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    Home»Costume e società»Cultura»La musica racconta la città di Palermo e i suoi monumenti
    Cultura

    La musica racconta la città di Palermo e i suoi monumenti

    loredana mettaBy loredana metta05/12/2016Nessun commento9 Mins Read
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    Un progetto di Elena Ponzoni, violinista e quartettista, che da alcuni anni insegna al Conservatorio di Palermo, è esempio innovativo d’integrazione fra musica e architettura

    ARTEDIPARTE. ARCHItetture

    Esempio innovativo d’integrazione fra musica e architettura fra servizi territoriali e istituzioni culturali, fra una città e il suo Conservatorio di musica: ARCHItetture, da quest’anno alla sua terza edizione, è stato ideato con la collaborazione dell’Associazione Amici dei Musei Siciliani e dell’Arcidiocesi di Palermo, cui fanno capo i luoghi prescelti per gli appuntamenti musicali, e di Agorarte, associazione culturale di cui Ponzoni è presidente, che ha concepito e realizzato la veste grafica di manifesti e programmi di sala.
    Vede protagonisti gli/le studenti della classe di Quartetto e Musica d’insieme per archi del Conservatorio, guidate da Elena Ponzoni, che, con programmi musicali dai titoli sempre diversi e dai contenuti affascinanti, si mettono al servizio del pubblico e della città, facendo risuonare bellissima musica in luoghi sempre diversi, sorprendentemente belli, da valorizzare e riscoprire nel capoluogo della regione siciliana. Accanto a loro, i giovani volontari dell’Associazione Amici dei musei siciliani presentano al pubblico importanti monumenti della città, spesso trascurati dai più comuni itinerari turistici, ma meritevoli di attenzione e rinnovato interesse.
    Un’iniziativa che è una lettera d’amore alla città di Palermo, un invito gentile e appassionato ai suoi cittadini ad apprezzarla sempre di più e proteggerne le infinite struggenti bellezze. L’atto lungimirante di una docente che, amando appassionatamente il suo lavoro e desiderando trasmettere il suo slancio alle nuove generazioni, si occupa attivamente di fornire ai suoi allievi e alle sue allieve l’esperienza formativa più importante per un/una concertista: suonare in pubblico dal vivo, tappa fondamentale del percorso formativo e professionalizzante del Conservatorio, attraverso la realizzazione di incontri, in cui la musica si costruisce insieme, fra maestri/e e studenti, fra parole e musica, fra la passione per i capolavori artistici della città e “la generosità di espressione e la disponibilità ad entrare in empatia con gli altri, compagni di esecuzione e ascoltatori, e con il luogo” da parte delle esecutrici e degli esecutori.

    Nelle note di presentazione dei concerti di ARCHItetture, Elena Ponzoni scrive:

    «Palermo è bellissima, l’ho scoperta da quando ho cominciato ad insegnarvi e curiosa e affascinata ho iniziato ad esplorarla, incantandomi di tanta ricchezza. Perché allora non portare ciò che quotidianamente lavoriamo a scuola – meravigliosa musica da camera – in questi meravigliosi spazi, entrando in sinergia più diretta col cuore di questa città e con chi se ne è fatto custode? Perché non contribuire a diffondere questa bellezza e ad esserne in parte anche artefici, lasciando che i nostri ragazzi – musicisti e guide volontarie – mettano in atto quel connubio tra Arte e valorizzazione del nostro Patrimonio così vitale e necessaria adesso e per il futuro di noi tutti?»

    Già, perché no? Perché per la realizzazione di questo progetto ci sono ben pochi fondi? Mecenati italiani, fatevi avanti! Perché il suo iter è irto di difficoltà burocratiche di ogni tipo e di sordità e indifferenze inimmaginabili? Perché l’Italia dei soliti campanili viaggia a compartimenti stagni e non comprende che lavorare insieme per rivalutare il proprio territorio, significa far risplendere la bellezza delle nostre tradizioni culturali?
    Tutto questo non ha scoraggiato Elena Ponzoni, no, non ancora, e speriamo non la scoraggi mai, perché il punto di forza della cultura italiana è tutto il suo territorio, il suo “museo diffuso” rappresentato dai suoi incantevoli paesini, dalle sue piazze, dalle masserie e dalle chiesette, dai palazzi e dalle biblioteche, dalle spiagge e dalle campagne, perché è proprio da lì, da questa bellezza – che quasi dimentichiamo di avere sotto gli occhi – e da quella genialità, intrinsecamente diffusa nel nostro territorio, che nasce la musicalità italiana celebrata in tutto il mondo.

