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    i DIRITTI DELLE DONNE

    Abuso emotivo, uno dei volti della violenza sulle donne

    Angela CartaBy Angela Carta17/03/2018Updated:22/03/2018Nessun commento6 Mins Read
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    Anche chiamata “violenza psicologica”, l’abuso emotivo è un nemico insidioso, spesso nascosto tra le dinamiche di una relazione che solo apparentemente è sana.

    Spesso il maltrattamento psicologico si palesa durante discussioni, in piccole “banali” precisazioni e anche nella vita sessuale.
    Molte donne, all’inizio, faticano a riconoscere di essere sottoposte a forme di abuso emotivo, questo perché la relazione con l’abusante è di dipendenza e viene vissuta nel senso di colpa e con la convinzione di poter cambiare la situazione con la propria buona volontà, inducendo prima o poi il partner a modificare la sua condotta.
    La violenza psicologica getta la donna il più delle volte in uno di incredulità e isolamento. Il motivo è che non si tratta di abuso facilmente dimostrabile. Non lascia lividi, non strappa i capelli, non ti fa finire al pronto soccorso.
    Proprio per questo è tra le forme di violenza più pericolose.

    Andiamo con ordine. Come si riconosce la violenza psicologica?

    Non sempre l’abuso si palesa nell’arco dei primi giorni o mesi della relazione. Anche perché spesso si scambiano piccole battute e discussioni, ma anche atteggiamenti di sfida e repentini cambiamenti d’umore, con normali dinamiche relazionali.
    La donna, non ancora consapevole di essere vittima di abuso, prima reagisce e subisce una qualche forma di ripicca, e in seguito impara a stare in silenzio per salvaguardare la relazione. Si vive un’altalena. Un giorno sembra perfetto, quello successivo emotivamente massacrante.
    Ma quali sono i segnali? Quando dobbiamo far scattare l’allarme?
    Di seguito, si elencano una serie di atteggiamenti – che non potranno essere approfonditi nella loro totalità – tipici dell’abuso emotivo. Tipici, quindi, di una relazione tossica.

    1) Denigrazione e svalutazione della donna
    Quando il partner mette costantemente in dubbio le capacità di agire e di pensare della propria compagna sta cercando di abbatterne l’autostima con l’obiettivo di renderla dipendente dal suo giudizio su qualsiasi cosa stia facendo o pensando. Potrebbe essere in grado di incidere sulla sua vita professionale, spingendola ad abbandonare un lavoro che reputa poco adatto a lei (o meglio, a lui) o poco remunerativo, in realtà puntando solo a gettarla nelle incertezze e nell’ansia. Potrebbe iniziare a commentare negativamente le sue performance in cucina, mostrando repulsione verso quanto proposto o cucinato e rifiutando di condividere con lei in modo sano e costruttivo eventuali osservazioni.
    Potrebbe altresì svalutare la donna nella vita sessuale, facendole notare una qualche forma di trascuratezza o attribuendo a lei l’abbassamento della propria libido.
    Potrebbe insinuarsi nei suoi interessi, cercando di proiettare su di lei le proprie sensazioni, le proprie opinioni, le proprie preferenze. E non lo farà mai in modo costruttivo, ma distruttivo. L’obiettivo principale è renderla dipendente da lui, dal suo parere.

    2) Isolamento
    All’inizio della storia, la vita relazionale appare piuttosto sana. Ad un certo punto, ecco che ci si chiude all’interno della stretta cerchia di amici dell’abusante. È possibile anche che proprio lui inizi ad esprimere commenti negativi sui conoscenti, parenti e/o amici della partner, manifestando insofferenza e assoluta indisponibilità ad intrattenere con loro una qualunque forma di rapporto.
    È possibile che, quando la relazione sarà diventata solo apparentemente esclusiva e fondata su una dipendenza della donna dal partner, si smetta addirittura di avere una vita sociale. O meglio, lui l’avrà, ma la partner ne verrà sempre più esclusa. La vittima inizia a passare la gran parte del tempo tra le mura domestiche e le resterà solo la propria compagnia.
    Per questo motivo, è assolutamente importante che durante una relazione non si perdano mai e poi mai i contatti con il giro di amicizie e con la famiglia. Non bisogna arrendersi all’isolamento, ad un’asfissiante teca di vetro, come si trattasse di insetti da collezione.
    Le risorse esterne sono infatti fondamentali nel percorso di guarigione che inizierà al termine della relazione.

