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    Home»Costume e società»Cultura»Blue Jasmine: quando anche la nostra tomba è vuota
    Cultura

    Blue Jasmine: quando anche la nostra tomba è vuota

    Caterina Della TorreBy Caterina Della Torre08/12/2013Updated:08/09/20142 commenti5 Mins Read
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    blue-jasmine520

    Note di un maschio attorno ad una tragedia donnica.

    di Enrico Andreoli

    Jasmine Blue è la storia di una povera str…a , ricorda mutatis mutandis Anna Karenina, interpretata in modo così magistrale da Kate Blanchet che, oltre a vincere il prossimo Oscar, ti fa venire il dubbio che sia una ……. anche lei.

    Non vi racconto la storia per non farvi perdere il gusto di assistere alla rappresentazione di questa tragedia umana “donnica”; ma comunque sarebbe meglio che leggeste queste righe decisamente maschili dopo aver visto il film. La fragranza (il frui) è sempre un’esperienza personale.

    Io, nella lettura di un film mi concentro sempre sui dettagli perché sono convinto che rappresentino per l’autore un punto di condensazione del senso, un anfratto di significato dove la ragione narrante trova ristoro e, in qualche modo, tira il fiato. Insomma, come sappiamo, il Di*volo dimora nei particolari.

    Primo particolare: veniamo a sapere che, diventata adulta, la protagonista ha cambiato nome da Janet a Jasmine perché, come spiega lei stessa, Janet è troppo banale. Poi aggiunge: “i miei genitori mi hanno dato il nome del fiore che sboccia di notte”. Occhei, occhei! mi sono detto sulla poltrona del cinema: siamo in piene Guerre Stellari e la signora governa il, o forse è agita dal, lato oscuro della forza, dalla Luna. Ci sarà certamente un omicidio. E infatti più avanti…

    Jasmine nel dire i “miei genitori” sta ovviamente facendo segno a quello stesso Destino con cui Eschilo negoziava nella Grecia tragica, quell’epoca in cui l’Uomo vive per la prima volta nella consapevolezza della propria nudità di fronte alla Morte e di quel “niente” che riempirà la sua tomba.

    Secondo particolare: perché, già nel titolo, questa Jasmine è detta Blue?
    Negli USA la parola “blue” è mitica come da noi in Europa “anima”. Ci sono i blue jeans che rappresentano ovviamente “la fatica del lavoro”, poi c’è il blues che è narrazione rammemorante e celebrazione del dolore. Poi ancora ci sono le “Blue Highways” le strade secondarie e poco frequentate tipiche dell’America interna e rurale descritta in un libro magistrale di William Least Heat-Moon (torna sempre la Luna).

    Poi c’è la canzone Blue Moon che ritorna continuamente nel film come lamento di fondo, ritorna come la luce di un faro dal fondo di una notte nebbiosa. Io credo che Allen utilizzi questa canzone, anzi il ricordo di questa canzone che suonava all’inizio della storia d’amore tragico tra i protagonisti, come monito: stiamo parlando del lato “lunare” della forza oscura che muove la notte dell’anima femminile; stiamo parlando del “donnico”, l’essenza della sostanza femminile, quella che gli uomini non conoscono e, per questo, per questa cecità, gli uomini ricevono morte. Come ci narra Allen e la tragedia greca.

    Di solito “blue” viene tradotto con “tristezza” ma la migliore canzone Jimi Hendrix – Axis: bold as love – trascina al suo fondo il significato di “blue”: blue are the life living waters taking for granted. Senza dubbio dobbiamo intendere: sterili sono le acque della Vita se date per scontate.

    Ecco allora svelato soggetto del film attraverso la storia banale di questa povera ….. di Jasmine Blue, un’Anna Karenina qualunque; ci sta parlando della causa – singola ed unica – della sterilità esistenziale.

    Infatti la protagonista ripete “tre” volte: “il mio maggior rimpianto è non aver finito il college”. Il tre che ho appena scritto sta tra virgolette perché “tre” vuol dire “identità” (nell’incrocio di tre rette c’è il punto dello spazio).

    Dunque la carta di identità di questa povera str…. di Jasmine Blue è quella di una donna che è sterile (infatti non ha un figlio suo) perché non ha completato il college, ovvero perché ha interrotto il cammino lungo la quale la stava menando la propria passione (deve essere per questo che Heiddeger insiste sullo “essere per via”, scusate la nota per i lettori della mia tribù ‘The Balcons”).

    Ecco, da una donna così cosa vi aspettate?

    Quanto meno un basso controllo emotivo per la rabbia, mai sopita, di aver tradito sé stessa inutilmente. Così nel momento della vendetta viene travolta dalla furia. Non potendo servire la vendetta su un piatto freddo, si scotta le mani e distrugge insieme al nemico anche il proprio patrimonio, futuro e tutta l’espressione di Sé nel mondo.

    Ma perché Jasmine non può servire la vendetta su un piatto freddo?
    Perché, tradendosi per amore, ha ucciso il suo proprio Sé e questo, morto, non può aspettare.

