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    Home»Pari opportunità»Parità di genere»La spettatrice»Pot-pourri televisivo dicembrino
    La spettatrice

    Pot-pourri televisivo dicembrino

    Daniela AstreaBy Daniela Astrea06/12/2016Nessun commento6 Mins Read
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    pot-pourri dicembrino
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    Fermo restando l’ormai consolidato pubblico di pay tv, Netflix e affini con le loro serie in esclusiva, in lingua originale, sempre disponibili su ogni pc di casa, chi si affida ai semplici canali ufficiali ha potuto verificare che delle novità  realmente erano state introdotte. Non tutte positive.

    La spettatrice

    Devo ammettere che sul finire dell’anno la tv smette di esercitare lo scarso fascino che ha su di me e raramente mi ritrovo a guardare qualcosa. Tuttavia, questo inizio di dicembre è caratterizzato dalla presenza di ritorni eccellenti, fiction e nuove proposte così ho cercato di fare un sunto rapido di quanto è accaduto di interessante nella nostra offerta televisiva.

    Fermo restando l’ormai consolidato pubblico di pay tv, Netflix e affini con le loro serie in esclusiva, in lingua originale, sempre disponibili su ogni pc di casa, chi si affida ai semplici canali ufficiali ha potuto verificare che delle novità – non tutte eccezionali – realmente erano state introdotte. Basti pensare al grande successo di Rocco Schiavone, commissario poco politically correct interpretato da Marco Giallini, che ha smosso persino alcuni politici che volevano bloccarne la messa in onda per le sue cattive abitudini ma che ha saputo tenere incollato su Rai 2 un numero impensabile di fan; il tentativo di Mika di rifare il varietà in forma giovane non è riuscito del tutto, credo forse per un motivo di fondo che consiste nella scarsa conoscenza che si ha del suddetto che, a parte due successi di parecchi anni fa, nemmeno brilla come cantante; molte le fiction brevi e lunghe accompagnate da vecchie telenovele che Mediaset trasmette più volte al giorno per un pubblico di anziani affezionati o che dormicchiano davanti al televisore, mi sa, forse per distogliersi dagli infiniti talk show politici che sono stati presentati in edizioni lunghe, speciali, pomeridiane e serali.

    La mia analisi più accurata coinvolge però solo tre programmi: Selfie, Nemica Amatissima e Untraditional. Programmi ben diversi tra loro ma che mi hanno fatto riflettere per i modi obsoleti in cui presentano e trattano le donne. Selfie – Le cose cambiano è condotto da Simona Ventura, al suo rientro con uno show in prima serata su Canale 5, ed è un sunto del peggio della tv degli ultimi quindici anni. Dico questo perché si tratta di una vero e proprio zoo dove sono parcheggiati resti vari di passati reality, programmi tv o sport e la trama è quella della rissa tra le primedonne che fanno da giudici, guide o concorrenti. Alle sguaiate urla in studio fanno da contraltare le richieste estetiche delle/dei partecipanti: nasi alla francese, tette nuove e via così. Il tutto ammantato di una finta sacralità, cosa che almeno non si vedeva negli show fotocopia degli anni ’90 e Duemila. Si cerca di curare le insicurezze femminili con la chirurgia, ci si focalizza sull’apparire e non sui contenuti. Si martella la spettatrice con il messaggio che con un sedere sodo la propria vita possa cambiare. Beh, mi pare esagerato. In più, la stessa Ventura appare strana, tirata, rabbiosa o mansueta in maniera eccessiva e poco è rimasto del suo stile di conduttrice, di quel tocco che l’aveva resa riconoscibile nei suoi lavori passati. Mescolata anche lei a tizi presi da Uomini e Donne o pescati sull’Isola dei famosi, trasmette solo tristezza, giuro. Gli ascolti sono buoni forse perché, nonostante la messa in onda sia stata rimandata più volte, le persone attendevano questo ritorno. Che però poteva essere migliore, senza dubbio alcuno.

