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      Sara, Chiara, Sophie e le altre: l’allarme atti persecutori

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    Costume e società

    Sara, Chiara, Sophie e le altre: l’allarme atti persecutori

    Alexia Di FilippoBy Alexia Di Filippo09/05/2025Updated:09/05/2025Nessun commento5 Mins Read
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    Lo stalking è un reato ed un grave abuso contro la donna che lo subisce, la quale rischia oltretutto, concretamente, di essere fatta oggetto di forme di violenza più gravi sino all’atto tragico del femminicidio, come mostrano le terribili recenti vicende di Sara Campanella e Chiara Spatola, soppresse cruentemente dai loro persecutori, nel caso di Chiara coinvolgendo anche il suo fidanzato cui è stata tolta egualmente la vita.

    Lo stalking, termine che deriva dall’inglese to stalk, tampinare, descrive comportamenti reiterati di irruzione e molestia nella vita di una persona che determinano in lei ansia e paura tali da causarne il cambiamento dello stile di vita e la compromissione del benessere psicologico.

    Può considerarsi stalking: le comunicazioni ripetute e moleste con la vittima, come inviarle o farle trovare nei luoghi della sua quotidianità messaggi o tracce del proprio passaggio, effettuare pedinamenti, assumere informazioni su come organizza il proprio tempo, minacciarla più o meno velatamente assieme ai suoi cari, ma anche danneggiarne le proprietà, diffamarla e aggredirla verbalmente.

    Tali atti persecutori sono annoverati tra i reati sentinella della violenza di genere che risultano tra l’altro in aumento, come evidenziato nel report relativo all’anno 2024 “8 marzo Giornata internazionale della donna”, redatto quest’anno dal Servizio analisi criminale della Direzione centrale Polizia criminale.

    Ma allora perché le ragazze dei due casi citati e più in generale le donne che subiscono stalking tendono a non denunciare la situazione alle autorità competenti?

    Le più giovani hanno tipicamente difficoltà a decrittare certi comportamenti, specie se di “molestia generica”, come anticipatori di qualcosa di più grave e possono nutrire l’illusoria sicurezza di poterli gestire persuadendo chi li attua ad interromperli.

    Le ricerche indicano che spesso la vittima di stalking è talmente spaventata da paralizzarsi temendo ulteriori conseguenze negative dopo la denuncia.

    Ciò è particolarmente vero per quelle donne che escono da un legame abusante e quindi, quando inizia la persecuzione, sono già fiaccate dai maltrattamenti psicologici e non solo che hanno subito durante la relazione. Questo causa un deficit della capacità di lettura della situazione di pericolo che stanno vivendo e di autodeterminazione nel porre in atto quei comportamenti di protezione, di cui il più importante è sporgere denuncia.

    Non infrequentemente poi, quando a stalkerizzare è un ex partner, magari padre dei figli, la donna finisce per soprassedere rinunciando ad autotutelarsi o addirittura ritirando la denuncia a seguito di repentini quanto classici ed improbabili pentimenti accompagnati da enfatiche richieste di perdono del persecutore.

    In altri casi entra in giocoun senso di vergogna che deriva dal fenomeno del victim blaming riservato alla donna nella nostra società, per cui le viene attribuita la responsabilità di ciò che subisce.

    Circa questi due ultimi aspetti, paradigmatica è la vicenda della modella Sophie Codegoni di 23 anni, che ha denunciato per stalking il suo ex compagno cui la Cassazione ha recentemente imposto il divieto di avvicinamento e l’uso del braccialetto elettronico.

    A seguito del suo recente intervento alla trasmissione televisiva “Le Iene”, in cui Sophie ha raccontato quella discesa all’inferno che comporta l’esperienza di una relazione tossica e l’incubo della persecuzione che comincia quando chi l’ha vissuta in posizione di sudditanza si sottrae al controllo del partner dominante, si sono letti svariati commenti social stigmatizzanti le sue dichiarazioni, di donne, per giunta.

