Educazione sentimentale contro la violenza

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L’educazione sentimentale contro la violenza è un importante strumento da mettere in campo fin dall’infanzia, si tratta di dare l’esempio mostrando la presenza nella nostra vita dell’amore, del volersi bene reciproco a partire da quello dei genitori: i primi riferimenti fondamentali di ogni figlio.

ho-messo-le aliNella seconda edizione di Ho messo le ali (Rupe Mutevole), libro entrato nella bibliografia delle mie conferenze e seminari contro la violenza che aiuta a raggiungere non solo l’emancipazione ma anche la parità, ho voluto dare spazio in modo esplicito nell’introduzione ad un aspetto della violenza che è bene non scordare. Una premessa è d’obbligo per non creare fraintendimenti: desidero sottolineare il mio impegno nel promuovere la parità tra i generi. Affermo a questo riguardo di non essere femminista perché non mi piacciono gli ismi, ritengo il termine femminista l’opposto di maschilista. Pur riconoscendo il movimento femminista degli anni sessanta come sacro, degno di rispetto, un contributo irrinunciabile all’emancipazione femminile a cui mi inchino, credo ci si debba render conto che ora non è più il momento delle contrapposizioni ma è tempo di dialogo. Un dialogo che ci possa condurre a quella parità completa, reale, fattiva e per questa ragione è necessario andare avanti nel denunciare e segnalare, questo è il mio compito insieme all’educare alla nonviolenza, ogni forma di violenza sulle donne.

Ci sono donne in ogni ambito, senza esclusioni alcune, che hanno vissuto la stessa situazione delle dive di Hollywood, prede del ricattatore sessuale e per questo bisognose della stessa eco mondiale. Sono lavoratrici dotate di talento ma schiacciate da ricattatori sessuali seriali che imperano ancora, ancora e ancora…! Sono uomini abituati a chiedere sesso in cambio di un posto di lavoro, di un incarico, della possibilità di fare carriera. Sono uomini che a vario titolo detengono il potere, quello di decidere se devi andare avanti o rimanere nella zona d’ombra. Sono uomini che se non ci stai si vendicano mettendoti in cattiva luce, ti fanno credere di essere una incapace e che l’altra, quella che ci sta, è più brava, più dotata e per questo raggiunge un posto avanti a te. Questo meccanismo perverso distrugge la buona considerazione di sé: non ci si deve così solo difendere dal ricatto sessuale, che è subire una pesante umiliazione e veder distrutto il proprio essere ridotto ad un oggetto di baratto, ma è violenza psicologica, è stalking, è mobbing, è tentativo spesso riuscito di plagio. Una donna in queste condizione avverte la sgradevole sensazione di essere una nullità: si sente sola, incapace di non sprofondare in un baratro di alienazione. Una donna in queste condizione deve farci promuovere un nuovo movimento di denuncia globale, senza scordare che ormai il ricatto sessuale è rivolto anche, seppur in numero decisamente inferiore, ai maschi. Sottovalutare questo comportamento è un’azione di leggerezza in quanto tutte le forme di violenza, compresa questa che può essere agita anche dal compagno di vita, se lasciate libere conducono con maggiore facilità al femminicidio. . Lo fa perché è geloso, si dice, sì, è vero, è vittima di una forma di gelosia che è espressione di quel potere che viene meno. Lei vuole essere libera, l’amore è libertà, lui nega la possibilità che la sua donna sia libera di lasciarlo perché è geloso di quell’indipendenza che lei sta riconquistando. E lo chiamano delitto passionale, se è vero per certi versi che in questa situazione il termine passione è pertinente anche se nella sua accezione negativa, dobbiamo, per giustizia verso le vittime, per ovviare ad ogni possibile confusione e per liberare la cultura da un maschilismo retrivo riformulare con “Delitto del potere perduto”.

L’educazione ai sentimenti significa mostrare l’importanza dell’aver cura dell’amore, vuol dire sensibilizzare precocemente a considerare l’amore come modalità di vivere in armonia con gli altri, la violenza impedisce il realizzarsi di questa visione del mondo così come le sterili contrapposizioni. Lottare non vuol dire considerare tutti come nemici, è fondamentale invece riconoscere gli uomini che amano e rispettano le donne come nostri compagni di viaggio.

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Profilo Autore

Maria Giovanna Farina

Maria Giovanna Farina si è laureata in Filosofia con indirizzo psicologico all’Università Statale di Milano. È filosofa, consulente filosofico, analista della comunicazione, formatrice e autrice di libri per aiutare le persone a risolvere le difficoltà relazionali. Nei suoi saggi e romanzi ha affrontato temi quali l’amore, la musica, la violenza di genere, la filosofia insegnata ai bambini, l’ottimismo, la libertà, la relazione con gli animali da compagnia e col cibo. Pioniera nel campo delle pratiche filosofiche, nel 2001 ha fondato Heuristic Institution dove si è dedicata, in collaborazione con il filosofo Max Bonfanti, anche alla ricerca di metodi e strategie da applicare alla risoluzione delle difficoltà esistenziali attraverso il TFAR (trattamento fenomenologico delle aree relazionali) da loro ideato. È creatrice della rivista on line “L’accento di Socrate”, scrive su varie riviste ed è intervenuta ed interviene in Radio e TV. Ha tenuto incontri e conferenze sulla violenza di genere a scuola e presso associazioni, taluni sponsorizzati da Regione Lombardia e patrocinati da vari Comuni italiani. Con un gruppo di studiosi ha chiesto, ottenendolo, alla Treccani.it di inserire la parola nonviolenza in un’unica forma verbale. Studiosa di relazioni, il suo sito è www.mariagiovannafarina.it

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