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    Dol's Magazine
    Home»Vie e disparità»ANITA, un nome sinonimo di coraggio
    Vie e disparità

    ANITA, un nome sinonimo di coraggio

    DolsBy Dols22/02/2016Updated:23/02/2016Nessun commento8 Mins Read
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    Monumento-ad-anita-garibaldi
    di Linda Zennaro
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    Dedicato ad Anita Sonego, novella combattente per le cause giuste, la difesa dei diritti e la nascita dei tavoli delle donne di Milano, che festeggiano la loro 8^ plenaria il 24 febbraio 2016. Lunga vita alle Pari Opportunità anche nella prossima consigliatura!

    di Nadia Boaretto

    Chi nasce non sceglie il proprio nome. Lo fanno i genitori, di solito per ragioni affettive legate alla storia di famiglia o a personaggi immortalati di chiara fama. Anita non è un nome qualsiasi. L’equivalente italiano sarebbe Anna ed è solo in omaggio a UNA PARTICOLARE donna che il nome Anita si perpetua. Nata Ribeiro da Silva, in genere è citata con il cognome da sposata, quello di Garibaldi, ed è oggi sua pari nell’appellativo Eroina dei Due Mondi, che assomma in sé lo spirito rivoluzionario dell’America Latina e dell’Europa. Non a caso nel luogo in cui è morta ogni anno il 4 agosto viene ricordata da giovani in uniforme garibaldina che sparano a salve gridando: «In onore di Ana da Ribeiro Garibaldi!». In Romagna molte donne portano ancora il suo nome.
    Il suo giovane corpo, distrutto dalle febbri malariche e da una gravidanza trascorsa fra mille peripezie, fu sepolto inizialmente in un campo, avvolto in una stuoia di canne palustri. Nel 1859 alcuni patrioti della zona riesumarono i resti per darle più degna sepoltura, poche settimane prima dell’arrivo di Garibaldi che, accompagnato dai figli Menotti e Teresita, da Nino Bixio e da alcuni fedelissimi, era venuto a riprendere i resti della moglie per seppellirli a Nizza, non nascondendo la valenza affettiva e l’intento polemico della scelta:

    Al santuario
    Venduto de’ miei padri avranno stanza
    Le tue reliquie e d’altra donna amata
    Madre ad entrambi, adornerai l’avello!
    (da Anita di Giuseppe Garibaldi) [NOTA 1]

    Ma infine il governo italiano volle inumarla al Gianicolo, immortalandola con un monumento che la rappresenta a cavallo col figlioletto al collo. La cerimonia vide la partecipazione di decine di migliaia di persone, e delle delegazioni ufficiali di molti Paesi, tra i quali Brasile, Uruguay, Polonia, Ungheria, Francia, Grecia, Cuba e Giappone.

