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    Home»I racconti di dols»Marta, la fashion victim del ballottaggio
    I racconti di dols

    Marta, la fashion victim del ballottaggio

    DolsBy Dols01/01/2012Updated:14/11/2013Nessun commento7 Mins Read
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     di Lucia Tilde Ingrosso

    Non basta uno smalto per cambiare le persone.

    A Milano,  tra il primo turno e il ballottaggio,  si sono vissute due settimane durissime. La città pullulava di tizi – tutti con un qualche vessillo e/o ammennicolo arancione – che ti avvicinavano per appiopparti volantini, spillini,  palloncini.

    Stupita che fermassero me (ma vi sembra che questo allure sia compatibile con un voto a sinistra?) declinavo. Gentile, ma ferma. «Suvvia, un palloncino per i suoi bambini».

    Allora, sfoggio ventre tonico e taglia 38: come pensare che io abbia potuto partorire, e addirittura più volte?

    «Niente bambini. Una spilletta, allora? E’ tanto simpatica…»
    Sì, come la sabbia nel tanga. Senza contare che l’ultimo pin che ho indossato era dei Duran Duran. E mi ha irreparabilmente rovinato la camicetta Naj Oleari.
    Quanto ai volantini, era abbastanza eloquente il mio sguardo schifato. Ben altro interesse rivolgevo alle pagode (gazebi, per la plebe) di donna Letizia. Minimalisti, erano presidiati da persone distinte, che per non disturbare non si avvicinavano mai. Così mi accostavo io, smaniosa di rendermi utile. A quelli non pareva vero di piazzarmi in mano un pacco di volantini e invitarmi a distribuirli. Ma vi pare che io sia un tipo che può volantinare? Sono riuscita a lasciarne giù solo due. Il primo sul parabrezza di una Porsche Carrera gialla, il secondo su quello di una Maserati Granturismo. Il tutto con la segreta speranza che il proprietario arrivasse in quel momento e, anche folgorato dalla nostra comune visione politica, si innamorasse follemente di me. Be’, naturalmente non è successo. E il pacco di “Forza Letizia” è finito nel cestino.

    Al lavoro, le cose non sono andate meglio. C’è chi passava tutto il giorno a vedere video satirici su YouTube e farsi grasse risate. Una ollega è da settimane vestita d’arancione dalla testa ai piedi («Mutande comprese» assicura, nessuno ha sentito il bisogno di verificare). Nelle pause caffè, il dibattito si accendeva: tutti avevano da dire la loro. E invece dovrebbero lavorare, che non siamo mica qui a pettinare le bambole.

    La Pisapia mania ha contagiato i più insospettabili. Anche Sveva – la mia amica del cuore fin dai tempi delle Marcelline – è diventata un’attivista. Colpa di quel bolscevico del marito (sua l’idea di mandare la piccola Delfina in un’orrenda scuola pubblica).
    Un giorno Sveva mi chiama. «Ti prego, puoi accompagnare Delfina all’Arena, per una gara d’atletica?»
    «Volentieri, ma perché non la porti tu?»
    «Perché presenzia la Moratti!»
    «Fantastico!» Quello che per lei è un minus, per me è un plus. Mi vesto di tutto punto – abitino da cocktail Versace con accessori Prada – il massimo consentito per un evento alle dieci del mattino.
    Pur essendomi contenuta, mi sa che alla fine ho comunque esagerato: sono quasi più elegante del sindaco, che si presenta con una camicetta floreale e dei pantaloni beige un po’ fané.

    La prova di Delfina è magistrale. Sono orgogliosa della mia nipotina. Almeno finché, in coro con le altre, non comincia a inneggiare: «Pisapia, Pisapia!»
    |
    Letizia Brichetto Arnaboldi in Moratti sbianca. Io vorrei sprofondare. Ma il peggio deve ancora arrivare. Le si avvicina una bambinetta minuscola, incaricata di portarle i fiori. Ma prima di mollare il mazzetto, la guarda e proclama: «Nuota e fai nuotare Pigiapia!»

    C’è anche chi, dal giorno del primo turno, è invece sparito: è il mio vicino di casa e quasi fiancé Guido.
    Qualche sms stitico, ma non una telefonata o una visita. Alla fine, una sera l’ho chiamato. «Hai un’altra?» gli ho chiesto a bruciapelo.
    Lui ha esistato. Ho avuto l’impressione che la mia domanda lo mettesse in difficoltà. Ma alla fine ha risposto enfatico: «Ma va! Sono entrato nel comitato di Giuliano Pisapia. Vuoi darci una mano?»