    Ma non è tutta colpa sua! Direte Voi care lettrici. D’accordo … senza aggiungere “porella” però.

    Il marito, che non ha la più pallida idea di cosa sia il “donnico”, e neppure voi immagino: il “donnico” è l’essenza della sostanza femminile o, se volete, quella universale elaborazione del “femminile” che ogni donna fa, secondo il proprio talento, nel proprio vissuto, diventando “quella” donna universale.

    Il marito, dicevo, nella scena clou le confessa di amare seriamente la giovane oper francese e di volerla sposare. Mai errore di più vasta portata che questo! Mai confessare ad una donna ageè che non è più oggetto di desiderio sessuale; mai dirle che ti scopi una più giovane. La trasformi in una belva omicida, come ben ci narra Allen.

    Non abbiamo più nulla da perdere quando ci rendiamo conto che tradendo le nostre passioni, abbiamo ucciso inutilmente il nostro proprio Sé. Non abbiamo più nulla da perdere quando anche la nostra tomba è vuota.

    REGIA: Woody Allen
    SCENEGGIATURA: Woody Allen
    ATTORI:
    Cate Blanchett, Alec Baldwin, Peter Sarsgaard, Alden Ehrenreich, Michael Stuhlbarg, Bobby Cannavale,Louis C.K., Sally Hawkins, Max Casella, Charlie Tahan, Steven Wiig, Andrew Dice Clay, Tammy Blanchard,Vanessa Ross, Tom Kemp, Catherine MacNeal, Glenn Fleshler

     

    Jasmine Blue woody Allen
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    Caterina Della Torre
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    Proprietaria di www.dols.it di cui è direttrice editoriale e general manger Nata a Bari nel 1958, sposata con una una figlia. Linguista, laureata in russo e inglese, passata al marketing ed alla comunicazione. Dopo cinque anni in Armando Testa, dove seguiva i mercati dell’Est Europa per il new business e dopo una breve esperienza in un network interazionale di pubblicità, ha iniziato a lavorare su Internet. Dopo una breve conoscenza di Webgrrls Italy, passa nel 1998 a progettare con tre socie il sito delle donne on line, dedicato a quello che le donne volevano incontrare su Internet e non trovavano ancora. L’esperienza di dol’s le ha permesso di coniugare la sua esperienza di marketing, comunicazione ed anche l’aspetto linguistico (conosce l’inglese, il russo, il tedesco, il francese, lo spagnolo e altre lingue minori :) ). Specializzata in pubbliche relazioni e marketing della comunicazione, si occupa di lavoro (con uno sguardo all’imprenditoria e al diritto del lavoro), solidarietà, formazione (è stata docente di webmarketing per IFOA, Galdus e Talete). Organizzatrice di eventi indirizzati ad un pubblico femminile, da più di 10 anni si occupa di pari opportunità. Redattrice e content manager per dol’s, ha scritto molti degli articoli pubblicati su www.dols.it.

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    2 commenti

    1. caterina-torre-hp
      Caterina Della Torre on 08/12/2013 23:46

      Anche io ho visto questo film stasera e devo dire che Allen dipinge Jazmine con la sua consueta misoginia. Anzi di più. La donen di Allen sono cattive e chi ci rimette quasi sempre è lui, il maschiio. Questo film non fa eccezione. Non puoi provare simpatia per l’antipaticona di turno e invece lui , farabutto e ladro quasi lo perdoni. Del resto che un uomo corra dietro alle sottane è normale, se poi s’inamora meglio. Non importa se ha truffato tanta povera gente. Vorrei aggiungere che la donna come arma fatale ha quello che sono le parole. E jazmine le usa. Forse avrebbe potuto essere anche più cattiva, ma lascio a voi decidere dopo che avere visto il film.

      Reply
    2. Cristina on 12/12/2013 00:09

      Che buffo io invece ho notato un altro elemento che va al di là della condizione femminile comunque ben illustrata nel sua dramma ( donne di mezza età che devono fare i conti con i tradimenti dei mariti, il sexual harasment dei datori di lavoro e la difficolta di trovare una identita dopo i 40, la disperazione della solitudine e della psicopatia). Pero credo che la grande protagonista qui è la MENZOGNA che viene utilizzata da entrambe i protagonisti come unico strumento per raggiungere i propri obiettivi. Declinata al maschile (con gli illeciti finanziari ed tradimenti del marito) ma sopratutto al femminile con la totale negazione della realtà da parte di Jasmine. Entrambe sono figure deboli e vittime delle loro menzogne… Ma Jasmine non è vittima del suo vuoto (sarebbe troppo banale) ma del non vedere il suo pieno. E’ sotto gli occhi dello spettatore le sue qualità di interior designer,organizzatrice di party, di stile, riprende a studiare, a lavorare, si rinnamora. La tristezza del film sta nel vedere come dalla menzogna non ci sia scampo…

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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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