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    Fino alle Montagne

    DolsBy Dols12/06/2025Updated:12/06/2025Nessun commento8 Mins Read
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    di Adriana Moltedo

    Fino alle Montagne, il film diretto da Sophie Deraspe di 51anni, una regista, sceneggiatrice, direttrice della fotografia e produttrice canadese, importante nel nuovo cinema del Quebec, racconta la storia di Mathyas (Félix-Antoine Duval), un giovane pubblicitario canadese di Montreal che un giorno decide di abbandonare la frenesia del suo lavoro e della città per seguire il suo desiderio di riscoprire la natura e diventare pastore nel Sud della Francia.

    Sophie Deraspe è nota per un documentario del 2015 The Amina Profile e ha scritto, diretto e girato Antigone , ispirato alla morte di Fredy Villanueva avvenuta a Montreal nel 2008 e liberamente adattando l’opera di Sofocle , affermando che la storia di una donna che sfida la legge per qualcosa di più grande la toccava e desiderava aggiornarla. Il film, con Nahéma Ricci , è stato presentato in anteprima al Toronto International Film Festival del 2019 e ha vinto il premio del festival come miglior film canadese . Antigone è stata scelta per rappresentare il Canada nella corsa agli Oscar del 2019.

    Un adattamento contemporaneo dell’opera di Sofocle , Antigone , nel 2019 scritto, montato e diretto da Deraspe, ha rivisitato il mito in una storia di una ragazza di sedici anni e tre fratelli immigrati a Montreal, in Canada, con la nonna dopo l’omicidio dei genitori. Quando la polizia uccide il fratello maggiore e l’altro fratello è minacciato di deportazione, Antigone lotta per salvare ciò che resta della sua famiglia.

    Questo ultimo lungometraggio è un film di montagna.

    Mathyas arrivato in Provenza senza alcuna esperienza, si trova ben presto a fare i conti con la dura realtà del mestiere e con le prese in giro degli abitanti del posto. Per loro, Mathyas è solo un ragazzo di città viziato che si è trasferito per capriccio. Il giovane è costretto a rivedere le sue idee e ridimensionare le proprie aspettative.

    L’incontro con Élise (Solène Rigot), una giovane impiegata che decide di lasciare il suo posto fisso per unirsi a lui, dà una nuova prospettiva al progetto di Mathyas, restituendogli fiducia in se stesso e nei suoi sogni. 

    Insieme, dopo aver ottenuto l’affidamento di un gregge di pecore, intraprendono il viaggio della transumanza attraverso i suggestivi paesaggi montuosi delle Alpi di Provenza, dove dovranno affrontare sfide e incontrare nuove persone, guidandoli verso un modo di vivere autentico e semplice tra le montagne.

    Ispirato al romanzo autobiografico di Mathyas Lefebure, D‘où viens-tu, berger? del 2006.

    Fino alle Montagne è il racconto di una scelta di cambiare vita, passando dalla frenesia di una grande città ai silenzi e al ritmo della natura.

    “Il mio cervello invia segnali che rallentano il mio cuore e ho paura che si fermi” – scrive in una lettera un giovane Mathyas che ha deciso di congedarsi da un’esistenza vuota e noiosa per reinventarsi in un altrove che diventerà un luogo dell’anima.

     Che sia un sognatore o un filosofo vagabondo, Mathyas ha grande coraggio, perché prova a uscire dalla sua comfort zone per realizzare il desiderio di diventare pastore. Fino alle Montagne di Sophie Deraspe racconta la sua rinascita, e lo fa con poesia e partecipazione, tra fattorie e verdi pascoli dove le pecore girano come il sole assecondando il ritmo delle stagioni. Interpretato da Félix-Antoine Duval e Solène Rigot,

    Le storie vere hanno sempre un grande fascino, anche perché, più delle vicende inventate ci portano a identificarci con i loro protagonisti e a “sentire” come loro. 

     La trasformazione a cui Mathyas Lefebure è andato incontro non è però da considerarsi una fuga romantica, ma un doloroso atto di rottura con un mondo sempre più alienante e dominato dalla logica del profitto. 

    Fino alle Montagne narra questo cambiamento senza idealizzarlo, trasmettendo allo spettatore la tensione tra il desiderio di libertà e le paure legate all’ignoto. 

    E tuttavia bisogna osare.

    L’evoluzione a cui va incontro Mathyas è graduale e, solo nel momento in cui l’uomo accompagna un gregge in montagna insieme a Elise, si rende conto di cosa significhi essere un pastore. 

    Proprio per questo Sophie Deraspe si è mossa con la giusta grazia e delicatezza, prestando attenzione ai più piccoli dettagli e cogliendo, con la sua macchina da presa, anche i silenzi e i gesti, lasciando insomma spazio alla contemplazione dei paesaggi e del ciclo della vita. 