    3) Non riuscire a sostenere una normale discussione
    Il confronto non è mai vissuto positivamente in una relazione tossica. Spesso interviene una forma di ricatto morale: alla reazione della vittima corrisponderà un silenzio dell’abusante. Si è punite, per così dire, per aver messo in discussione il suo ruolo centrale.
    Spesso, è proprio in questa fase che la donna, spaventata e ansiosa all’idea di perdere il proprio compagno, inibisce lo scontro. Inizia a praticare il silenzio, a tenere le proprie considerazioni per sé, a mangiare la polvere per non sembrare squilibrata, astiosa, ossessiva. Perché è proprio quello che proverà a farle credere. È un modo per silenziare la donna, le sue necessità, il suo senso critico.

    4) Il finto pentimento
    Quando, ad un certo punto, la donna si rende conto di essere vittima di dinamiche relazionali tossiche, è probabile che provi a cercare una via di fuga. Questo accade quando le risorse interiori della donna non sono state intaccate nella loro totalità ed è quindi consapevole di dover andare via, lasciandosi alle spalle la relazione malata.
    Quella del finto pentimento è una forma di manipolazione che punta a confondere la donna, prospettandole una cambiamento di condotta che in realtà non avrà mai luogo, e se messo in atto sarà comunque destinato ad una breve durata. L’obiettivo dell’abusante è riportare la donna all’ovile.

    Potremmo andare avanti con altri segnali. Si possono ad esempio, come anticipato sopra, verificare numerosi e costanti cambiamenti di umore. Non è altresì inusuale che un partner abusante cerchi di fiaccare l’autostima della compagna ponendola in una sorta di competizione mentale, più che fisica, con altre donne. Questo meccanismo nasconde talvolta veri e propri tradimenti che servono tuttavia a creare un legame ancor più forte con la vittima, che per preservare la relazione sarà disposta a migliorarsi fino ad annullarsi, pur di vincere le attenzioni del compagno.  È senz’altro un altro strumento che punta a distruggere l’autostima e la personalità della donna.

    Il messaggio che vorrei riceveste è che una maggiore consapevolezza di cosa sia l’abuso emotivo, e di come si possa riconoscere, può potenzialmente allontanarvi da partner tossici. Dico potenzialmente perché spesso si incontrano più uomini tossici nell’arco della propria vita. Ovviamente, la scelta del partner è un argomento che andrebbe trattato da un punto di vista psicologico e ciò non è possibile in tal sede, ma la cosa importante è sapere che, mantenendo alta l’attenzione, si può preservare quel bagaglio di autostima, amore di sé, empatia che non solo può aiutarvi ad allontanare una relazione tossica ma è anche fondamentale per vivere la vita all’insegna di una genuina capacità di amare e donarsi.
    Al termine di una relazione caratterizzata da abusi emotivi, ci si rimprovera generalmente di non essere state abbastanza sveglie da ascoltare i segnali. Ci si chiede “come ho fatto ad accettare tutto questo?” oppure “perché ha scelto me?”.
    La scelta più saggia che si possa fare è non giudicare se stesse. Non si resta vittime per sempre. Saper scegliere la propria strada e ritrovare se stessi è un atto di incredibile amore per la propria vita.
    Iniziate da questo. Ascoltate e amate voi stesse.

     

     

    abuso emotivo contro la violenza sulle donne violenza psicologica
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    Angela Carta
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    28 anni. Dopo due anni come operatrice di uno sportello anti-violenza e un anno di volontariato in Ungheria come youth worker, ho scelto di diventare educatrice professionale. Già specializzata in Tutela dei Diritti Umani, mi occupo oggi di HRE, violenza di genere, educazione videoludica e attività di gioco e team building.

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    Caterina Della Torre

    torre.caterinadella

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    Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare barriere e confini, ai cambiamenti, alla PACE.
Protagoniste di una sfida femminile secolare che nessuna guerra potrà negare. Nessun futuro potrà prescinderne.

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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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