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    Home»Costume e società»Cultura»Film»Povere creature – recensione di Erica Arosio
    Film

    Povere creature – recensione di Erica Arosio

    Erica ArosioBy Erica Arosio05/02/2024Updated:14/03/2024Nessun commento5 Mins Read
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    povere creature-erica-
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    di Erica Arosio

    E se le immagini non bastassero a rendere l’idea di quanto sia lussureggiante il film di Lanthimos, ecco qui la mia recensione:Il mio nome è Bella Baxter. Potreste pensare a me come a una Frankenstein al femminile, perché sono il risultato di un azzardato esperimento scientifico del genere molto in voga nell’Ottocento, quando gli scienziati imitavano Dio. E in effetti il mio creatore si chiama Godwin, che in italiano possiamo tradurre come colui che ha vinto con Dio. Mi piace anche essere
    immaginata come qualcosa di diverso: una donna allo stato di natura, un novella Emile alla Rousseau che guarda al mondo con sguardo limpido, un Candide voltairiano al femminile, aliena da ogni convenzione, priva di tabù che scopre se stessa e il mondo, diventando una donna incantevole.

    Questa dichiarazione nel magnifico film di Yorgos Lanthimos manca, ma la sua protagonista interpretata da una Emma Stone da Oscar (se lo meriterebbe davvero) potrebbe tranquillamente pronunciarla assieme a tanto altro perché Povere creature! È un film di tale ricchezza da rendere difficile una recensione esaustiva. Mi verrebbe voglia di dirvi soltanto: correte a vederlo! Sedetevi in poltrona, nella più bella sala cinematografica della vostra città e lasciatevi trasportare nell’universo visionario del film che ha vinto il Leone d’oro a Venezia e ha conquistato 10 nomination per i prossimi Oscar. Il mondo che vedrete è stordente, assomiglia a quello reale ma al tempo stesso è completamente reinventato. Passerete, seguendo l’eroina nel suo viaggio di formazione, da Londra a Lisbona, da Alessandria d’Egitto a Parigi. Ogni città pur ricordando quelle reali, si trasforma e sembra sul punto di liquefarsi perché ogni costruzione, ogni ambiente prende l’aspetto instabile di un palazzo di Gaudì, una pura fantasia barocca contaminata dall’Art Nouveau e arricchita da dettagli tecnologici e scientifici.

    In fondo il padre di Bella è un medico sperimentatore che dà vita a creature fantastiche, delicate, improbabili chimere nate dalla fusione di specie diverse perché Godwin gioca con la vita. Non c’è l’ossessione della verosimiglianza storica e con grande libertà creativa nel passato irrompono anche tecnologie e sguardi contemporanei in sintonia con l’estetica steampunk. Ma al di là di ogni analisi critica, la forza del film sta soprattutto in Emma Stone, nella sua presa di coscienza, nella sua costante trasformazion. Quando appare sullo schermo è più simile a un automa settecentesco che a un essere senziente e ricorda certi giochi meccanici di moda ai tempi.

    Il film si apre in una Londra vittoriana, quella dei romanzi gotici, di Jack lo Squartatore, della fede cieca nel positivismo e nell’onnipotenza della scienza. Il dottor Godwin è esso stesso un mostro e porta sul volto i segni dei crudeli esperimenti compiuti su di lui dal padre che, se lo hanno reso un uomo di scienza, lo hanno anche privato di molto, compresa la possibilità di generare, carenza compensata dall’ossessione di crearla quella vita che gli è negato trasmettere. Così quando gli procurano il cadavere di una giovane donna pescato dalle acque del Tamigi, riesce a riportarla in vita innestando in lei il cervello del feto che portava in grembo.

    Ecco dunque Bella che rinasce al mondo, donna e neonata, costretta a imparare tutto, dalle funzioni primarie al linguaggio. All’inizio i suoi abiti sono pesanti come un’armatura e rigidi, la ingabbiano e la limitano, man mano che il suo percorso si compirà si faranno sempre più striminziti e leggeri, fino a diventare nel finale eterei. Bella è Frankenstein ma anche Alice nel paese delle meraviglie e ancora innocente donna in bocciolo pervasa dalla ferrea logica empirica che le ha trasmesso Godwin. Conoscerà il mondo, prima prigioniera nella dimora del suo creatore, affidata alle cure amorevoli di un giovane assistente, poi conquistata da un affascinante dongiovanni avventuriero che la rapirà, infine sola, impietosita dai poveri e dalle ingiustizie del mondo, scoprirà il socialismo ma anche la sessualità in tutte le sue declinazioni in una casa di piacere parigina.Inevitabile, come per ogni eroe, il ritorno a casa per Bella, arricchita da una nuova consapevolezza e indomita coscienza femminista.