    Questo è il risultato della misoginia interiorizzata dalle donne stesse cresciute a pane e stereotipi di genere, manipolate a tal punto da essere le prime sostenitrici dell’asservimento in cui vivono generato da un pensiero retrivo di origine patriarcale che purtroppo è stato trasmesso, ricerche alla mano, anche ai più giovani.

    Per questo certo femminile non solo non conosce sorellanza, ma detesta chi si sottrae alla violenza di genere, normalizzando quella che è anche una odiosa forma di discriminazione che impedisce alla donna di godere dei propri diritti su una base di parità con l’uomo.

    Cosa si può fare per cambiare lo status quo e soprattutto per prevenire altre tragedie? Divulgare, informare, creare consapevolezza e rispondere ai tanti interrogativi, per non parlare di dilemmi, che ragazze e donne hanno quando cominciano a respirare certe atmosfere di arbitrio e/o a subire comportamenti abusanti financo persecutori.

    Da tanti anni mi occupo di questo nei media, sui social, come curante e promotrice di eventi dedicati alla prevenzione e contrasto della disparità e della violenza di genere.

    Questo sabato, dopo il significativo riscontro del precedente seminario che ho condotto a marzo alla biblioteca Lambrate, torno a Milano per un nuovo intervento e confrontarmi con voi su un tema così urgente e centrale quale è il nesso tra le relazioni tossiche e la violenza di genere.

    Vi aspetto sabato 10 maggio alle ore 15 presso la biblioteca Calvairate per l’evento dal titolo “Pensavo fosse amore e invece era un Malessere”, a ingresso libero.

    Desidero concludere il mio scritto con una indicazione accorata alle ragazze e alle donne che stanno subendo maltrattamenti o atti persecutori e non sanno come comportarsi: denunciate immediatamente ogni episodio di molestia, prima lo farete e con maggiore tempestività verranno poste in atto dalle autorità le misure di tutela che possono salvarvi la vita, fatevi sorreggere dalla rete familiare/amicale di cui disponete e chiedete l’intervento di una/o Psicoterapeuta esperta/o in queste dinamiche che sappia intervenire sul trauma, in modo da essere sostenute e da elaborare correttamente le conseguenze spesso impedenti degli abusi.

    E a quelle che hanno paura di venire colpevolizzate ricordo il magnifico esempio di Gisèle Pelicot che si è esposta in Francia dopo le gravi violenze che le ha inflitto il marito. Riteneva infatti fosse il solo modo di agire affinché la vergogna cambi campo e venga restituita a chi certi atti li compie e non più addossata a chi li subisce.


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    Alexia Di Filippo
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    Dr.ssa Alexia Di Filippo Psicologa, Psicoterapeuta Laurea con lode in Psicologia dello Sviluppo ed Educazione nel 1997. Iscritta all’Albo degli Psicologi dal 1999. Psicoterapeuta specialista in Self Analisi Bioenergetica e Psicologia Clinica Strategica. Conduttrice diplomata di classi di esercizi bioenergetici. Consulente per la Asl RM D in Progetti di Promozione della Salute e Prevenzione del disagio Psichico che hanno interessato centinaia di adolescenti delle Scuole superiori del Distretto. Coordinatrice di Progetti di Prevenzione del rischio ambientale che hanno coinvolto migliaia di bambini, ragazzi e personale docente di scuole elementari e medie del Comune di Roma. Ricercatrice nell’ambito di una vasta indagine epidemiologica sugli incidenti avvenuti in tutti gli ambienti di vita della ex VI Circoscrizione del Comune di Roma. Docente in corsi sul controllo dei rischi ambientali rivolti ad educatori di asili nido. Docente di Educazione stradale in corsi per alunni di scuola superiore. Autrice di articoli specialistici per la Rivista della Protezione Civile DPC informa. Consulente di équipe bariatrica per la valutazione ed il trattamento dei disturbi alimentari. Ideatrice e Docente di due metodi registrati per il benessere psicocorporeo pubblicati su Rivista Scientifica, che sono stati scelti per eventi accademici relativi alla Giornata dello stile di vita 2019 e alla Giornata mondiale dell’obesità 2020. La sua professionalità viene spesso richiesta per approfondimenti in trasmissioni radiofoniche e televisive, come anche in incontri con il pubblico presso Enti culturali, per la promozione del benessere psicocorporeo, la prevenzione del disagio psichico ed il contrasto alla violenza di genere. Cura una rubrica di psicologia in cronaca per un quotidiano universitario online. Svolge attività di educazione, prevenzione e di corretta informazione in ambito psicologico sui social. Esercita la libera professione di Psicoterapeuta a Roma e a distanza.