    La sua regia è sincera ed empatica e, senza rinunciare a una narrazione incalzante e coinvolgente, evita ogni forma di spettacolarizzazione gratuita, in accordo con una sceneggiatura scritta insieme allo stesso Mathyas Lefebure. 

    C’è grande verità in Fino alle Montagne, e a dare ancora più autenticità al racconto è la presenza di attori non professionisti, tra cui veri pastori e contadini, spesso induriti dal trascorrere degli anni e dalle insidie di un mestiere in balia della sorte. Per un pastore, perdere anche una sola pecora significa sconfitta e umiliazione, anche se dipende da qualcosa che non si può controllare.

    Le montagne dell’Alta Provenza non sono soltanto uno sfondo, una cornice, ma diventano un altro personaggio del film. Mathyas si confronta con questo favoloso scenario, benevolo ma allo stesso tempo aspro se non addirittura violento, perché esistono i predatori, le avversità climatiche, la durezza delle salite e il perenne rischio di epidemie tra gli animali. 

    Mathyas raggiunge l’agognato paradiso che è meta della transumanza, ed è là che entra in simbiosi con il gregge, abbracciando con lo sguardo il panorama mozzafiato e abbandonandosi al ritmo della terra e al respiro del vento. 

    In queste meravigliose sequenze, Sophie Deraspe riesce a far vivere allo spettatore un’esperienza sensoriale totalizzante: attraverso l’uso sapiente della luce naturale, splendide panoramiche e una sapiente resa dei suoni della natura. Con il bel tempo e con la pioggia, siamo sempre con Mathyas, Elise e le 800 pecore di cui si prendono cura insieme a un fedele cane-pastore, che si è congiunto ai due strada facendo

    “Un giorno scriverò il mio manuale del pastore” – dice fra sé e sé Mathyas all’inizio della sua avventura esistenziale, che potremmo certamente considerare un romanzo di formazione. Il protagonista (e attraverso di lui il film) si interroga su cosa significhi un ritorno alla natura, per rendersi conto che il suo nuovo lavoro, legato com’è alla vita e alla morte, è metafora di un’esistenza più concreta. 

    Sophie Deraspe, inoltre, riflette sulla fine del pastoralismo e fa dire a un anziano pastore: “L’agricoltura industriale ha distrutto tutto”. Fino alle Montagne sposa l’ecologismo, mettendo l’accento sulle pericolose conseguenze del riscaldamento globale, vera e propria minaccia per la terra e i suoi frutti. Infine il film denuncia la crisi di valori del mondo globalizzato, compreso il suo consumismo esasperato. Il film, in questo senso, ci ricorda che viviamo in una società “liquida”.

    Allo stesso modo di Mathyas Lefebure, Sophie Deraspe è andata nel Sud della Francia e sulle Alpi, come lei stessa ha raccontato:

    “Ho voluto vedere – ha dichiarato la regista, – il mondo dei pastori, degli allevatori, il rapporto con la terra e le mandrie, ascoltarlo, assaporarlo, mettere i miei sensi al lavoro per essere in grado di renderlo nella sceneggiatura e nel film. Fin dall’inizio, ho pensato, e questo è stato confermato durante uno dei nostri più importanti sopralluoghi, che più lasciavamo che la realtà penetrasse nella finzione, più autenticità avremmo ottenuto dalle riprese.”

    Per la sceneggiatura la regista ha chiesto aiuto a Mathyas Lefebure, che ha detto:

    “Abbiamo fatto un viaggio nel paese delle pecore, in Francia, dove avevo scritto il libro, esplorando le location per le riprese, ed ero combattuto tra la mia identità di pastore e la mia identità di co-sceneggiatore. È stato un viaggio magnifico.” 

    Il film sa parlare al cuore degli spettatori, di qualsiasi paese essi siano, il che ci porta ancora una volta a dire che davvero i temi trattati sono universali, così come il senso di pace misto a stupore che trasmettono, a chi li sa “ascoltare”, compresi i grandi spazi fra la volta celeste e la terra.

    Dopo essere stato presentato al Toronto International Film Festival 2024, dove ha vinto il premio per il Miglior Film Canadese, Fino alle Montagne ha avuto la sua anteprima nazionale al 73° Trento Film Festival 2025, dove è stato molto apprezzato come mirabile esempio di cinema di montagna. 

    moltedo-film

    Adriana Moltedo

    Esperta di cinematografia con studi al CSC Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, Ceramista, Giornalista, Curatrice editoriale, esperta di Comunicazione politico-istituzionale per le Pari Opportunità. Scout.

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