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    Dol's Magazine
    Home»Costume e società»Prova di verginità
    Costume e società

    Prova di verginità

    Graziamaria PellecchiaBy Graziamaria Pellecchia26/02/2015Updated:29/07/2019Nessun commento9 Mins Read
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    ragazza-verginita
    Da Morguefile - Greyerbaby
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    PRINCIPE AZZURRO (con cavallo bianco) o BOY FRIEND ? La “mitizzata rivoluzione sessuale del sessantotto” e la verginità

     

    E’ chiaro, non fu il sessantotto ad iniziare ai rapporti fuori del matrimonio i ragazzi, basta leggere autobiografie di ogni epoca o semplicemente ascoltare i racconti di nonni e bisnonni che non avevano avuto le teorie “hippy” a portarli fuori della “retta via”, ci andavano da soli nonostante tutti i vari deterrenti stratificati nei secoli per impedire che questo accadesse.
    A circa sei anni avevo sentito la mia nonna paterna parlare con le mie prime cugine adolescenti, molto carine, e abbastanza corteggiate: “Una volta che v’avita alzata la vesta, e jè finita la festa”. E mi ero preoccupata parecchio di questa cosa, provvedendo subito a lisciare bene il mio gonnellino di pannolenci celeste…non si a mai!
    Comunque la storia non si ferma, e la scienza l’ aiuta… si iniziò a parlare di contraccettivi. Parlarne… si fa per dire… era difficile trovare qualcuno di noi che potesse vantare una casistica. Però se ne parlava!
    Un’avanguardia? La prima pillola, una legnata! Era davvero pesante resistere alle gambe gonfie, ai vomiti e ai mal di fegato, un eroismo. quasi come le trappole tipo caccia al tesoro che si escogitavano nelle borsette per occultarla ad eventuali incursioni mammesche.
    Poi c’erano i “profilattici” parola che sembrava meno sconcia di “preservativo”, perché comunque era un termine medico. Si acquistavano solo in farmacia, scegliendone, ovviamente, una lontana dalla solita, in un altro rione. Quando uno si era deciso ad entrare, poteva capitare anche di trovarci proprio lì, la famosa zia ottuagenaria che non si vedeva da dieci anni e che nonostante la cecità incombente esclamava: “Giannino! Ciao, ma tu non sei il figlio di Giuseppe… ma come sei cresciuto…” Così finiva che Giannino comprava la solita cibalgina e usciva.

    Questi aggeggi appiccicaticci (abbastanza diversi dai moderni retard, nulla, ecc, ecc) non erano molto sicuri, ma… meglio di niente.
    Iud e spirale iniziarono a sperimentarsi, ma erano insicuri: si spostavano, sparivano e si doveva ricorrere ad ostetriche compiacenti per recuperarli… cose del genere…
    Poi c’erano i deterrenti morali, per i credenti. Se si avevano rapporti ci si doveva confessare. C’erano dei preti che facevano la differenza se il rapporto era con il proprio “fidanzato ufficiale” o occasionale. Altri pretendevano comunque un deciso proponimento di “non provarci più”, come condizione essenziale per avere l’assoluzione, così, uno doveva raccontare balle e non era esattamente una cosa molto in linea con la chiarezza che auspicavamo nelle nostre vite.
    A questo punto: 1°- uno si rompeva le palle e non andava più a confessarsi… 2° – cercava il prete compiacente… 3° – si inventava una serie di teorie sul fatto e lo depenalizzava cercando, anche, consensi e solidarietà nel suo giro d’amici…e… voila …qui si inseriscono le dissertazioni sessantottine, si parla, si cerca, si dibatte… si sperimenta…caso mai “alla boia d’un cane”come spiega bene una nota canzone di Guccini.

    prova di verginitaLe ragazze avevano più paura, cioè avevano una serie di paure che spaziavano tra la morale, gli ideali dell’infanzia sostenuti da tutta una serie di racconti sul principe azzurro (che sceglie, già si sa, solo la più bella e la più pura, come nella “Principessa sul pisello”) e quello che le varie amiche, zie o mamme “più esperte” dicevano in proposito: per esempio che i ragazzi che ci provavano “prima”, non avevano rispetto della donna; che chi non sapeva aspettare “prima”, non avrebbe avuto pazienza “dopo”, ed era sicuramente un egoista destinato a tradire; che le ragazze che avevano dei rapporti non riuscivano più a studiare con profitto, perché “se ne andavano di testa”, non ultimo il fatto che i ragazzi, (e questa cosa era vera! Sigh!) cercavano una ragazza compiacente per giocare, ma poi, quando dovevano sposarsi, volevano una vergine!

