di Anne-Sophie Bailly
con Laure Calamy, Charles Peccia-Galletto, Julie Froger
nelle sale dal 19 giugno
I francesi hanno la capacità di affrontare temi delicati, “etici”, con la giusta distanza. Riescono a non farsi travolgere dal moralismo, mantengono uno sguardo laico, tengono conto delle ragioni di tutti e non hanno mai la presunzione di dare risposte. Raccontano storie di vita vere, credibili, noi spettatori le seguiamo appassionandoci e usciamo dalla sala con tante domande. Qualcosa dentro di noi rimane, si sedimenta, continuiamo a non avere certezze, ogni arroganza si spegne e non possiamo fare a meno di riflettere.
Tanti dei temi etici del mondo contemporaneo, dall’adozione alla gravidanza per altri, dall’eutanasia alla disabilità sono così complessi che una “normativa” unica è inadeguata. Ogni vicenda è un caso a sé, forse ci vorrebbe un consiglio di saggi, come quelli di cui si raccontava nella Bibbia.

Qualche tempo fa era uscito un film molto bello e purtroppo passato inosservato La petite, di Guillaume Nicloux. Un dramma agrodolce e gentile che narrava una maternità surrogata. Fabrice Luchini scopriva che il figlio con cui non aveva più rapporti da tempo si era accordato col suo compagno per affidare a una ragazza il compito farli diventare padri. La coppia però muore in un incidente aereo.
La madre per procura è incinta, in avanzato stato di gravidanza… Con quanta attenzione e con che sguardo rispettoso il film si addentrava nella miriade di interrogativi che quella storia – possibile, più che possibile oggi – poneva.

Tutto l’amore che serve, Mon inséparable, nel titolo originale, mette in scena invece il rapporto fra Mona, una madre single con il figlio Joël, un ragazzo con disabilità cognitiva, ormai adulto. Il loro è sempre stato un rapporto strettissimo, quasi simbiotico, sono inseparabili, come la coppia di pappagallini che hanno in casa. Un rapporto così esclusivo che ha rischiato, e di fatto è successo, di tenere fuori tutto il resto del mondo. Ma dal mondo non si può prescindere, esiste e inevitabilmente ci inciampi, lo incroci, ti scontri.

Mona, brillante e piena di vita, ha dedicato la maggior parte del suo tempo al figlio, ritagliandosi con grande fatica dei sipari sentimentali, sempre complicati, spesso tenendo nascosta agli uomini l’esistenza del figlio “difficile”. Joel ha seguito un percorso positivo di integrazione e lavora, in una delle tante strutture che si impegnano per dare una vita normale anche ai più fragili. Joël è cresciuto e come tutti i ragazzi ha emozioni e turbamenti e si è innamorato di una collega, Océane, anche lei una ragazza con difficoltà. Che è incinta.
Mona scopre tutto assieme: che suo figlio è diventato un uomo e che rivendica la sua vita. Tanti sono i problemi da affrontare e c’è persino una possibile accusa di stupro da parte di Joel. Cosa fare? Potranno essere in grado due persone vulnerabili come Joël e Océane avere un bambino e gestire una vita indipendente? E che diritto hanno gli altri, la madre e la società intera, di imporre le loro visioni ai due ragazzi?

Raccontando con sguardo partecipe la vita di Mona, il film mette in tavola anche il tema dell’individualità e dell’identità, il senso della cura, i doveri della genitorialità, più in generale il grande discorso sulla libertà. Le riprese seguono l’evolversi della storia perché se all’inizio madre e figlio appaiono sempre assieme, man mano che quel rapporto simbiotico si rompe ciascuno trova un suo spazio anche cinematografico. Lodevoli i due interpreti, lo smarrito e poi sempre più consapevole Charles Peccia (che è Joël) e Laura Calamy che dà vita a una Mona palpitante. Attrice versatile, col gusto della commedia, tanti la ricorderanno nel ruolo della simpatica segretaria della serie francese Chiami il mio agente, si conferma bravissima.