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    Home»"D" come Donna»L’ipocrisia della retorica
    "D" come Donna

    L’ipocrisia della retorica

    Marta AjòBy Marta Ajò07/05/2015Nessun commento4 Mins Read
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    royal-baby-ipocrisia
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    Annunciati dai media, in un mix di toni drammatici e vipparoli, abbiamo appreso la venuta al mondo di due creature, nate in contemporanea solo per l’anagrafe.

    Lo so che una buona giornalista deve essere rapida e stare subito sulla notizia! Lo so.
    Ma su quella ci stanno tutte/i. Allora mi sono presa il tempo necessario per comprendere meglio se valeva la pena, senza rincorrere quanto già detto, di scrivere ancora di due nascite che, casualmente, hanno segnato in contemporanea un centro d’attenzione mediatica .
    Se dunque il silenzio a volte è d’oro, come a volte è meglio contare prima di parlare, ho deciso di riprendere in mano questi due episodi recenti sui quali riflettori appaiono già parzialmente spenti.

    Annunciati dai media, in un mix di toni drammatici e vipparoli, abbiamo appreso la venuta al mondo di due creature, nate in contemporanea solo per l’anagrafe e per la dimostrazione che la specie umana ha la forza di riprodursi in qualsiasi circostanza.

    Una di loro è l’ultimo membro della famiglia reale inglese; di nascita nobile e di colore roseo, l’altra è una neonata di colore scuro nata tra mare e terra, ancora senza patria.
    È sembrato questo un accadimento simbolico, per affermare che la vita ha il sopravvento su tutto e su tutti. Un dono che rende uguali gli esseri umani ma che si distingue per il destino che viene loro assegnato.
    Diversi uno dall’altro/a in dipendenza da dove e con chi ti trovi quando si respira il primo soffio d’aria.

    Charlotte Elizabeth Diana Windsor, secondogenita del duca e della duchessa di Cambridge e quarta erede in linea di successione al trono britannico è stata accolta, a sua insaputa per ora, da un’immensa folla di gente, dalle cannonate reali, da giornalisti e tv pronti ad assistere alla sua presentazione ufficiale e a cominciare la sua carriera di “star”.
    La seconda, Francesca Marina, cognome sconosciuto, è nata in mezzo al mare, in un silenzio interrotto non dai cannoni ma dagli urli agitati dei suoi disgraziati compagni di viaggio, accolta dalle rudi mani di un marinaio che ha permesso che nascesse, pur lontano da una stanza di ospedale, lasciandole almeno il diritto alla vita.
    Una nata in un grande Regno bagnato dal mare, l’altra in mezzo al mare Mediterraneo.
    Figlia di una casa regnante tra le più stabili ed importanti nel mondo, l’altra proveniente dalla lontana Africa e diretta verso un’Europa a lei sconosciuta.

    La prima ha avuto l’onore della prima pagina e della prima notizia in quasi tutti i tabloid del mondo, l’altra, grazie all’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia Unicef che ha voluto condividere la notizia della sua nascita, ha lasciato in sua memoria solo una piccolissima foto sfocata.
    Una con la cuffietta regale è un volto da bambola delle fiabe, l’ altra avvolta in una pezza bianca, che a malapena l’avrà coperta dal sole e dalla salsedine.

    Amici giornalisti, per favore non scrivete bugie: “Anche lei una Royal Baby”.
    No. Non facciamo della retorica, impietosa e bugiarda. Non siate ipocriti. So che vi siete già dimenticati di Francesca Marina.
    Non la seguirete nella sua crescita, non v’informerete se e dove studierà, quali linea di abbigliamento indosserà, quanto sarà bella, quante giovani cercheranno di imitarla nel suo stile, quanti corteggiatori-flirt avrà da grande, quale sarà il suo futuro.
    Perché forse dovreste scrivere e rivelare ai sognatori delle favole che Francesca Marina, crescerà alla ricerca di una patria e di un’identità, vestirà i soliti jeans buoni per tutte le occasioni e se sarà fortunata non dovrà subire abusi, prevaricazioni, sfruttamento; se sarà fortunata, come dobbiamo augurarle, potrà forse coltivare le sue attitudini.
    A lei, più che alla piccola Windsor, dovrebbe andare il nostro pensiero e se fossimo diversi, la nostra attenzione.
    Ma chi si ricorderà di lei?

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    Marta Ajo
    Marta Ajò
    • Website

    Marta Ajò, scrittrice, giornalista dal 1981 (tessera nr.69160). Fondatrice e direttrice del Portale delle Donne: www.donneierioggiedomani.it (2005/2017). Direttrice responsabile della collana editoriale Donne Ieri Oggi e Domani-KKIEN Publisghing International. Ha scritto: "Viaggio in terza classe", Nilde Iotti, raccontata in "Le italiane", "Un tè al cimitero", "Il trasloco", "La donna nel socialismo Italiano tra cronaca e storia 1892-1978; ha curato “Matera 2019. Gli Stati Generali delle donne sono in movimento”, "Guida ai diritti delle donne immigrate", "Donna, Immigrazione, Lavoro - Il lavoro nel mezzogiorno tra marginalità e risorse", "Donne e Lavoro”. Nel 1997 ha progettato la realizzazione del primo sito web della "Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità" della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il quale è stata Editor/content manager fino al 2004. Dal 2000 al 2003, Project manager e direttrice responsabile del sito www.lantia.it, un portale di informazione cinematografica. Per la sua attività giornalistica e di scrittrice ha vinto diversi premi. Prima di passare al giornalismo è stata: Consigliere circoscrizionale del Comune di Roma, Vice Presidente del Comitato di parità presso il Ministero del Lavoro, Presidente del Comitato di parità presso il Ministero degli Affari Esteri e Consigliere regionale di parità presso l'Ufficio del lavoro della Regione Lazio.

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Appunti di viaggio.

Di Alfredo Centofanti

Bari. La città vecchia è un labirinto di vie che raccontano infinite storie. Inarrestabile è il vociare degli abitanti nel dialetto locale, dei tanti turisti stranieri, dei pellegrini che da secoli vengono qui per venerare San Nicola, amato tanto dai cattolici quanto dagli ortodossi.
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