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E’ assolutamente da vedere il nuovo film di Steven Soderbergh intitolato Black Bag – Doppio gioco, con Cate Blanchett stupenda, simbolo della lussuosa coolness londinese e Michael Fassbender, gelido, impeccabile, finanche cinico, Arabela, Tom Burke, Naomie Harris, Pierce Brosnan e Regé-Jean Page, scritto dal geniale David Koepp.
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C’è tanto materiale inedito, filmati casalinghi e sorprendenti registrazioni telefoniche di conversazioni intime e di lavoro di Yoko Ono e John, che aveva preso (un po’ paranoicamente) l’abitudine di registrare le telefonate, per difendersi da potenziali accuse. E in effetti rischiò di essere espulso dal Paese.
    “ALBUM PER PENSARE E NON PENSARE”. Dialogo con “ALBUM PER PENSARE E NON PENSARE”. Dialogo con Mariangela Gualtieri sul suo ultimo, magico libro.

Un libro che sorprende l’ultimo lavoro editoriale di Mariangela Gualtieri .
Poetessa, drammaturga, attrice, personaggio unico per sensibilità e grazia nel mondo culturale e teatrale italiano che stavolta ci stupisce facendoci ritornare tutti un pò bambini con un volume di grande formato fatto di rime e disegni da colorare.
Un gioiello per chi desidera donarsi momenti di lentezza e libera immaginazione.
Inizia proprio con il mio scoprire questo gioioso suo ultimo lavoro il dialogo con Mariangela , gentile e disponibile come sempre , in una intervista che non può non toccare anche i grandi temi del tempo complesso che viviamo.
“ALBUM PER PENSARE E NON PENSARE”. Dialogo con Mariangela Gualtieri sul suo ultimo, magico libro.

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Poetessa, drammaturga, attrice, personaggio unico per sensibilità e grazia nel mondo culturale e teatrale italiano che stavolta ci stupisce facendoci ritornare tutti un pò bambini con un volume di grande formato fatto di rime e disegni da colorare.
Un gioiello per chi desidera donarsi momenti di lentezza e libera immaginazione.
Inizia proprio con il mio scoprire questo gioioso suo ultimo lavoro il dialogo con Mariangela , gentile e disponibile come sempre , in una intervista che non può non toccare anche i grandi temi del tempo complesso che viviamo.
    Mariangela Gualtieri Mariangela  Gualtieri
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    Rare, se non addirittura inesistenti, sono le stat Rare, se non addirittura inesistenti, sono le statue dedicate a storiche figure femminili in Torino. Per tentare di ovviare all’inconveniente, ben poco in linea con la contemporanea visione “woke” che ha condizionato persino i film della Disney, si sta per approntare un’opera dedicata alla Marchesa Giulia il cui il busto all’età di 27/28 anni è già stato studiato dallo scultore Gabriele Garbolino Rù. Ha ritrova il volto di Giulia nei molti ritratti giovanili che però ispiravano serietà e concentrazione. Lo scultore afferma: «Siamo partiti dall’idea di dare un volto svecchiato alla Marchesa.» Gloss immagina che sia per facilitare l’identificazione degli adolescenti di oggi nei valori propugnati dai Marchesi.

