificare, vuole lasciare un’eredità morale.

    <continua>

    Alda Merini Poesia
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    Dols è sempre stato uno spazio per dialogare tra donne, ultimamente anche tra uomini e donne. Infatti da qualche anno alla voce delle collaboratrici si è unita anche quella degli omologhi maschi e ciò è servito e non rinchiudere le nostre conoscenze in un recinto chiuso. Quindi sotto la voce dols (la redazione di dols) troverete anche la mano e la voce degli uomini che collaborando con noi ci aiuterà a non essere autoreferenziali e ad aprire la nostra conoscenza di un mondo che è sempre più www, cioè women wide windows. I nomi delle collaboratrici e collaboratori non facenti parte della redazione sono evidenziati a fianco del titolo dell’articolo, così come il nome di colei e colui che ci ha inviato la segnalazione. La Redazione

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    4 commenti

    1. daniela giordano on 31/03/2012 10:47

      grazie per aver pubblicato questa magnifica intervista.

      Reply
    2. BENITO on 26/04/2012 00:13

      BELLISSIMA DONNA ALDA MERINI NUDA NON TITE NELL’ ARIA..
      ___________ BRAVA ALDA…

      Reply
    3. BENITO on 26/04/2012 00:15

      ERANO PAZZI CHI TI MISE IN AMNICOMIO,..
      NON TU.. UNA GRANDE POETESSA… BRAVA DONNA…

      Reply
    4. pharm manuals on 14/06/2012 07:37

      You actually make it appear so easy together with your presentation however I find this matter to be actually one thing that I feel I’d by no means understand. It seems too complex and very wide for me. I am having a look forward in your next post, I’ll attempt to get the hang of it!

      Reply
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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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