di Joseph Kosinski
con Brad Pitt, Damson Idris, Kerry Condon, Tobias Menzies, Kim Bodnia e con Javier Bardem
nelle sale dal 25 giugno
Ricorda i vecchi blockbuster hollywoodiani: è costato 300 milioni di dollari e si vedono tutti, ha riprese spettacolari e un cast di grandi attori per una storia che ruota attorno a un antieroe con la bella faccia (e il ragguardevole corpo) di Brad Pitt. Magari pecco di ingenuità, perché fin dalle prime scene si intuisce come si svolgerà la vicenda, ma è piacevole godersi su grande schermo un filmone epico che promette e mantiene un onesto intrattenimento.

Brad Pitt coi suoi 61 anni portati con totale nonchalance (anche in veste di produttore) è un ex campione di Formula 1, messo ai margini dai grandi circuiti dopo un brutto incidente negli anni Novanta. Una grandiosa promessa mancata. Solitario, di poche parole, tira a campare proponendosi come pilota mercenario per qualche gara, senza badare più di tanto al prestigio della corsa. Di solito vince, di solito se ne va e ritira i soldi ma non la coppa (ne ho già una a casa, liquida chi gliela offre). Vive su un van, bagaglio leggero e una tavola da surf. Insegue l’onda e qualche volta anche i ricordi. Non si separa mai dal suo mazzo di carte da cui ne pesca una a caso per infilarsela in tasca senza guardarla ogni volta che deve fronteggiare una sfida.

Il film si apre raccontandoci subito le due vite del protagonista, il glorioso passato con l’incidente e il suo vagabondare randagio. Si chiama Sonny Hayes, fa lo scorbutico ma si capisce che nel suo petto batte il cuore di un gentiluomo e, cowboy solitario e ribelle, non può tirarsi indietro quando un vecchio amico, Ruben Cervantes (Javier Bardem sempre in parte,) diventato proprietario di un team in difficoltà, gli chiede di aiutarlo. Solo Sonny può far vincere almeno una gara alla sua APX, una scuderia decisamente sfortunata, con un pilota giovane e promettente che però è ancora a zero punti. Sulle prime Sonny nicchia, ma noi in platea lo sappiamo che all’ultimo farà la sua comparsa ai box, con la sua aria stropicciata, col sorriso sornione e con tutto il talento necessario per vincere.

Il film si snoda su due livelli, da una parte la storia di sconfitta e riscatto, tanto cara da sempre a Hollywood, dall’altra le riprese spettacolari delle corse. Io non so nulla di regole, di ruote grandi o ristrette, di equilibri di squadra, ignoro quali siano i circuiti più pericolosi e le curve della morte. Pazienza, mi sono evitata di criticare le possibili imprecisioni del film e mi sono accontentata (non è poco) di perdermi nel caos delle corse, inseguendo i protagonisti per una dozzina di Gran Premio. Riprese fatte durante le vere gare, immagino con complicazioni di tutti i tipi, prestigiosi consulenti del settore (Hamilton), ma anche feste, divertimento e sponsor a pioggia. Una produzione lunga, un paio d’anni e chissà quante migliaia di ore di riprese restituite ora in un film di due ore e mezzo dove annoiarsi è difficile.

Nel ricco piatto c’è anche una bella storia sentimentale fra il protagonista e una donna che ha un ruolo importante nella squadra. Una signora intelligente, non troppo giovane, per una storia dal retrogusto romantico, una storia fra due persone che hanno già una vita alle spalle. Ovvio che poi l’eroe se ne andrà. Potrebbe far diversamente? L’hanno disegnato così, come Jessica Rabbit, non è neanche colpa sua. Ma potrebbe tornare perché vederlo allontanarsi di spalle dopo la vittoria (inevitabile no?), con la sua sacca in spalla non ha niente di definitivo. Prima o poi potrebbe tornare.

Qualcosa sulla F 1 l’ho imparato. Non si tratta semplicemente di arrivare primi, perché c’è tutto un sofisticato gioco che coinvolge il team, i meccanici ai box e ci sono anche le strategie fra i campioni, Insomma non basta pigiare il piede sull’acceleratore e non uscire di strada alla curva, bisogna conoscere l’avversario e pensare come in una partita a scacchi. E capita che i più vecchi possono insegnare la vita ai giovani di talento ancora ostaggio di una pericolosa arroganza.

A questo punto è doveroso citare almeno alcuni dei circuiti dove si sono svolte le riprese, durante le vere gare (gli appassionati forse li riconosceranno): Monza, Silverstone circuit UK, Spa Francorchamps in Belgio, Yas Marina Circuit Abu Dhabi negli Emirati, il Circuito Suzuka Giappone, la 24 ore di Daytona. Almeno 14 week end in giro per il mondo hanno prodotto un filmone epico, debitore della Hollywood del secolo scorso.