    Bella possiede una limpida purezza che niente può intaccare, i suoi ragionamenti sono razionali e disarmanti perché non tengono conto di nessuna convenzione, le sue reazioni sono spiazzanti, le sue risposte lapidarie, anarchiche e libere, le interazioni col mondo frizzanti. Se si trattasse solo della scoperta della sessualità in un’epoca in cui la morale imponeva di coprire anche le gambe dei tavoli e ogni impulso femminile veniva represso arrivando anche alle mutilazioni, saremmo di fronte a una lettura ideologica che Lanthimos invece fin da subito respinge, lanciandosi nella costruzione di un universo spericolato, servito dalla sua protagonista che lo segue e al tempo stesso si impone, sorprendendoci in ogni fotogramma.

    Devo forse concludere dicendo che il film mi è piaciuto? Inutile, vero? Mi è rimasta la curiosità di leggere il romanzo (1992) dello scrittore scozzese Alasdair Gray che, pare, dopo una passeggiata a Glasgow con Lanthimos, convinto, gli abbia dato via libera per portare sullo schermo il suo libro. Di sicuro molto cambiato. E che bravi poi gli scenografi Shona Heath e James Price candidati all’Oscar per una delle 11 nomination del film. Le altre sono: film, regia, attrice protagonista, attore non protagonista (Mark Ruffalo, l’avventuriero), sceneggiatura non originale, montaggio, fotografia, costumi, trucco e acconciature. Se la vedrà con Oppenheimer e Scorsese e lunga vita al buon cinema. Ah, piccola aggiunta: Emma Stone (come sempre più spesso le attrici americane) è anche nella produzione. Brava

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    Erica Arosio

    Erica Arosio, milanese, una laurea in filosofia, giornalista, scrittrice, critico cinematografico, è mamma di due figli meravigliosi, Mimosa e Leono. è stata a lungo responsabile delle sezioni cultura e spettacolo del settimanale «Gioia» e ha curato per vari anni la rubrica cinema di «Radio Popolare». Autrice di una biografia su Marilyn (1989 Multiplo, poi 2013 Feltrinelli Real cinema, in cofanetto con il dvd «Love, Marilyn»), ha collaborato a varie testate, fra cui «la Repubblica» e «Il Giorno». Nel 2012 esce il suo primo romanzo, “L’uomo sbagliato” (La Tartaruga, poi Baldini & Castoldi, 2014). Con Giorgio Maimone scrive una serie di gialli ambientati nella Milano degli anni 50 e 60: “Vertigine” (Baldini & Castoldi, 2013), “Non mi dire chi sei”, “Cinemascope” , “Juke-box” e il racconto “Autarchia” nell’antologia “Ritratto dell’investigatore da piccolo” (tutti per Tea), “Macerie” (2022, Mursia), “Mannequin” (2023, Mursia) Sempre con Giorgio Maimone ha scritto “L’Amour Gourmet” (Mondadori, 2014), un romanzo sentimentale ambientato nella Milano degli anni Ottanta, il mémoire sul ’68 “A rincorrere il vento” (2018, Morellini) e i gialli ambientati in Liguria “Delitti all’ombra dell’ultimo sole” (2020, Frilli) e “La lista di Adele” (2021, Frilli). A gennaio 2024 è uscita l’audioserie originale Faccia d’angelo, storia di Felice Maniero e della mala del Brenta, disponibile sulle principali piattaforme. E’ autrice di ”Carne e nuvole” (Morellini, 2018) una raccolta di 101 racconti brevi e della favola ”La bambina che dipingeva le foglie” (Albe edizioni, 2019). Ha pubblicato diversi racconti in antologie collettive ed è fra gli autori in Delitti di lago 3, 4 e 5 (Morellini editore).

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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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