    Questo, crediamo, sia il messaggio più importante del meritevole progetto della collega Ponzoni: uno sforzo innovativo e ideale che ci commuove profondamente. Le lasciamo la parola, perché possa aggiungere un messaggio per tutti/e coloro che leggeranno questo articolo e che potranno sentirsi stimolati ad emularla, facendo sì che tutti i luoghi dell’incantevole paesaggio monumentale italiano, finalmente, possano cantare.

    «Quando mi é arrivato da Loredana l’invito a parlare di questa mia attività, che poi é un’Idea – in fondo quella portante credo di gran parte della mia esistenza – e il suggerimento di farne una piccola esortazione ad agire per chi come me si trova nella posizione di poterlo fare, mi sono un poco intimorita (é una bella responsabilità quella di tradurre in poche convincenti righe ciò che sto facendo, sperando di contagiarne altri!) e fatta un bel po’ di domande. Come e perché sono andata in questa direzione, cosa mi ha spinta a farlo, aldilà delle motivazioni più evidenti e di quelle dichiarate? La risposta mi é venuta da un ricordo, molto vivo e vicino pur se lontano nel tempo. Ed é l’immagine di due bambine, mia sorella ed io, che giocano “alle figurine” con i volumi dei Maestri del Colore – benemerita collana sull’Arte edita dalla Fratelli Fabbri, un tempo presente nelle biblioteche di molte case. “Oggi ti do’ un Mantegna se tu mi dai Beato Angelico” (il Beato Angelico era molto gettonato, credo per via del tanto oro). Quando qualche anno dopo, pochi in verità, da piccola cittadina mi sono trovata a guardare davvero! gli affreschi delle celle del Convento di San Marco a Firenze, avevo le lacrime agli occhi per la commozione e l’esaltazione ormai senza ritorno per la promessa di infinite scoperte possibili, la vocazione della cacciatrice di Bellezza.

    Gli Uomini sono animali abitudinari e il primo insegnamento avviene subito, nella quotidianità, e ti segna per sempre. So di essere stata fortunata, nata da genitori musicisti, appassionati di Arte, coltivatori di curiosità intellettuali, parte di una famiglia in cui poesia e teatro erano cibo quotidiano e condiviso da tutti, zii cugini nonni. Queste passioni hanno attecchito e sono cresciute con me, ed io le ho coltivate con cura, attraverso il mio lavoro – scelta non casuale – i miei viaggi, le mie letture. Quale piacere più grande per me, di quello di unire ad un concerto col mio Quartetto la visita di una pinacoteca, la passeggiata in un centro storico, la cena in una antica osteria i cui muri ti trasmettono storie e armonia insieme ai sapori, quale miglior modo per rendere sempre affascinante la vita un poco nomade della musicista? Quale più concreta dimostrazione di questo tutto, di questa unica Bellezza, fatta di mille facce? Come rendere partecipe di tutto questo chi ti sta accanto? Come trasmettere amore e dedizione verso ciò che per me rende la Vita un’avventura di inesauribile ricchezza, per la quale battersi a dispetto di tutto?

    Era per me quasi naturale esplorare Palermo, la città in cui ho scelto di insegnare. E altrettanto naturale avere l’occhio – o l’orecchio? – deformato della musicista, che per ogni luogo scoperto si sorprende a dirsi “ah come sarebbe perfetto per suonarci!”, esaltandosi quando ad un’oggettiva qualità acustica ne corrisponde un’altra, non quantificabile ma persino più importante, dettata dal fascino e dalla vibrazione prodotta dall’ambiente stesso, che rende certa la possibilità di quella esperienza di concentrazione e di scambio che la musica sempre vorrebbe. Altrettanto naturale ragionare di lacune educative, di necessità di concorso armonico nella formazione della personalità dell’individuo, della mancanza di occasioni per sperimentare la propria crescita artistica e della propria capacità di trasmettere a un numero sempre maggiore di persone ciò che si costruisce nel tempo e ciò che si ritiene importante; della mancanza di luoghi adatti ad accogliere musica concepita per piccoli spazi – musica da camera, quella che io ho desiderato, tanto da decidere di suonare il violino – in cui il contatto diretto e quasi palpabile con chi suona modifica significativamente la qualità dell’esperienza di chi ascolta.