    Questa ricostruzione a ritroso parte dalla fine perché colpisce la giovane età: una donna della
    prima metà dell’Ottocento che muore a 28 anni per la causa dell’indipendenza italiana, pur essendo brasiliana di origine, ha tratti eroici che suscitano il rispetto per gli antichi valori, quando amor di patria significava lotta all’oppressore, libertà, indipendenza.
    Di umile estrazione, Anita condivise sempre le decisioni di José (per noi Giuseppe), il marito che aveva scelto, a quanto pare per reciproco amore a prima vista, e che, rifiutando ogni titolo e ricompensa, offrì alla sua famiglia un tenore di vita spartano, al limite della povertà.
    L’esistenza breve e avventurosa di Anita copre l’arco temporale 1821-1849. Dopo un primo precoce matrimonio con Manuel Duarte incontra Giuseppe Garibaldi, fugge con lui e lo sposa nel 1842. I loro figli si chiameranno Menotti, Rosita (morta a 2 anni), Teresita, Ricciotti.
    Di loro si sa che Menotti Garibaldi partecipa nel 1859 alla spedizione dei Mille. Riceve la Medaglia d’oro a Bezzecca nel 1866. È deputato per Velletri fino al 1900.
    Ricciotti Garibaldi combatte a Bezzecca e a Mentana. Combatte anche a Domokos per la libertà della Grecia. I suoi figli, Bruno e Costante, cadono nella battaglia delle Argonne. Il figlio Sante muore a Dachau nel 1944. Il figlio Ezio diventa generale e viene decorato durante la prima guerra mondiale. Teresita Garibaldi sposa un ufficiale garibaldino, Stefano Canzio, e avrà dodici figli [NOTA 2]
    Fine della storia?
    Certamente no. Torniamo al 1848, l’anno dei grandi rivolgimenti negli Stati europei, da cui deriva il detto “è scoppiato un quarantotto”. In tale data Anita arriva a Nizza, città natale di Giuseppe, a quel tempo ancora italiana.
    Si lascia alle spalle fughe e vittorie sudamericane, la ribellione in Brasile, la guerriglia in Uruguay.
    Ma sa di non trovarsi in una Italia unificata e pacifica. Del resto Giuseppe è tornato proprio per questo, per combattere al fianco dei patrioti, per sostenere quei Savoia che l’avevano costretto all’esilio a causa della sua appartenenza alla Giovane Italia di Mazzini.
    Anita è con lui, mai alla sua ombra, sempre a cavallo nel mezzo della battaglia. La parola arrendersi non è nel suo vocabolario. Così in Uruguay era riuscita a sfuggire al nemico benché incinta di sette mesi, poi a scampare a una nuova incursione dodici giorni dopo il parto, guidata dal destino di non sottomettersi mai.
    Nel 1849 è proclamata la Repubblica Romana, con a capo il triumvirato Mazzini, Armellini e Saffi. A Garibaldi viene proposta la carica di deputato e Anita anziché rimanere al sicuro a Nizza con i figli, decide di raggiungerlo a Roma in giugno. È incinta di quattro mesi e la Repubblica Romana scandisce già i suoi ultimi giorni, attaccata dagli eserciti spagnolo, francese e borbonico che supportano Pio IX.
    La stampa internazionale segue da vicino le imprese di Garibaldi, divenuto personaggio leggendario per i suoi infallibili successi militari. È invincibile stratega, nonché uomo integerrimo. Alexandre Dumas scrive continui articoli su di lui. In seguito pubblicherà anche la sua biografia.
    Da Dumas apprendiamo che quando Anita appare davanti a Garibaldi egli la presenta dicendo: «Questa è Anita, ora avremo un soldato in più!».
    Alla caduta della Repubblica di Mazzini, Garibaldi e le sue camicie rosse fuggono da Roma, Anita si taglia i lunghi capelli, si veste da uomo e parte a cavallo a fianco di José, che aveva pronunciato a Piazza San Pietro il famoso discorso passato alla storia: «… Io non offro né paga, né quattrini, né provvigioni, offro fame, sete, marce forzate e morte. Chi ha il nome d’Italia non solo sulle labbra ma nel cuore, mi segua». [NOTA 3]
    Gli storici affermano che Churchill, ammiratore e studioso di Garibaldi, nel discorso tenuto come primo ministro alla Camera nel 1940 durante la seconda guerra mondiale contro la Germania nazista, intendeva rendergli omaggio nel pronunciare queste parole: «Dico al Parlamento come ho detto ai ministri di questo governo, che non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore. Abbiamo di fronte a noi la più terribile delle ordalìe. Abbiamo davanti a noi molti, molti mesi di lotta e sofferenza. Voi chiedete: qual è il nostro obiettivo? Posso rispondere con una parola. È la vittoria. Vittoria a tutti i costi, vittoria malgrado qualunque terrore, vittoria per quanto lunga e dura possa essere la strada, perché senza vittoria non c’è sopravvivenza». [NOTA 4]
    Di Anita abbiamo un solo ritratto riconosciuto come autentico dal figlio, che scrisse: «Miniatura fatta eseguire da mio Padre al Pittore Gallino in Montevideo nel 1845 (…) è l’unico vero ritratto di mia Madre. Ricciotti Garibaldi». [NOTA 5]

     

