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    Dol's Magazine
    Home»Costume e società»Costruire una relazione sana: seconda parte
    Costume e società

    Costruire una relazione sana: seconda parte

    Angela CartaBy Angela Carta13/07/2017Updated:14/07/2017Nessun commento3 Mins Read
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    Nella prima parte di questo post, ho cercato di avviare una riflessione che potesse aiutare tutte noi a prevenire relazioni asfissianti e tossiche: su quali basi deve fondarsi un rapporto, perché sia sano e possa funzionare?

    Gli aspetti evidenziati in precedenza non completano di certo la lista di ingredienti necessari a costruire una relazione sana, ed ecco quindi qualche altro suggerimento.

    “Fisicità condivisa”
    Non è raro che un uomo tenti di impadronirsi con forza del corpo di una donna che sostiene di amare, ma che in realtà desidera soltanto possedere; non è raro che una donna decida di donare il proprio corpo con la convinzione che questo gesto di presunta generosità possa compiacere un uomo a tal punto da farlo cadere innamorato. Ma l’intimità può essere soltanto una scelta condivisa e consapevole, non una merce di scambio, non un modo per screditare dignità e corpo. Vuol dire sostanzialmente essere d’accordo, sapere quale direzione prenderebbe la relazione se si scegliesse di conoscersi sotto ogni punto di vista. Fisicità condivisa non vuol dire assolutamente “finché morte non ci separi”, ma “se anche tu sei d’accordo, allora possiamo farlo e vedere cosa accade”. Si stabilisce cioè un contatto che è desiderato da tutte e due le parti, con la consapevolezza che non porterà per forza ad un amore eterno, ma ad un’esperienza voluta e cercata con coscienza e consenso.

    “Parlare e sentire”
    Che è diverso da “urlare e ascoltare”. Troppe volte le relazioni si incrinano per assenza di comunicazione, ed è legittimo aspettarsi un alto livello di confidenza quando si prova a costruire una relazione. Basta tacere una volta, due, omettere una sensazione, un dubbio ed ecco che il rapporto inizia a sfilacciarsi come l’orlo di un jeans ormai logoro. Non vuol dire parlare per forza, se si è tendenzialmente solitari o silenziosi. Significa però non alzare barriere e maturare insieme. Bisogna osservare l’andamento della relazione da una prospettiva esterna, di tanto in tanto. Occorre capire quando i silenzi sono sintomo di rancore, possessività o indifferenza, per evitare di passare tutta la vita ad interpretare segnali che non sono che il campanello d’allarme di una relazione ormai sul viale del tramonto. Cito Zygmunt Bauman, che nel libro “Amore Liquido” ha scritto: “il fallimento di una relazione è quasi sempre un fallimento di comunicazione”, soprattutto quando si rinuncia al contraddittorio pur di non scatenare una tempesta. Cosa cerchi? Come ti piace vivere? Cosa desideri fare con me e oltre me? Mi lascerai libera di esprimermi senza giudicarmi? Tutte domande da porsi, da porre, per capire un po’ meglio chi abbiamo di fronte, se è disposto a comunicare.

    “Non cambiare te stessa”
    Vale tanto per le donne quanto per gli uomini. Capita di conoscere qualcuno, di essere affascinati da un certo modo di vivere, di vestire, di conversare. Si inizia a cambiare se stessi a volte senza neanche rendersene conto. L’ultimo suggerimento che si può dare è questo: mai rinunciare alla propria natura, appiattirsi per far funzionare una relazione. Come all’interno di un cerchio, si torna alla prima parte del post, quando spiegavo l’importanza di accettarsi pur se diversi. Se esistono delle differenze, perché tentare di demolirle? È molto importante cercare di vivere la conoscenza con un minimo distacco, non farsi sopraffare da un eccesso di poesia, che rischia di renderci ciechi di fronte ad evidenti elementi di incompatibilità. Quindi, assomigliarsi troppo mai, cercare di imparare gli uni dagli altri sì. Ed è vietato assolutamente diventare un tappetino per pulire le scarpe dal fango, solo per non perdere chi si ama.

     

    amore liquido comunicazione essere se stessi fisicita' relazione
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    Angela Carta
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    28 anni. Dopo due anni come operatrice di uno sportello anti-violenza e un anno di volontariato in Ungheria come youth worker, ho scelto di diventare educatrice professionale. Già specializzata in Tutela dei Diritti Umani, mi occupo oggi di HRE, violenza di genere, educazione videoludica e attività di gioco e team building.

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