    Ecco, credo che il nocciolo di tutto sia questo.
    In anni di esperienze, professionali e personali, il rendermi conto di quante persone non hanno avuto le stesse fortune, di quanti non sono stati abituati a riconoscere attorno a sé il Bello, anche se così quotidianamente vicino; di come specialmente, ai più sia stata del tutto rubata la Musica, sempre e tuttora misconosciuta dai nostri programmi educativi, mi hanno spronata ad impegno e azioni concrete. Da qui i concerti e gli spettacoli fatti nelle scuole, la fondazione (con Mario Gioventù) di un ensemble strumentale di studenti-professionisti-amatori in anni in cui non si parlava neppure lontanamente di Sistema Abreu, le attività con Agorarte culminate nel Campus musicale estivo nel quale mettiamo in pratica condivisione di musica, arte e amore per la natura, la mostra fotografica sulla vita nei Conservatori proposta e curata per il Conservatorio di Rovigo; da qui infine, ma non certo ultime, le lezioni collettive con i miei studenti in cui faccio ascoltare musica, vedere quadri e monumenti, in cui racconto di scrittori e poeti e drammaturghi, in cui parlo di filosofia e di politica, incitandoli a discutere e ad esercitare osservazione e senso critico. Da qui un progetto – declinazione personale di ciò che può essere realizzato e inventato in mille modi – in cui costruisco con gli stessi studenti programmi, note di sala, conversazioni col pubblico, cui cerchiamo di rendere chiara, passo per passo, la materia musicale; il tutto cercando quel filo che accomuni musica proposta e spazi in cui verrà rappresentata, a loro volta raccontati, con sfaccettature sempre diverse e spesso non note anche a già chi li conosce, dalle giovani e dai giovani dell’Associazione degli Amici dei Musei Siciliani, senza la cui cura molte di queste architetture sarebbero del tutto dimenticate.
    Che il progetto funzioni lo dicono anche i numeri: 10 appuntamenti in 2 anni, con programmi tematici sempre diversi, eseguiti dai ragazzi, qualche volta accompagnati da me, quando si tratta del gruppo di archi allargato (un’esperienza questa che mi dà modo di approfondire con loro sul campo parte di ciò che insegno); una media di 60 persone – gli spazi scelti sono piccoli e preziosi per bellezza di decori e di linee – nel primo anno, persone che si accalcavano sedute per terra in una delle ultime serate di quest’anno; e soprattutto una trentina di studenti coinvolti per ogni edizione.
    Buffo per me sentire i commenti meravigliati di chi, palermitano, mi chiede come abbia potuto scoprire posti così belli; commovente per noi tutti rivedere volti ormai amici di persone, estranee all’ambiente musicale, che sempre ci seguono e ci chiedono di continuare; esaltante, seppure accolto con un certo imbarazzo, il ringraziamento di chi mi viene a dire “con le vostre spiegazioni ho seguito e capito quello che avete suonato.
    ARCHItetture é per me dunque un punto di arrivo di un percorso umano e intellettuale, la rappresentazione concreta e sincretica di ciò che amo e in cui credo.»
    Elena Ponzoni

     

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    loredana metta

    Loredana è una che da tutta la vita si ostina a definirsi musicista e lo è, o meglio, continua a desiderare di diventarlo con tutte le sue forze. Ama insegnare musica, nonostante i diplomi di Conservatorio e i numerosi corsi di specializzazione. Perché fare musica è trovare una via alla conoscenza di sé e il pianoforte è una palestra per la relazione con se stesse, con gli altri e le altre… Insegna Pratica e lettura pianistica al Conservatorio di Vicenza. La sua più grande emozione: vedere due mani inesperte toccare il pianoforte per la prima volta. Vive a Milano, con 9 piante, che hanno tutte un nome, e un certo numero di pupazzi, fra cui Fabio, il suo amato compagno. Adora il cinema, l’arte, la filosofia . É laureata a Bologna in discipline semiotiche.

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Protagoniste di una sfida femminile secolare che nessuna guerra potrà negare. Nessun futuro potrà prescinderne.

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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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