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    Home»Costume e società»Cultura»Libri»La bambina di Odessa
    Libri

    La bambina di Odessa

    Maria Giovanna FarinaBy Maria Giovanna Farina06/12/2022Updated:06/12/2022Nessun commento6 Mins Read
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    La bambina di Odessa: recensione e intervista all’autrice Tiziana Ferrario

    bambina-di-odessaLa bambina di Odessa (ChiareLettere), è un romanzo, il racconto di una storia vera che ha colpito nel profondo la città di Milano, una vicenda che è diventata nazionale. È la storia di Lidya Buticchi Franceschi, madre di Roberto Franceschi morto nel 1973 sotto i colpi sparati dalla Polizia durante una assemblea studentesca alla università Bocconi di Milano. L’autrice, Tiziana Ferrario, giornalista e conduttrice che è stata inviata della Rai, ha raccontato con uno stile scorrevole, emozionante e coinvolgente la vita di Lidya, nata ad Odessa e figlia di un esule italiano perseguitato dal fascismo, una bambina che la vita ha messo subito duramente alla prova rendendola orfana di madre a pochi giorni dalla nascita e privata dell’amato padre a soli dodici anni. Lidya non si è mai arresa, è vissuta in orfanotrofio, ha lavorato per mantenersi agli studi ed al tempo stesso è stata staffetta partigiana. E poi l’amore sbocciato con un colpo di fulmine per Mario che diventa marito e padre di Roberto e Cristina, i suoi amati figli. Una bella famiglia che è vissuta felice fino al brutto giorno in cui Roberto muore tragicamente. Lydia non si è mai arresa ed ha affrontato il processo, i depistaggi, le bugie di Stato: Lydia è stata una madre straziata dalla morte di un figlio, ma attraverso la Fondazione che porta il suo nome e creata con il risarcimento dello Staro, ha reso immortale Roberto e l’impegno civile di un giovane la cui morte ne ha spezzato non solo la vita, ma i sogni e gli obiettivi. Una storia tragica che la Ferrario, che è stata allieva di Lydia Franceschi, espone con il risultato di lasciare una traccia profonda nella memoria della nostra Nazione. Una vita, un impegno, quella di Lidya che non possiamo e non dobbiamo dimenticare. Mnemosyne, la musa della memoria per gli antichi Greci, dà agli uomini il potere di ricordare, una metafora quindi che vive nel nostro profondo capace di farci riflettere sulla necessità del potere della memoria per non cadere nell’oblio, un potere in questo caso spinto dall’altra forza immortale l’amore, l’amore per un figlio.

    Tiziana, come ha influenzato la sua vita di adolescente, che ha avuto come docente la signora Franceschi alla scuola media, e poi come donna e giornalista, la vicenda che narra nel suo libro La bambina di Odessa? Storia di una madre coraggiosa, Lidya Buticchi Franceschi, e di un figlio speciale, Roberto Franceschi.

    Lydia Buticchi Franceschi non era una di quelle professoresse che passano senza lasciare il segno, ogni volta che entrava in classe era una ventata di energia. Pretendeva molto da noi, che studiassimo ma ci insegnava anche a vivere nel mondo, a guardarci con curiosità, a non attraversare la vita con indifferenza ed è per questo che è stata una professoressa che mi è rimasta sempre nel cuore, che negli anni ho seguito nella sua grande battaglia giudiziaria per la verità e per la giustizia. Ho continuato a incontrarla anche negli ultimi anni. Ci ha trasmesso il valore della dignità, il valore della libertà e dell’impegno.

    Come è giunta alla decisione di scrivere la storia usando la formula della narrazione?

    Ho pensato che la storia di Lydia Buticchi Franceschi valesse la pena di essere raccontata anche fuori da Milano perché è una storia che in città si conosce, la sua grande battaglia per chiedere verità su chi avesse ucciso suo figlio è stata seguita con grande attenzione però è una storia che ha anche un valore nazionale. Lei è stata una staffetta partigiana, le sue battaglie sono state fatte in nome della Costituzione; ho deciso di raccontare la sua storia sotto forma di romanzo proprio per poter arrivare a un pubblico più vasto. Il romanzo è più facile da leggere rispetto a un saggio e quindi l’idea era di far conoscere anche al resto d’Italia la storia di Lydia perché è la storia di una donna coraggiosa che ha contribuito alla storia del suo Paese.