    Si scatenavano gli anatemi delle femministe, e in quasi tutte le riunioni in cui capitava di affrontare l’argomento si finiva per litigare sconclusionatamente. Penso, tuttavia, che il deterrente maggiore per i ragazzi, in questa prima fase della famosa “rivoluzione”, nonostante tutto, fosse ancora lo storico “rischio che la ragazza rimanesse incinta”. Non so in Svezia, Germania e Inghilterra come se la cavassero, ma in Italia, sud, centro e nord a fine anni sessanta se una ragazza rimaneva incinta doveva sposarsi. Punto. Un matrimonio “riparatore”, dovuto, anche se non voluto, a meno che la famiglia non intervenisse coraggiosamente, e decidesse di tenersi figlia e nipote, se non per sempre, almeno fino a quando i ragazzi non fossero pronti per altre scelte.
    Succedeva raramente, erano poche le famiglie che decidevano di sfidare il perbenismo ancora forte nella società. Da questo punto di vista era la media borghesia a correre più rischi, oberata da tutto un reticolo di rapporti e formalità esteriori.

    Volendo sorvolare anche su questo, la cosa più triste nell’avere un bambino al di fuori del matrimonio era che il figlio, dovunque, era indicato come “illegittimo”, dal certificato di nascita al cartellino del pallone, dovunque, dato che si era identificati con nome e cognome, paternità e maternità. Un figlio illegittimo era una colpa più per il figlio che non se l’era chiesta la sua nascita, che per la madre, un’ingiustizia che contestavamo, ma che venne eliminata solo molti anni dopo e non senza innumerevoli teorie contrarie di chi temeva per “l’inquinamento sociale” che avrebbero portato i figli illegittimi non riconoscibili a vista!

    Negli anni sessanta e oltre, questa differenza c’era… come c’erano i ragazzi che non avevano chiara la situazione nella loro testa, cioè chiedevano la libertà d’amare, facevano furore nelle piazze e… all’occasione, poi, sparlavano delle ragazze che “ci stavano”, tanto che, stufe di carpire frasi sibilline nelle battute “per soli uomini” dei nostri cari compagni, un giorno in un gruppo di lavoro una di noi carinamente propose : “…se vuoi la ragazza illibata, se questo per te è comunque un valore, è giusto, maaaa….allora inizia tu a farti il nodo…” frase liberatoria ad effetto che fece incazzare moltissimo alcuni, ridere altri e… bruciare molte code di paglia… Che io mi ricordi, però, pochissimi ebbero il coraggio di affermare in pubblico, in quell’occasione, che per loro non era una cosa importante… almeno… furono sinceri!

    Eravamo in un’epoca di passaggio, la confusione era inevitabile, troppi cambiamenti, molti dicevano una cosa e ne pensavano un’altra, senza rendersene conto; facevano i progressisti, ma dentro, nella loro testa, non avevano abbandonato i tempi andati!
    Un giorno mi trovai coinvolta in un’avventura che mi confermò davvero come poche ragazze fossero protagoniste delle proprie scelte…come ci fosse tanta strada da fare per essere davvero liberi…
    Mi trovai a passare, con un fascio di lettere da portare al protocollo fra le braccia, davanti all’ufficio di una collega che conoscevo poco, ma che trovavo molto simpatica. Di lei sapevo che era eccezionalmente brava come dattilografa. La vidi seduta, davanti alla sua macchina per scrivere elettrica “ultimo ritrovato della tecnica per ufficio”, che smanettava a tutto andare mentre le lacrime scendevano da sole sulla maglietta e lei le asciugava con il gomito per non bagnare i fogli sul tavolino…
    Entrai pian piano pensando si trattasse di lavoro, e molto meravigliata che avessero potuto contestarle qualcosa le chiesi in sordina:

    – ti hanno rimproverata? – No … -Stai male?… -No, no. … – Sei stanca… – Non è questo… -… Rimango con te o vuoi stare sola…
    Mi guardò come un naufrago guarda il tronco che galleggia e decisi di non muovermi di lì fin quando non mi avesse spiegato l’accaduto.
    Con fatica venne fuori “ il fatto”. Qualche tempo prima, dopo un gioco amoroso occasionale aveva avuto alcune macchie e pensava di aver perso la verginità. Ora, un ragazzo le faceva la corte, era una cosa seria, ma lei gli aveva detto di no. Motivo: non sapeva se era ancora “una ragazza o una donna”.
    Beh! Non so la rabbia che mi prese, l’avrei mandata al diavolo, siamo seri, una ragazza bravissima, con un buon lavoro, mooooderna … e poi, daaaai! Se un ragazzo ama una ragazza per un centimetro più o meno di pelle, andiamo bene, è puro schiavismo… mettiamoci anche l’anello al naso… bla, bla,bla…Ma mi faceva troppa pena, così le proposi la cosa più intelligente che mi venisse in mente: “se non sei sicura, l’unica cosa da fare è andare da una ginecologa e vedere che cosa è successo”.
    Rimase scioccata… non ci era mai andata da un ginecologo, però, se andavo con lei e … trovavamo una donna….
    Cercai il numero di telefono di una ginecologa a caso, scelta solo perché era femmina, presi un appuntamento a mio nome. Mi chiese il cognome da sposata, e io dissi che ero una ragazza. Non mi chiese altro.
    Non c’era nessuno nella sala d’aspetto. Arrivò la dottoressa e disse:
    Buongiorno, accomodatevi…Chi è incinta? – Nessuna. – Cosa c’è allora? -Vorremmo sapere se lei è ancora vergine ( buttai lì io senza troppe parole).
    Mi sembrò quasi che tirasse un sospiro di sollievo. Al che si apprestò per la visita e mi disse: venga anche lei, le farò vedere…io “non introdurrò niente” per l’accertamento, solleverò unicamente le labbra, e se c’è l’imene chiuso sarà evidente.
    E così fece.
    La mia amica era, fortuna sua, ancora “a posto”, come si diceva.
    Pagammo uno sproposito e uscimmo.
    Per strada mi tirai dietro la sopravvissuta che praticamente svolazzava a venti centimetri dall’asfalto, rideva, parlava…poi in pochi giorni concesse la mano al suo vero amore e… vissero felici e contenti.
    Adesso lo so che cosa viene spontaneo dire: vabbè, ma tu stavi nel profondo Sud…
    E’ vero, ma dopo circa due anni ero nell’alto Nord, fidanzata, alla scoperta della socialità del nuovo mondo e cosa scoprii chiacchierando a ruota libera? Anche qui le donne che “sbagliavano” si sposavano in fretta, non “di bianco”, e solo da qualche anno si era smessa l’usanza della messa di primo mattino e senza campane! E quelle che non si sposano cosa fanno? – chiesi a mia suocera. “Uccidono i bambini nella pancia”anche se è un peccato brutto, o vanno a farli fuori e li danno all’orfanotrofio… – E se una se li vuole tenere? -… Li tiene… ma non è una persona che …..e il bambino non ha colpa, vero? Ma i genitori… e la donna….

    Poi, vedendo che mia suocera, cominciava ad essere a disagio per questa mia curiosità, oltre che per il fatto di dover cercare le parole adatte traducendo il concetto dal dialetto, la rassicurai sul fatto che avevo chiesto solo per conoscere le usanze locali… e anche “da noi” le persone che “sbagliavano” avevano una vita dura.

    Eravamo nel 1972 a più di quattro anni dalla data storica dell’inizio della famosa rivoluzione sessuale del ’68 !

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    Graziamaria Pellecchia

    Graziamaria Pellecchia. Nata a Bari nel1947. Ho frequentato l’Istituto commerciale e poi l’Università di Lingue a Bari. Nel 1973 mi sono sposata e ho raggiunto mio marito nel suo piccolo paese natale: Vaiano Cremasco in Provincia di Cremona . Ho lavorato a Milano negli anni settanta e poi a Monte Cremasco, per quasi trent’anni, come ufficiale demografico al mattino e bibliotecaria nel pomeriggio. Ho due figli. In pensione abbiamo deciso di stabilirci ad Adelfia, (BA) dove tutt’ora viviamo. Ho sempre amato scrivere. Penso che questo modo di raccontarci sia una delle migliori opportunità per condividere con leggerezza la nostra umana avventura.

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    Dols magazine
    Caterina Della Torre

    torre.caterinadella

    Redattora del sito internet www dols.it

    La solitudine dei non amati, firmato e diretto dal La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
    https://www.dols.it/2025/06/06/la-solitudine-dei-n https://www.dols.it/2025/06/06/la-solitudine-dei-non-amati/

La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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    Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo roman Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo romanzo, L’arte della gioia, uscito dopo la sua morte (nel 1996 a 72 anni) e solo grazie alla dedizione del marito, Angelo Pellegrino. Il libro vide la luce nel 1998 presso Stampa Alternativa (e poi nel 2008 da Einaudi). Tollerata dai salotti intellettuali del tempo, dove era entrata grazie alla sua lunga relazione con il regista Citto Maselli, Goliarda Sapienza fu sempre insofferente nei confronti del mondo intellettuale e borghese. Attrice, scrittrice, donna libera, più irregolare che anticonformista, chissà cosa penserebbe dell’interesse che sta suscitando in questo periodo non solo la sua opera ma anche la sua vita.

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Lo studio delle lingue straniere alimenta la curiosità e stimola la voglia di apprendere in molte discipline anche ben diverse, soprattutto se sostenute da una capacità imprenditoriale. Questo lo dimostra la storia qui di seguito riportata di Marialuisa Portaluppi da noi intervistata.
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