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    Home»Pari opportunità»i DIRITTI DELLE DONNE»In attesa di un vento di tempesta
    i DIRITTI DELLE DONNE

    In attesa di un vento di tempesta

    Marta AjòBy Marta Ajò27/10/2019Updated:27/10/2019Nessun commento6 Mins Read
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    genere parità
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    Fallimenti e conquiste delle donne in questo Paese, come nel resto del mondo, si sono scontrati, alternati, annullati e riproposti nel corso del secolo passato e di questi decenni.

    L’incipit potrebbe suonare così:

    “Sono una donna, una delle tante,  che da moltissimo tempo, forse troppo, lavora, si confronta, si spende, ragiona con le donne e per le donne.
    Uguaglianza, libertà e rispetto sono gli ingredienti che mi alimentano.
    Non sono nata con lo schema di “uguaglianza” nel mio DNA perché ero uguale a tutti al momento del parto. 

    Per imprevisti della vita mi sono poi ritrovata in un mondo adulto che non riconosceva le mie qualità, la mia professionalità, il mio impegno ma solo o prevalentemente il mio corpo.

    Per poco ma abbastanza, fui  considerata nient’altro che una donna a cui chiedere obbedienza e servigi. Forse allora è cominciata la mia riflessione di genere ed  ancora oggi non si esaurita.

    E proprio il fatto che io sia in una riflessione permanente sui tanti perché “la condizione delle donne” non abbia smesso di essere una “questione irrisolta”,  mi indica in modo inequivocabile che qualcosa simile al fallimento di un progetto in cui ho creduto e per il quale ho lottato, mi stia provocando lacerazione e perplessità”.

    Immagino che le lettrici che, iniziato questo testo abbiano continuato a leggere, sappiano  benissimo di cosa parlo per il quale motivo non mi perdo a fare né dietrologia storica (non se ne può più) né un’elencazione di dati e cose dell’oggi (idem).

    Fallimenti e conquiste delle donne in questo Paese, come nel resto del mondo, si sono scontrati, alternati, annullati e riproposti nel corso del secolo passato e di questi decenni.

    La “complessità” di genere mostra molteplici aspetti e pone molti interrogativi sul “da farsi” della politica.
    Le risposte date non hanno ottenuto sempre i risultati sperati e non hanno avviato fino in fondo quel cambiamento che si era ipotizzato negli anni del “sogno femminista”.

    Ci sono stati momenti entusiasmanti, esaltanti ma anche faticosi e depressivi e in questo lungo periodo solo una cosa non è cambiata: il malessere delle donne.

    Sono passati decenni e dopo le proteste di piazza si sono succedute analisi approfondite, proposte, impegno sul territorio e in ogni altro luogo accessibile.
    La certezza di essere coprotagoniste, necessarie,  utili e pertanto indispensabili non è mai venuta meno ma certo dover verificare che, a distanza di 40 e più anni ci si ritrovi ancora a formulare le stesse denunce-richieste non incoraggia .

    Affermano, specie le giovani generazioni, che oggi la condizione della donna sia cambiata.

    Ad esempio, è certo è che oggi le donne nel mercato del lavoro sono più numerose ma in questi cambiamenti graduali il divario di genere ha mantenuto il suo trend e le distanze restano impari.  Non è particolarmente migliorata la qualità del lavoro, la retribuzione, la salvaguardia della parità ecc.

    Dopo le storiche date del divorzio, l’aborto e l’importante nuovo diritto di famiglia che avrebbero dovuto contribuire a modificare  ruoli e prospettive, non si sono riscontrati cambiamenti sostanziali.

    Quelle leggi che apparentemente sembravano conquiste per le donne, in realtà andavano a favorire entrambi i generi e forse solo per questo è stato possibile ottenerle con il loro consenso.

    Le dinamiche familiari hanno mantenuto la responsabilità  di accoglienza e sostegno quasi a totale carico delle donne ( i servizi  mancavano allora come oggi).

    La cultura di massa mantiene e perpetua stereotipi antichi, imbastarditi ulteriormente da un pessimo uso degli strumenti collettivi di formazione e informazione.

    La stessa intelligenza artificiale, l’uso delle tecnologie, hanno esportato-importato- rafforzato la differenza di genere nel modo più riduttivo e strumentale possibile.

    E’ inutile sottolineare che tutta questa cultura mediale, pensata da team composti principalmente da uomini, per essere effettivamente considerata diversa dovrebbe essere ripulita di tutti i pregiudizi che l’hanno preceduta.

    L’ulteriore  utilizzo-sviluppo di immagini deviate attraverso i social, la rappresentazione riduttiva  del corpo della donna (bambole gonfiabili ecc.)e delle sue capacità imprenditoriali (influencer ecc.) fa pensare alla difficoltà di un riposizionamento paritario di genere anche in scenari futuri.