    • anita2 2. Ritratto di Anita

    L’effigie ricorda il dagherrotipo del 1847 che raffigura Emily Dickinson. In entrambi i casi la scriminatura centrale divide ordinatamente i capelli in due bande, il nastrino al collo è un modesto ornamento senza fronzoli né gioielli. Era la moda del tempo e ci tramanda un sapore ottocentesco che nel caso di Anita diventa meno casalingo, più avventuroso. La immaginiamo spesso a cavallo, con il fucile imbracciato e la chioma al vento, sovente in pantaloni.
    Piace pensarla come la onorano a Ravenna (non dimentichiamo che morì nelle valli di Comacchio):

    AD
    ANITA GARIBALDI
    IN SEGNO DI IMPERITURA
    E RICONOSCENTE MEMORIA
    _____

    COMUNE DI RAVENNA
    FEDERAZIONE GARIBALDINI
    A.N.V.R.G. – G. GARIBALDI
    28 – 4 – 1985

    D’OLTRE OCEANO
    FRA CRINIERE AL VENTO
    E SCHIANTI DI FUCILI
    FU
    PER GARIBALDI
    ANITA
    PER L’ITALIA
    LA VIVENTE IMMAGINE
    DELLA LIBERTÀ

    anita3 3. Lapidi commemorative di Anita

    e anche

    PIÙ CHE NEL MARMO DEI MONUMENTI
    VIVE NEL CUORE DEGLI ITALIANI
    LA MEMORIA DI

    ANITA GARIBALDI

    MORTA IN QUESTA CASA IL 4 AGOSTO 1849
    ASSISTITA DALLA PIETÀ DEI RAVENNATI

    DA QUESTO LEMBO DI ROMAGNA
    ENTRÒ NELLA GLORIA DELLA REPUBBLICA ROMANA
    NELLA LEGGENDA DELL’EPOPEA GARIBALDINA
    NELLA STORIA DELL’ITALIA LIBERA E UNITA

    anita44. Lapide commemorativa di Anita

    Una legge federale, pubblicata in Brasile, include anche Anita Garibaldi nel Libro degli eroi della patria.
    In base al testo firmato dalla presidente della Repubblica, Dilma Rousseff, il nome di Anita sarà iscritto nel Libro, mantenuto in custodia nel Pantheon della Libertà e Democrazia, a Brasilia.
    È qui che sono «registrati eternamente i brasiliani che hanno dato la vita alla patria con dedizione ed eroismo». [NOTA 6]

     

    piazzetta-anita3

    Tre scorci di piazza Anita Garibaldi a
    Milano, in località Baggio

     

     

    piazzatta-anita

     

    piazzetta-Anita2

     

     

     

     

     

     

     

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    Dols è sempre stato uno spazio per dialogare tra donne, ultimamente anche tra uomini e donne. Infatti da qualche anno alla voce delle collaboratrici si è unita anche quella degli omologhi maschi e ciò è servito e non rinchiudere le nostre conoscenze in un recinto chiuso. Quindi sotto la voce dols (la redazione di dols) troverete anche la mano e la voce degli uomini che collaborando con noi ci aiuterà a non essere autoreferenziali e ad aprire la nostra conoscenza di un mondo che è sempre più www, cioè women wide windows. I nomi delle collaboratrici e collaboratori non facenti parte della redazione sono evidenziati a fianco del titolo dell’articolo, così come il nome di colei e colui che ci ha inviato la segnalazione. La Redazione

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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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    Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo roman Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo romanzo, L’arte della gioia, uscito dopo la sua morte (nel 1996 a 72 anni) e solo grazie alla dedizione del marito, Angelo Pellegrino. Il libro vide la luce nel 1998 presso Stampa Alternativa (e poi nel 2008 da Einaudi). Tollerata dai salotti intellettuali del tempo, dove era entrata grazie alla sua lunga relazione con il regista Citto Maselli, Goliarda Sapienza fu sempre insofferente nei confronti del mondo intellettuale e borghese. Attrice, scrittrice, donna libera, più irregolare che anticonformista, chissà cosa penserebbe dell’interesse che sta suscitando in questo periodo non solo la sua opera ma anche la sua vita.

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