Disagio social(e): dal culto del malessere al calippo tour, le nuove maschere della disparità di genere.
Negli ultimi tempi su TikTok, il social preferito dai minori, si osservano due fenomeni allarmanti: il culto del malessere ed il calippo tour, che mostrano chiaramente come la piattaforma si configuri quale amplificatore della disparità di genere spacciata per amore passionale nel primo caso e come forma di emancipazione femminile nel secondo.
La questione posta dalle due tendenze è molto seria, sia in considerazione dell’idea che se ne fanno i più piccoli che non hanno del tutto sviluppato il necessario senso critico per decrittarle e categorizzarle, sia perché tanti, troppi adolescenti vivono con genitori che hanno abdicato alla mission educativa e dunque percepiscono i social quale riferimento, sovente aberrante, su cui orientarsi per comprendere il mondo e da cui prendere esempio.
Si potrà dunque anticipare il rischio emulazione di comportamenti disfunzionali, riprovevoli e rischiosi soprattutto perché quanto diventa virale, a fronte della spettacolarizzazione generale del deteriore, è al contempo esaltato ma anche banalizzato e pericolosamente sottovalutato.
Ma analizziamo le due fattispecie singolarmente: il culto del malessere prevede da parte delle ragazze la scelta sbandierata, preferenziale ed adorante di un partner che agisce comportamenti di gelosia, possessività, controllo e coercizione all’interno della relazione a due che vengono interpretati dalle giovani quali manifestazioni di passionalità e di interesse nei loro confronti, mentre costituiscono il campanello di allarme della tossicità di una relazione.
Questo tipo di narrazione non solo favorisce la trasmissione orizzontale di stereotipi di genere e sulla violenza che già è avvenuta tra le generazioni, ma romanticizza la sudditanza femminile nel rapporto normalizzando comportamenti chiaramente abusanti che la cronaca mostra regolarmente come anticipatori di aggressioni fisiche che possono divenire brutali, sino all’atto finale e tragico del femminicidio.
Il calippo tour è stato l’escamotage estivo di una ragazza poco più che ventenne, presto accompagnata da una sua amica ed imitata da altre ragazze che offrono, previo candidatura, sesso orale a ragazzi/uomini maggiorenni al fine di produrre video che verranno caricati sul loro profilo OnlyFans.
C’è chi ha parlato di scaltra operazione di marketing, di acuta strumentalizzazione dell’hating che si è riversato su di loro, per diventare famose e monetizzare, ma dal punto di vista di chi vi parla, che si occupa di promozione della salute mentale, prevenzione del disagio psichico in età evolutiva nonché della violenza di genere da 25 anni, le criticità urgenti sono molteplici:
- La normalizzazione agli occhi dei minori di quelle che sono a tutti gli effetti due forme di sex working, con i numerosi rischi che comportano:
– relativamente all’integrità fisica, perché quella che prevede il contatto reale col fruitore del servizio espone le ragazze all’interazione con estranei che potrebbero rivelarsi violenti, nonché alla possibilità di contrarre malattie sessualmente trasmissibili.
– per la salute mentale, derivanti dall’ottenere notorietà collocandosi in una nicchia stritolante quale quella del porno ed operare su una piattaforma non esente da rischio di furto dei contenuti che poi è quasi impossibile rimuovere dal web a causa dei meccanismi di replicazione della rete, con l’eventualità di essere fatte oggetto di shitstorm ricavandone un danno di immagine che tipicamente è causa di grave disagio esistenziale e sofferenza psicologica, come mostrano gli studi e la cronaca. Senza contare gli esiti traumatici di esperienze comuni come subire stalking ed altre forme di abuso.
- L’ esaltazione di un femminile cui vengono attribuiti gli aggettivi di furbo, addirittura intelligente, perché sfruttando i dettami di una società che tutto sacrifica sull’altare dell’audience e del denaro raggiunge una notorietà ed un guadagno che si basa sull’oggettivarsi, l’autoggettivarsi ed il vendersi, che vengono promossi orgogliosamente e spacciati per emblemi di emancipazione.
Invece no. Niente di nuovo sotto un desolato sole all’ombra del quale si consuma la più gattopardesca delle dinamiche: il voler dare l’impressione del capovolgimento di tutto senza che sia cambiato, nella sostanza, assolutamente nulla.
Infatti, dal culto del malessere, uomo tradizionalmente maschilista, dai tradizionali comportamenti abusanti, a quello dell’oggetto del desiderio in grado di raggiungere la fama ed il benessere economico passando per il favore maschile, siamo di fronte a versioni 2.0 del vecchio retrivo che avanza e che si vorrebbe ristrutturare abilmente facendolo passare per altro.
Un becero, insopportabile inganno mascherato da novità, che si cerca di camuffare come si fa con un piatto avariato che si rimesta, si ritrita e si rimischia a colorate salse e sempre più rancido e venefico diviene.
Regina della casa, nutrice\ fidanzata\ moglie\ madre dipendente dal marito/compagno e magnifica preda sessualmente appetibile pronta all’uso dell’uomo, sono stereotipi di genere affibbiati alla donna dalla notte dei tempi che l’hanno resa schiava della validazione maschile e relegata in una posizione di sudditanza.
La vera emancipazione femminile non potrà che realizzarsi con la libera e usuale espressione di ciò che la donna può trasmettere in quanto persona, travalicando il ruolo di cura, di decorazione e di oggetto sessuale.
Questo non dobbiamo mai stancarci di trasmettere alle ragazze cui vengono proposti modelli sbagliati e false narrazioni su cosa sia l’indipendenza, affinché non vengano manipolate e frenate nel cammino verso la parità di genere.
Le problematiche che emergono dal mondo virtuale vanno considerate con la massima attenzione e trattate possibilmente nel contesto social, in modo da raggiungere le adolescenti con meno mezzi ed opportunità, facendo sì che tra loro si crei e venga promossa una nuova consapevolezza che certi fenomeni costituiscono le luccicanti trappole della disparità di genere da cui devono guardarsi e/o liberarsi.
Perché come ha detto Audre Lorde “Non sarò libera finché ogni donna non sarà libera, anche se le sue catene sono molto diverse dalle mie”.
E le catene di tante giovanissime di oggi si chiamano apparenza, mistificazione, popolarità ed oggettivazione.