    Lei ha raccontato Lydia Franceschi e ciò che le è accaduto regalando al lettore grandi emozioni, imprimendo su carta la vita di una donna con la quale è importante mettersi in relazione e con la possibilità di trovare la forza di affrontare la nostra stessa vita. Cosa può trasmettere alle nuove generazioni che come noi non hanno vissuto quel periodo della nostra storia?

    I valori di Lydia sono valori sempre attuali, il suo punto di riferimento da donna che ha combattuto anche la Resistenza è sempre stata la Costituzione ed è sempre stato quell’articolo 3, siamo tutti uguali e abbiamo tutti pari diritti, nessuna discriminazione. Sono valori che devono guidare ancora oggi le nuove generazioni, Lydia rappresenta quello che è stata la storia delle donne nel nostro Paese e quello che deve essere anche l’impegno delle nuove generazioni perché Lydia aveva un cruccio e lo ha lasciato nei tanti scritti. Ce n’è uno in cui lei si dispiace che ancora nel nostro Paese non sia stata raggiunta quella parità per la quale le donne hanno combattuto anche nella Resistenza, non volevano più quell’immagine di donna imposta dalla dittatura fascista, che fosse solo moglie, madre e fattrice per la Patria. Combattere contro il fascismo significava anche combattere per i diritti delle donne e Lydia era delusa perché quella tanto sospirata parità in realtà non era stata raggiunta, parla in uno di questi scritti di una nuova Resistenza che ha dovuto attuare dopo la Seconda guerra mondiale, non solo per la grande battaglia di verità per conoscere gli assassini di suo figlio ma anche per la parità femminile, le donne devono continuare a fare la loro Resistenza per riuscire ad aver riconosciuti i loro diritti in questo Paese, diritti che vengono sanciti dalla Costituzione ma che nella realtà ancora non sono stati realizzati.

    Ho avuto il piacere di conoscere ed incontrare Lydia in più occasioni, anche per questa ragione sono lieta di contribuire alla diffusione di questo romanzo i cui proventi andranno interamente alla Fondazione Franceschi

     

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    Maria Giovanna Farina
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    Maria Giovanna Farina si è laureata in Filosofia con indirizzo psicologico all’Università Statale di Milano. È filosofa, consulente filosofico, analista della comunicazione, formatrice e autrice di libri per aiutare le persone a risolvere le difficoltà relazionali. Nei suoi saggi e romanzi ha affrontato temi quali l’amore, la musica, la violenza di genere, la filosofia insegnata ai bambini, l’ottimismo, la libertà, la relazione con gli animali da compagnia e col cibo. Pioniera nel campo delle pratiche filosofiche, nel 2001 ha fondato Heuristic Institution dove si è dedicata, in collaborazione con il filosofo Max Bonfanti, anche alla ricerca di metodi e strategie da applicare alla risoluzione delle difficoltà esistenziali attraverso il TFAR (trattamento fenomenologico delle aree relazionali) da loro ideato. È creatrice della rivista on line “L’accento di Socrate”, scrive su varie riviste ed è intervenuta ed interviene in Radio e TV. Ha tenuto incontri e conferenze sulla violenza di genere a scuola e presso associazioni, taluni sponsorizzati da Regione Lombardia e patrocinati da vari Comuni italiani. Con un gruppo di studiosi ha chiesto, ottenendolo, alla Treccani.it di inserire la parola nonviolenza in un’unica forma verbale. Studiosa di relazioni, il suo sito è www.mariagiovannafarina.it

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    Caterina Della Torre

    torre.caterinadella

    Redattora del sito internet www dols.it

    Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare barriere e confini, ai cambiamenti, alla PACE.
Protagoniste di una sfida femminile secolare che nessuna guerra potrà negare. Nessun futuro potrà prescinderne.

https://www.dols.it/2025/06/09/donne-di-pace-e-di-guerra/
    https://www.dols.it/2025/06/06/la-solitudine-dei-n https://www.dols.it/2025/06/06/la-solitudine-dei-non-amati/

La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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