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    Appunti di un cacciatore di mosche di D. Voliani

    Appunti di un cacciatore di mosche – cap. XII e fine

    DolsBy Dols23/07/2019Nessun commento6 Mins Read
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    micio
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    “Ti manca solo la parola”. É quello che ho detto al mio gatto, Pakum, il giorno che, al  rientro dalla Croazia, dove mio marito ed io avevamo trascorso le ferie, ci ha accolti con un  entusiasmo tale da farci temere che ci rimanesse secco.

     

    precedente

    di Deborah Voliani
    Ecco, vi ho raccontato un po’ della mia vita.

    Sono un micione felice che vive in una famiglia altrettanto felice.

    A questo punto dovrei congedarmi da voi e un po’ mi dispiace.  

    Mettere per iscritto i miei pensieri e  i miei sentimenti, l’ho trovata un ‘esperienza interessante e molto positiva.

    Parlare con voi mi ha dato l’opportunità di fare luce sulle cose che per me contano veramente.

    Man mano che scrivevo, mi sentivo intimamente gioioso e soprattutto grato alla vita che mi permette di vivere tante esperienze e tante storie affascinanti.

    Volevo lasciare qualcosa di me per quando non ci sarò più. (Questo Deborah non vuole sentirmelo dire. Lei pensa che  vivrò in eterno. Quando fantastica con Giuliano su quando saranno anziani, aggiunge sempre “… e Pakum avrà la barba bianca”.

    Glielo lascio credere, anch’io vorrei che fosse così.

    Ci tengo a precisare una cosa. Parlando di Giuliano e Deborah, spesso gli ho chiamati i miei padroni. A tal proposito, sento di dover fare una precisazione.

    Con il termine padrone, in genere, si intende dominatore assoluto che comanda e basta, ma, da come la vedo io, sarebbe ingiusto pensare che loro siano per me dei semplici comandini.

    Tutt’altro. Entrambi si stanno prendendo cura di me ed io sono al sicuro sapendo di avere affidato la mia vita nelle loro mani.

    Il vero padrone di casa semmai sono io. Servito e riverito, non faccio praticamente niente di faticoso. Vivo per amare ed essere amato e spero che sarà così ancora per molto tempo.

    Un momento… scusate.

    Ecco che ci risiamo. Deborah vuole giocare a nascondino, mi sta facendo gli agguati da dietro la porta di camera sua. Vi devo lasciare davvero. Il dovere mi chiama.

    A proposito, se vi state chiedendo se n’è valsa la pena mettere in piazza le mie più intime emozioni invece di essere in cucina a mangiare i croccantini.

    Ebbene, io dico… secondo me, sì.

    Miao e a presto.

    Considerazioni finali

     

    “Ti manca solo la parola”. É quello che ho detto al mio gatto, Pakum, il giorno che, al  rientro dalla Croazia, dove mio marito ed io avevamo trascorso le ferie, ci ha accolti con un  entusiasmo tale da farci temere che ci rimanesse secco.

    Il suo miagolio, come un fiume in piena, rompeva il silenzio della casa, rimasta per molti giorni suo esclusivo territorio.

    Anche per noi è sempre un piacere rivederlo. Ci capita spesso, anche in vacanza, di parlare di lui, cercando di immaginare le sue giornate da solo.

    Vi racconto la scena del nostro rientro a casa.

    Apriamo la porta. Pakum è già lì che ci aspetta. Appena ci vede, per un attimo, pare non riconoscerci, eppure siamo solo un po’più abbronzati. Ci fissa. Ha le orecchie ritte e la coda alzata. É silenzioso al momento, forse frastornato.

    Il tempo di posare le valigie per terra e lo prendo subito in braccio e da quel momento comincia a miagolare.

    Mi avvicino alla cucina e vedo che le ciotole sono piene di cibo, quindi penso subito che non mi sta chiedendo da mangiare, come fa di solito.

    Lo accarezzo e lui fa le fusa, ma non c’è niente da fare. Pakum non mette fine al suo monologo.

    Continua a miagolare.

    Mi accorgo che il suo miagolio non è sonoro come sempre, bensì leggero, sussurrato, interrotto da piccole pause. Come se mettesse le virgole e i punti, insomma.

    Poi ho capito. A modo suo, ci stava parlando.

    Pakum era semplicemente felice di rivederci e questo era il suo modo di dimostrarcelo.

    Allora ho deciso di ascoltarlo e così è nato questo racconto.

    Dovevo solo sintonizzarmi sulla sua lunghezza d’onda e non è stato difficile per me. Quando vivi per molti anni con un peloso, arrivi anche a capirti con uno sguardo.

    Ho cercato allora di entrare nella sua testolina e, sbirciando nella sua mente, mi sono molto divertita. Immaginando i suoi pensieri, ho scoperto un  mondo fantastico, dove la realtà si confonde spesso con la fantasia.

    Nei suoi giochi immaginari, sono tornata bambina, ed ho riso così tanto, che è stato, per me che scrivevo, quasi terapeutico.

    Ho ritrovato quella spensieratezza che con gli anni un po’ si perde. Mi ha fatto bene, insomma.

    Quando poi sono entrata nel suo cuore, mi sono commossa davvero.

    Vi ho trovato tanto amore, sincero, spontaneo, autentico.

    Mi ha colpita in modo particolare il suo fidarsi di noi, con un abbandono totale, disarmante, tale da trasmettermi un’ intima gioia e rafforzare in me la convinzione che ciò che conta per Pakum è averci vicino e questo gli basta. Mi ha fatto riflettere sul valore del noi e dello stare insieme e di quanto sia sempre più difficile lasciarsi amare, magari per paura di essere feriti.

    Con questo racconto ho avuto oltremodo l’occasione di farvi conoscere un aspetto di me che è una costante nella mia vita. Ossia la tendenza ad ironizzare su ciò che mi accade, perché sono fermamente convinta che una risata al giorno, se non può allungare una vita, di sicuro può migliorarne la qualità.

    (Sono stata umile. Avrei potuto dire la mia vena comica, ma lascio a voi giudicare. Se vi ho fatto ridere, allora vuol dire che ho la stoffa per farlo; se non vi ho fatto ridere, spero di non avervi fatto piangere troppo).

    Sono altresì sicura nell’affermare che è sempre meglio ridere con un occhio solo che piangere con tutti e due.

    L’ha detto anche il mio amico pirata… e se lo dice lui.

    debora-volianiDeborah Voliani –  49 anni. Assistente sociale. Mi occupo di prevenzione solitudine e promozione socialita a  favore degli anziani a Trieste presso Televita s.p.a. Sposata. Vivo a Monfalcone. Sono livornese d.o.c. .Toscanaccia nel sangue. Ho un gatto persiano che si chiama Nemo. Scrivo racconti e poesie. Ho scritto con mio marito un romanzo giallo Male minore ambientato a Livorno e pubblicato da Manidistrega nel 2010. Amo la vita e

     

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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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Lo studio delle lingue straniere alimenta la curiosità e stimola la voglia di apprendere in molte discipline anche ben diverse, soprattutto se sostenute da una capacità imprenditoriale. Questo lo dimostra la storia qui di seguito riportata di Marialuisa Portaluppi da noi intervistata.
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