    Una manica, magari. Ma di botte. O almeno questo penso, ma taccio. E arriviamo a oggi, lunedì. I seggi hanno appena chiuso, stanno per arrivare le prime proiezioni. Pare che sia andata male, ma in più di un’occasione i primi dati sono stati fuorvianti.

    Passano i minuti e intorno a me cresce l’entusiasmo. Lorenzo canticchia «Pisapia la Moratti se la porta via». Claudia sventola una sciarpetta del mercato in un orrendo color aranciata andata a male.

    Non riesco a staccare gli occhi dallo schermo del Pc. Pisapia è in largo vantaggio e ormai le sezioni scrutinate sono 900 su 1.251. E se nelle restanti avessero votato tutti per la Moratti?
    Non ce la faremmo lo stesso: devo alzare bandiera bianca.
    E’ a quel punto che mi suona il cellulare. Con sorpresa, leggo sul display il nome di Guido.
    «Belle brunetta, andiamo in centro a festeggiare?» mi chiede.

    Passi che il colore dei miei capelli è castano fondente che con il bruno non c’entra neanche un po’. Il punto è un altro: non c’è niente da festeggiare!
    «Non mi sembra il caso» replico glaciale.
    «Dai, non fare la sostenuta. Sono davanti al tuo ufficio: se ti affacci mi vedi».
    Mi ha accerchiato. Esco e lo trovo più carino del solito, a parte la polo arancione ormai di ordinanza.
    Lui mi abbraccia e mi bacia. Proprio niente male.
    «Ti ho portato questo» e mi porge una boccetta di smalto per unghie. Arancione, of course.

    «Ma è di Deborah!» protesto. Non sono abituata a prendere in considerazione cosmetici da banco.
    «No, è tuo!» replica lui.
    Per non farlo rimanere male, sono costretto a laccarmi le unghie in diretta. Poi Guido mi osserva e pare perplesso.
    «Forse quegli stivaletti sono poco adatti a una manifestazione di piazza…»
    Che caro, si preoccupa per me. D’accordo, l’occasione può essere propizia per l’acquisto di un paio di Hogan. Le indossa anche la mia collega Anna, che da quando la conosco non ha sbagliato una mise.
    Fra un acquisto e l’altro (l’euforia dilagante mi ha fatto comprare anche un pareo color ciclamino e una collana in pietre dure) arriviamo in piazza Duomo. Qui la fiesta è in pieno svolgimento. Strombazzamenti, cori di vittoria, sorrisi ed entusiasmo. C’è chi promette abbracci gratis (no, grazie) e chi sventola la bandiera del Pci (oddio, mi sta venendo l’orticaria).
    Mi colpisce però tutta la gente che è qui. Ubriaca di felicità.

    Poi arriva il nuovo sindaco. Un’ovazione. Qui lo dico e qui lo nego, ma le sue parole mi colpiscono. «Sarò il sindaco di tutta Milano. E per guidare la nostra città avrò bisogno di tutti voi: statemi vicini!»
    Non è neanche brutto, in fondo, è solo che si concia da schifo. Magari potrei dargli qualche dritta per il look. Anche se qualcosa mi dice che le consulenze non saranno pagate profumatamente come in passato.
    Sono a un passo dal trovarlo quasi simpatico, quando Guido riceve una telefonata e si illumina.
    Ride forte e scambia qualche battuta trionfale. Poi riattacca e mi comunica «Era una mia amica di Novara. Mi ha detto: da New Stalingrado a New Leningrado: che spiritosa!»
    Già spiritosissima. E poi penso che lui non si è mai illuminato in questo modo, parlando con me.
    E così d’improvviso mi è chiaro quello che ho sempre saputo. Non è storia, tra noi. Siamo troppo diversi.

    Non basta uno smalto per cambiare le persone. E le situazioni.
    Nello stesso tempo, mi rendo conto che nella vita di Guido c’era in atto un altro ballottaggio. E che ho perso anche quello.

    «Vai da lei» gli dico. La mia dignità ha la meglio sull’orgoglio ferito. Mi giro e mi incammino, regale come Gloria Swanson nel film Viale del tramonto.