    Nemica Amatissima è il secondo tentativo di Rai 1 di proporre uno show tutto al femminile, come fece con Cortellesi e Pausini. I risultati sono stati grotteschi. Io sono rimasta colpita dall’espressione di Heather Parisi: mi sembrava dolorante o piccata. Lorella Cuccarini, quasi sua coetanea, sprizzava un’energia a tratti eccessiva e si capiva lontano un miglio che la loro reciproca antipatia non fosse solo una trovata pubblicitaria. Il revival con canzoncine, sigle di programmi memorabili e qualche abito di scena poteva pure andare, ci mancherebbe. Il brutto è stata la polemica successiva, che non fa certo onore alle donne. Parisi ci ha tenuto a dire che lei è una professionista a cui tutto è stato negato a vantaggio dell’altra protagonista. Cuccarini ha ribattuto che la collega è falsa e che non è vero che è stata solo un’ospite surclassata dalle performance sue. A me sembra sia stata persa ancora una volta l’occasione per svecchiare il palinsesto serale, dimostrando che le donne non possono (?) condurre da sole. In un articolo del giorno dopo si invocava la presenza di Baudo! Le polemiche possono essere pure montate ad arte, ci sta. Ma se dobbiamo ricorrere ancora all’invidia tra colleghe per fare audience siamo messe male.

    Untraditional è invece una serie trasmessa su Nove, ideata e interpretata da Fabio Volo (e forse qui trovo già le mie spiegazioni a ciò che ho visto in scena) che ho deciso di seguire per rendermi conto in cosa consistesse tutto questo gridare al nuovo e all’innovativo che aveva preceduto la messa in onda. Posso anticipare che gli episodi sono brevi, carichi di allusioni sessuali e situazioni che dovrebbero far sorridere. Dovrebbero. La lentezza nello svolgimento è devastante. Le espressioni mi ricordano qualcosa di quelli che erano adolescenti quando io ero bambina, una sorta di anni Novanta in gocce con tutti i luoghi comuni più visti e sentiti. Certo, ci sono ospitate di tanti attori o cantanti noti e lo stile surreale con cui Volo prende in giro loro e lui stesso avrebbe potuto risultare gradevole, ma è solo pesante. Le vicende ruotano intorno a Volo che vuole realizzare una serie e non ci riesce per le insidie che il mondo dello spettacolo e non solo, pongono sul suo cammino. E veniamo alle donne, alla loro rappresentazione durante ogni puntata. La sua compagna è a casa che cresce il figlio e lui sente di trascurarla; la sua ex è una stalker ninfomane che lo segue al parco; sua zia è una gattara mezza matta; sua madre è una un po’ sorda e poco attenta per via dell’età; in palestra c’è una mezza nuda che lo provoca con gli esercizi e le sue forme in evidenza; le attrici vere interpretano sé stesse accentuando tic e fissazioni che le rendono ridicole e isteriche; la massaggiatrice appare in bikini ed è tutta allusioni e mossette; una delle produttrici della sua fiction vuole sodomizzarlo con un lungo fermacarte. E potrei continuare.

    Mi viene da pensare che se la sceneggiatura doveva essere innovativa, perché ha ricavato questi ruoli cretini per le donne? Vittima degli eventi che gli impediscono di realizzare il suo sogno, braccato da fan che lo inchiodano con richieste di selfie e autografi, ripete in continuazione che oramai è sistemato e ha un figlio e perciò non può cogliere tutte le occasioni che gli si presentano (donne disponibili ovunque). Dovrebbe far ridere?

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    Daniela Astrea

    Daniela Astrea - laureata in Filosofia con un tesi in Studi di genere, si occupa da anni di studi femministi in vari campi: cinema, letteratura, arte. Ha organizzato eventi, fatto parte di collettivi, lavorato in un’agenzia pubblicitaria come copywriter, pubblicato saggi e articoli sulla storia delle donne.

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