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    Home»Costume e società»Cultura»Film»Il quadro rubato
    Film

    Il quadro rubato

    Erica ArosioBy Erica Arosio27/04/2025Updated:27/04/2025Nessun commento3 Mins Read
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    Un film di Pascal Bonitzer

    con  Alex Lutz, Léa Drucker, Nora Hamzawi, Louise Chevillotte

    nelle sale dall’8 maggio

    Succede sempre più raramente di vedere un film che ti apre il cuore, senza essere sdolcinato e che non ha bisogno di far leva sui “facili, abusati, buoni sentimenti”. Un film che non gioca sull’ansia (come accade per troppe serie televisive). Un film dove il mondo, pur rappresentato con tutte le sue contraddizioni, non è così brutto come spesso ci troviamo a pensare. Un film con personaggi che fanno i conti con i loro difetti, ma dove, alla fine, a vincere è il lato positivo dell’esistenza. Insomma un film che racconta una bella storia con al centro belle persone. Che sollievo! Un film dove se in una scena sul finale il ciglio ti si inumidisce non ne provi imbarazzo e anzi sei contenta. Quasi orgogliosa. Perché forse anche tu credi nelle belle persone.

    Siamo nel mondo delle case d’asta, che mette in capo milioni nel sofisticato, competitivo mercato internazionale delle opere d’arte. André è il banditore di una di queste e ogni istante della sua vita, anche in privato, è toccato dalla raffinatezza del suo mestiere. Al suo fianco da poco c’è Aurore, una stagista spigolosa che l’uomo cerca di domare, senza riuscirci. La ragazza è sveglia e ribelle, bugiarda anche quando dice l’ora, con un passato tutto da scoprire. Un giorno André riceve una lettera e già questo è strano in un’epoca dove tutti usano le mail o i social. La mittente è un’avvocata che vorrebbe la sua consulenza: nella casa di un giovane operaio è stato ritrovato un dipinto che potrebbe essere di Egon Schiele.

    Scettico, André chiede aiuto alla collega e ex moglie Bertina. Anche se non ci credono, anche se la possibilità che il dipinto sia davvero di Schiele è quanto mai remota, sarà un falso, ripetono fra loro, la coppia si reca a Mulhouse, dove si trova la tela. 

    Screenshot

    L’intreccio si arricchisce, la famiglia ha scoperto il quadro nella casa che ha ottenuto con l’acquisto di una (sudata) nuda proprietà. Si tratta di gente semplice, pulita, con pochi mezzi, una madre sfiancata dalla vita e il figlio, un operaio dall’anima pura a cui toccano in fabbrica i turni di notte. Persone molto più limpide di tutti gli avvoltoi che popolano il mercato internazionale dell’arte, universo quanto mai lucroso se sai farci. E spesso i guadagni arrivano a chi non si fa scrupolo di usare ogni mezzo, anche quelli al limite del lecito.

    La storia del ritrovamento de “I girasoli”, un dipinto di Egon Schiele disperso nel 1939 nel caos delle spoliazioni naziste e delle distruzioni della cosiddetta “arte degenerata” è vera, anche se ovviamente nel film è stata romanzata e i veri protagonisti sono stati protetti. L’adattamento è ben fatto, perché la cronaca si amplia, muovendosi dal passato al presente. Non solo, ma con intelligenza e rigore il film prende spunto dalla vicenda per interrogarsi su temi profondi. Dal valore dell’arte al senso di un’opera, dall’importanza della storia e della memoria all’etica individuale.

    I tre protagonisti, André, l’ex moglie e la stagista sono ben delineati, con tutte le loro fragilità e le inaspettate generosità messe a fuoco. Molto bravi gli attori, tutti duttili e in grado di giocare su diversi registri, passando credibilmente dal dramma all’ironia. Le scelte che compiono non sono mai scontate, i percorsi emotivi mai lineari e il risultato finale è di grande ricchezza e garbo. Consigliatissimo.

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    Erica Arosio

    Erica Arosio, milanese, una laurea in filosofia, giornalista, scrittrice, critico cinematografico, è mamma di due figli meravigliosi, Mimosa e Leono. è stata a lungo responsabile delle sezioni cultura e spettacolo del settimanale «Gioia» e ha curato per vari anni la rubrica cinema di «Radio Popolare». Autrice di una biografia su Marilyn (1989 Multiplo, poi 2013 Feltrinelli Real cinema, in cofanetto con il dvd «Love, Marilyn»), ha collaborato a varie testate, fra cui «la Repubblica» e «Il Giorno». Nel 2012 esce il suo primo romanzo, “L’uomo sbagliato” (La Tartaruga, poi Baldini & Castoldi, 2014). Con Giorgio Maimone scrive una serie di gialli ambientati nella Milano degli anni 50 e 60: “Vertigine” (Baldini & Castoldi, 2013), “Non mi dire chi sei”, “Cinemascope” , “Juke-box” e il racconto “Autarchia” nell’antologia “Ritratto dell’investigatore da piccolo” (tutti per Tea), “Macerie” (2022, Mursia), “Mannequin” (2023, Mursia) Sempre con Giorgio Maimone ha scritto “L’Amour Gourmet” (Mondadori, 2014), un romanzo sentimentale ambientato nella Milano degli anni Ottanta, il mémoire sul ’68 “A rincorrere il vento” (2018, Morellini) e i gialli ambientati in Liguria “Delitti all’ombra dell’ultimo sole” (2020, Frilli) e “La lista di Adele” (2021, Frilli). A gennaio 2024 è uscita l’audioserie originale Faccia d’angelo, storia di Felice Maniero e della mala del Brenta, disponibile sulle principali piattaforme. E’ autrice di ”Carne e nuvole” (Morellini, 2018) una raccolta di 101 racconti brevi e della favola ”La bambina che dipingeva le foglie” (Albe edizioni, 2019). Ha pubblicato diversi racconti in antologie collettive ed è fra gli autori in Delitti di lago 3, 4 e 5 (Morellini editore).

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    Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare barriere e confini, ai cambiamenti, alla PACE.
Protagoniste di una sfida femminile secolare che nessuna guerra potrà negare. Nessun futuro potrà prescinderne.

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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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    Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo roman Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo romanzo, L’arte della gioia, uscito dopo la sua morte (nel 1996 a 72 anni) e solo grazie alla dedizione del marito, Angelo Pellegrino. Il libro vide la luce nel 1998 presso Stampa Alternativa (e poi nel 2008 da Einaudi). Tollerata dai salotti intellettuali del tempo, dove era entrata grazie alla sua lunga relazione con il regista Citto Maselli, Goliarda Sapienza fu sempre insofferente nei confronti del mondo intellettuale e borghese. Attrice, scrittrice, donna libera, più irregolare che anticonformista, chissà cosa penserebbe dell’interesse che sta suscitando in questo periodo non solo la sua opera ma anche la sua vita.

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Lo studio delle lingue straniere alimenta la curiosità e stimola la voglia di apprendere in molte discipline anche ben diverse, soprattutto se sostenute da una capacità imprenditoriale. Questo lo dimostra la storia qui di seguito riportata di Marialuisa Portaluppi da noi intervistata.
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