    Sento su di me il suo sguardo ammirato. Ma lui e la sua Twingo per me sono già storia vecchia.
    In fondo alla strada ho adocchiato un bel tipo che si sta avvicinando a una Ferrari California. Ha l’aria contrariata di chi non ha apprezzato il cambio del vento. Magari per tornare a casa ci scappa un passaggio.

    ballottaggio fashion victim
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    Dols è sempre stato uno spazio per dialogare tra donne, ultimamente anche tra uomini e donne. Infatti da qualche anno alla voce delle collaboratrici si è unita anche quella degli omologhi maschi e ciò è servito e non rinchiudere le nostre conoscenze in un recinto chiuso. Quindi sotto la voce dols (la redazione di dols) troverete anche la mano e la voce degli uomini che collaborando con noi ci aiuterà a non essere autoreferenziali e ad aprire la nostra conoscenza di un mondo che è sempre più www, cioè women wide windows. I nomi delle collaboratrici e collaboratori non facenti parte della redazione sono evidenziati a fianco del titolo dell’articolo, così come il nome di colei e colui che ci ha inviato la segnalazione. La Redazione

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    Caterina Della Torre

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    Redattora del sito internet www dols.it

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    https://www.dols.it/2025/05/08/black-bag-doppio-gi https://www.dols.it/2025/05/08/black-bag-doppio-gioco/

E’ assolutamente da vedere il nuovo film di Steven Soderbergh intitolato Black Bag – Doppio gioco, con Cate Blanchett stupenda, simbolo della lussuosa coolness londinese e Michael Fassbender, gelido, impeccabile, finanche cinico, Arabela, Tom Burke, Naomie Harris, Pierce Brosnan e Regé-Jean Page, scritto dal geniale David Koepp.
    https://www.dols.it/2025/05/07/one-to-one-john-yok https://www.dols.it/2025/05/07/one-to-one-john-yoko/
C’è tanto materiale inedito, filmati casalinghi e sorprendenti registrazioni telefoniche di conversazioni intime e di lavoro di Yoko Ono e John, che aveva preso (un po’ paranoicamente) l’abitudine di registrare le telefonate, per difendersi da potenziali accuse. E in effetti rischiò di essere espulso dal Paese.
    “ALBUM PER PENSARE E NON PENSARE”. Dialogo con “ALBUM PER PENSARE E NON PENSARE”. Dialogo con Mariangela Gualtieri sul suo ultimo, magico libro.

Un libro che sorprende l’ultimo lavoro editoriale di Mariangela Gualtieri .
Poetessa, drammaturga, attrice, personaggio unico per sensibilità e grazia nel mondo culturale e teatrale italiano che stavolta ci stupisce facendoci ritornare tutti un pò bambini con un volume di grande formato fatto di rime e disegni da colorare.
Un gioiello per chi desidera donarsi momenti di lentezza e libera immaginazione.
Inizia proprio con il mio scoprire questo gioioso suo ultimo lavoro il dialogo con Mariangela , gentile e disponibile come sempre , in una intervista che non può non toccare anche i grandi temi del tempo complesso che viviamo.
“ALBUM PER PENSARE E NON PENSARE”. Dialogo con Mariangela Gualtieri sul suo ultimo, magico libro.

Un libro che sorprende l’ultimo lavoro editoriale di Mariangela Gualtieri .
Poetessa, drammaturga, attrice, personaggio unico per sensibilità e grazia nel mondo culturale e teatrale italiano che stavolta ci stupisce facendoci ritornare tutti un pò bambini con un volume di grande formato fatto di rime e disegni da colorare.
Un gioiello per chi desidera donarsi momenti di lentezza e libera immaginazione.
Inizia proprio con il mio scoprire questo gioioso suo ultimo lavoro il dialogo con Mariangela , gentile e disponibile come sempre , in una intervista che non può non toccare anche i grandi temi del tempo complesso che viviamo.
    Mariangela Gualtieri Mariangela  Gualtieri
    Post su Instagram 18054001580213162 Post su Instagram 18054001580213162
    Rare, se non addirittura inesistenti, sono le stat Rare, se non addirittura inesistenti, sono le statue dedicate a storiche figure femminili in Torino. Per tentare di ovviare all’inconveniente, ben poco in linea con la contemporanea visione “woke” che ha condizionato persino i film della Disney, si sta per approntare un’opera dedicata alla Marchesa Giulia il cui il busto all’età di 27/28 anni è già stato studiato dallo scultore Gabriele Garbolino Rù. Ha ritrova il volto di Giulia nei molti ritratti giovanili che però ispiravano serietà e concentrazione. Lo scultore afferma: «Siamo partiti dall’idea di dare un volto svecchiato alla Marchesa.» Gloss immagina che sia per facilitare l’identificazione degli adolescenti di oggi nei valori propugnati dai Marchesi.