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Ti sei divertita con i giochi proposti? Ti sei ritrovata a fare acrostici e anagrammi mentalmente, magari mentre eri in coda dal medico o al supermercato? Non riesci più a sentire una parola senza ricercare sinonimi e contrari? Ti devi trattenere dal dire a voce alta la frase dell’acrostico appena senti un nome? La tua penna è bella calda e le parole stanno uscendo frizzanti dal letargo?

Adesso che hai sgranchito la penna e le idee, è il momento di creare qualcosa che potrà essere anche breve ma sicuramente più significativo dei semplici giochi linguistici. Lasciati suggestionare dalle citazioni e ispirare dai suggerimenti. Sperimenta con stili e generi diversi, e non aver paura di esprimere la tua creatività o le tue stranezze. Cosa aspetti? Scrivi!
    Viviamo in un mondo dove troppo spesso il bisogno Viviamo in un mondo dove troppo spesso il bisogno di sottomettere l’altro prevale sul desiderio di incontrarlo. L’essere umano, illuso di essere superiore, continua a esercitare la sua necessità di dominio, dimenticando il significato profondo di parole come umiltà, equità, umanità, uguaglianza. E proprio perché questi valori sono diventati rari, siamo costretti a ribadirli, a insegnarli, a difenderli.
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    Da Picasso a Wothol aTorino https://abbonamentomu Da Picasso  a Wothol aTorino https://abbonamentomusei.it/mostra/forma-e-colore/
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    CHERASCO PIEMONTE CHERASCO PIEMONTE
    Tra pregiudizi di genere e grande determinazione Tra pregiudizi di genere e grande determinazione

Cambiare vita, dare spazio ai propri desideri e fare quello che davvero ci piace è il sogno di molti,
ma realtà per pochi. Lo conferma l’analisi di Hays Italia in collaborazione con Serenis, il 40% degli
intervistati non è per nulla contento della propria condizione lavorativa e il 60% pensa con
regolarità a un cambio radicale della propria esistenza.

https://www.dols.it/2025/04/16/francesca-rizzo-imprenditrice-di-successo-a-bali/
    Negli ultimi tempi, ho avuto lunghe conversazioni Negli ultimi tempi, ho avuto lunghe conversazioni con mia cugina, che vive in Germania. Lei è alevita e ha sposato un ragazzo sunnita originario di Erzurum. Eppure, nonostante entrambi appartengano al popolo curdo, le differenze religiose sono bastate a creare muri. La famiglia del marito fatica ad accettarla, ritenendo gli aleviti culturalmente ed eticamente inferiori. Questo mi ha portato a riflettere su una dinamica universale: la tendenza dell’essere umano a costruire confini invisibili, a classificare, separare, giudicare.

Quante volte, da immigrati, ci siamo sentiti dire: “Se tutti fossero come voi, così integrati, sarebbe diverso”? Quante volte il nostro valore è stato misurato in base alla capacità di adattarci, di “assomigliare” alla cultura dominante? Ma questa non è una dinamica esclusiva delle migrazioni o della religione. Ovunque, gruppi diversi si osservano con sospetto. Il “diverso” fa paura.

Se ci spostassimo in un villaggio del Togo, del Senegal, del Congo, del Tibet, della Birmania o del Perù, troveremmo le stesse dinamiche: anche all’interno della stessa etnia, le tribù si guardano con diffidenza. Come se l’altro fosse meno degno, meno umano. È un istinto antico, quasi animale, nato dal bisogno di proteggere il proprio spazio. Ma qui nasce il paradosso: gli animali conoscono il proprio territorio e lo rispettano. Noi esseri umani, invece, non facciamo altro che invadere, appropriandoci, giudicando, alimentando paure e pregiudizi grandi come montagne.
https://www.dols.it/2025/04/16/pregiudizi-paura-e-confini-invisibili-il-difficile-cammino-dellumanita-verso-laccettazione/

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