    Parlare oggi della necessità di una “politica femminista” stona.
    Solo per fare un esempio ricordiamo le “azioni positive” messe in moto alla fine degli anni ’80 nelle imprese che assumevano dipendenti donne.  Dovevano essere un passaggio transitorio per un cambiamento verso la parità nel mercato del lavoro ma non ha prodotto i risultati per i quali fu elaborata. Lo stesso si può dire delle quote rosa, del rispetto del 50/50 di rappresentanza ecc.

    Forse, per cambiare,  c’è bisogno che nell’aria spiri vento di tempesta. Che spazzi via i residui delle polveri.

    Finora gli schieramenti di genere si sono  fronteggiati secondo regole antiche, piccoli scontri, brevi tregue, periodi di pace. Attacchi, appostamenti,  guarnigioni, condottieri e una buona dose di fortuna. Una battaglia di genere con poche armi ma con la forza del pensiero. Risultati incerti.

    Sconfitte sul terreno nemico ma anche per la debolezza di quello amico. 

    Disperse nel tempo ora qui ora là, attivata la difesa di poche postazioni, le donne hanno creduto che  avrebbero potuto essere diverse.

    Come muoversi dunque in questa nuova, forse ultima, fase per la riscossa?


    La politica di questi ultimi anni ha insegnato molte cose.
    La capacità gattopardesca di singoli, partiti e alleanze fanno testo. Leadership personalizzate, malpreparate. Ignoranza del passato storico e dei bisogni presenti. Una mancata cultura istituzionale. La lontananza dalla cittadinanza e dal territorio.

    La fase della “rottamazione” non ha ricostruito ma mantenuto cattedrali di potere.

    Non si può essere peggio ne meno. Basta essere differenti.


    Le donne, forse esauste di lottare ad armi impari, hanno cercato finora di fare il possibile per essere accettate. E’ avvenuto anche o soprattutto nei luoghi della politica.

    Dove  hanno taciuto senza tentare di incidere minimamente nelle politiche dei loro partiti, silenziate quando hanno cercato di prendere la parola, invisibil

    Ma ci sono alternative?

    Le forze delle donne, variamente impegnate,  sono numerose e sparse su tutto il territorio e, se non guidate da un progetto comune,  rischiano di sovrapporsi e disperdersi, intenete solo al mantenimento di un etereo status.
    Non solo sui territori ormai; anche nel web la presenza di spazi femminili sono talmente numerosi da annullare ogni ipotesi di novità.
    Infine tanti, troppi soggetti, non ne fanno un’interlocutore.


    Gli spazi di riflessione, specie su come tramutare il pensiero in azione,  la debolezza in forza, la dispersione in organizzazione sono ancora aperti ma è necessario, salvo perdere un’altra occasione, trovare la sintesi che non  vanifichi la peculiarità e la qualità di questa alleanza politica.

    Un’alleanza che non debba esprimere solo una o più leadership ma il ruolo che il “genere-donna-persona” debba avere nel vicino-prossimo futuro.



    conquiste fallimenti
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    Marta Ajo
    Marta Ajò
    • Website

    Marta Ajò, scrittrice, giornalista dal 1981 (tessera nr.69160). Fondatrice e direttrice del Portale delle Donne: www.donneierioggiedomani.it (2005/2017). Direttrice responsabile della collana editoriale Donne Ieri Oggi e Domani-KKIEN Publisghing International. Ha scritto: "Viaggio in terza classe", Nilde Iotti, raccontata in "Le italiane", "Un tè al cimitero", "Il trasloco", "La donna nel socialismo Italiano tra cronaca e storia 1892-1978; ha curato “Matera 2019. Gli Stati Generali delle donne sono in movimento”, "Guida ai diritti delle donne immigrate", "Donna, Immigrazione, Lavoro - Il lavoro nel mezzogiorno tra marginalità e risorse", "Donne e Lavoro”. Nel 1997 ha progettato la realizzazione del primo sito web della "Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità" della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il quale è stata Editor/content manager fino al 2004. Dal 2000 al 2003, Project manager e direttrice responsabile del sito www.lantia.it, un portale di informazione cinematografica. Per la sua attività giornalistica e di scrittrice ha vinto diversi premi. Prima di passare al giornalismo è stata: Consigliere circoscrizionale del Comune di Roma, Vice Presidente del Comitato di parità presso il Ministero del Lavoro, Presidente del Comitato di parità presso il Ministero degli Affari Esteri e Consigliere regionale di parità presso l'Ufficio del lavoro della Regione Lazio.

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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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