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Ti sei divertita con i giochi proposti? Ti sei ritrovata a fare acrostici e anagrammi mentalmente, magari mentre eri in coda dal medico o al supermercato? Non riesci più a sentire una parola senza ricercare sinonimi e contrari? Ti devi trattenere dal dire a voce alta la frase dell’acrostico appena senti un nome? La tua penna è bella calda e le parole stanno uscendo frizzanti dal letargo?

Adesso che hai sgranchito la penna e le idee, è il momento di creare qualcosa che potrà essere anche breve ma sicuramente più significativo dei semplici giochi linguistici. Lasciati suggestionare dalle citazioni e ispirare dai suggerimenti. Sperimenta con stili e generi diversi, e non aver paura di esprimere la tua creatività o le tue stranezze. Cosa aspetti? Scrivi!
    Viviamo in un mondo dove troppo spesso il bisogno Viviamo in un mondo dove troppo spesso il bisogno di sottomettere l’altro prevale sul desiderio di incontrarlo. L’essere umano, illuso di essere superiore, continua a esercitare la sua necessità di dominio, dimenticando il significato profondo di parole come umiltà, equità, umanità, uguaglianza. E proprio perché questi valori sono diventati rari, siamo costretti a ribadirli, a insegnarli, a difenderli.
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Cambiare vita, dare spazio ai propri desideri e fare quello che davvero ci piace è il sogno di molti,
ma realtà per pochi. Lo conferma l’analisi di Hays Italia in collaborazione con Serenis, il 40% degli
intervistati non è per nulla contento della propria condizione lavorativa e il 60% pensa con
regolarità a un cambio radicale della propria esistenza.

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    Negli ultimi tempi, ho avuto lunghe conversazioni Negli ultimi tempi, ho avuto lunghe conversazioni con mia cugina, che vive in Germania. Lei è alevita e ha sposato un ragazzo sunnita originario di Erzurum. Eppure, nonostante entrambi appartengano al popolo curdo, le differenze religiose sono bastate a creare muri. La famiglia del marito fatica ad accettarla, ritenendo gli aleviti culturalmente ed eticamente inferiori. Questo mi ha portato a riflettere su una dinamica universale: la tendenza dell’essere umano a costruire confini invisibili, a classificare, separare, giudicare.

Quante volte, da immigrati, ci siamo sentiti dire: “Se tutti fossero come voi, così integrati, sarebbe diverso”? Quante volte il nostro valore è stato misurato in base alla capacità di adattarci, di “assomigliare” alla cultura dominante? Ma questa non è una dinamica esclusiva delle migrazioni o della religione. Ovunque, gruppi diversi si osservano con sospetto. Il “diverso” fa paura.

Se ci spostassimo in un villaggio del Togo, del Senegal, del Congo, del Tibet, della Birmania o del Perù, troveremmo le stesse dinamiche: anche all’interno della stessa etnia, le tribù si guardano con diffidenza. Come se l’altro fosse meno degno, meno umano. È un istinto antico, quasi animale, nato dal bisogno di proteggere il proprio spazio. Ma qui nasce il paradosso: gli animali conoscono il proprio territorio e lo rispettano. Noi esseri umani, invece, non facciamo altro che invadere, appropriandoci, giudicando, alimentando paure e pregiudizi grandi come montagne.
https://www.dols.it/2025/04/16/pregiudizi-paura-e-confini-invisibili-il-difficile-cammino-dellumanita-verso-laccettazione/

⸻
    Regia di Guido Chiesa Prodotto da Iginio Straffi e Regia di Guido Chiesa
Prodotto da Iginio Straffi e Alessandro Usai
Con Micaela Ramazzotti, Edoardo Leo, Gloria Harvey, Andrea Pisani, Anna Bonaiuto
Al cinema dal 17 aprile
https://www.dols.it/2025/04/15/30-notti-con-il-mio-ex/
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