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    Dol's Magazine
    Home»Pari opportunità»Un 25 aprile visto da una bambina
    Pari opportunità

    Un 25 aprile visto da una bambina

    Graziamaria PellecchiaBy Graziamaria Pellecchia22/04/2012Updated:29/07/2019Nessun commento6 Mins Read
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    di Graziamaria Pellecchia

    Fine anni cinquanta. Si comincia timidamente a commemorare in pubblico la resistenza e poi arriva il 25 aprile. A scuola mi danno una ricerca: raccogliere immagini e notizie sul periodo storico. Cerco nell’enciclopedia…no…non c’è niente. Trovo due pagine a fumetti sul “Corriere dei Piccoli”, ma non posso mica mettere i fumetti in una ricerca scolastica. Uffà sarò costretta a coinvolgere “i grandi”. Lo so, non hanno mai tempo, dicono che i compiti si fanno da soli…però…questa volta non è colpa mia, proprio non posso farne a meno…

    – “ Mamma? Cosa è la festa del 25 aprile?”
    – “?!???!!! Non sono cose per bambini, vai a giocare, e lascia stare queste cose!”
    – Ma quali cose dei grandi? Devo fare una ricerca per la scuola!
    – Ma guarda tu se adesso…va bene, vai da tuo nonno… Baaaabbo, digli qualcosa…è per la scuola…mi raccomando…non è che deve fare un romanzo…due parole!
    – Vieni, vieni, oh, che brava bambina! Vediamo un po’, che ricerca devi fare?
    – Liberazione del 25 aprile…
    – !?!!!??? Liberazione? Di niente, porc … adesso coinvolgono anche i bambini in queste falsità… anche a scuola sono arrivati i rossi…povera Italia!
    – Si, va bene, nonno, ma cosa è successo?
    – E’ successo che la barbarie è….
    ( mia madre interviene al volo)
    – Lascia stare, dopo ci pensiamo… e tu, vai a giocare…
    (mio nonno si ritira strategicamente sul terrazzo)
    (Arriva mio padre)
    – Ciao, bella giornata? Sì? Bacio!… Guarda che la bambina deve fare una ricerca… sentila un po’!
    – Si, papà, sul 25 aprile…
    – !??!!! Ehee, sssì… vediamo. E’ l’anniversario della Liberazione dell’Italia dal Fascismo…
    – Papà, il fascismo non era quello di quel Signore che sta nella prima pagina del libro di italiano di quando andavi a scuola?
    – Si, ma non c’entra… il libro di italiano. Dico: una cosa è l’antologia di italiano e una cosa è la liberazione… è che…insomma gli italiani avevano fatto una guerra, ma non solo la guerra con i militari, possiamo dire che erano successe delle cose che agli italiani non piacevano e molti avevano deciso di fare resistenza al regime … quelli che resistevano con più convinzione si chiamavano “partigiani”… …oh, ma la maestra che vi ha detto?
    – Niente, ha detto di chiedere a casa, intervistare i nonni e i genitori!
    – Certo, così lei … (Qualche attimo di silenzio. Sono sicura che mio padre si è già dimenticato della ricerca e della maestra, e sta inseguendo i suoi pensieri …) . Infatti continua partendo da un altro quadro… Quel giorno che uccisero Mussolini, quel Signore della fotografia del libro, la notizia arrivò ovviamente anche a Bari.. e la cosa che mi ricordo di più è che per strada si camminava su un tappeto di distintivi…e poi si disse che anche nel resto d’Italia era successo. Fino ad un minuto prima tutti erano fascisti, appena arrivata la notizia, tutti fecero un passo indietro e si liberarono delle prove. Questa cosa, indipendentemente dal fatto politico che la storia giudicherà meglio di noi, dato che per via del poco tempo trascorso, non possiamo essere obiettivi ed imparziali, è molto brutta, perché vuol dire che molte persone intorno a noi, non vivono seguendo le idee proprie, non hanno delle idee proprie, ma salgono sul carro del vincitore. Il comportamento di queste persone è il contrario della resistenza. Queste persone non vivono secondo coscienza, ma sono opportuniste. Oggi sono tue amiche perché tu servi loro, domani non gli servi più e ti dimenticano.
    – E dove sono andate queste persone? Io le conosco?
    – Queste persone sono ancora tutte in giro, gran parte di esse votano per altri partiti, altre sono rimaste fedeli al regime passato. Vedi, non è che uno non può cambiare idea, anzi, gli uomini cambiano, i tempi cambiano, e se le persone cambiano idea devono cambiare anche la loro vita…è che se uno cambia idea dentro di sé, va bene, ma non è che la cambia con uno schiocco di dita, non è che deve far finta, perché le idee che aveva non sono più di moda, o perché ci sono delle cose che oggi lo fanno guadagnare di più, o avere dei privilegi. Vivere così non è essere sinceri.

    – …?…!… Va bene…ma io cosa scrivo nella ricerca? Prendo le cose dal Corriere dei Piccoli?

    – Scrivi quello che vuoi!

    La DC da qualche anno era il partito numericamente più importante, era quello che la Chiesa ufficiale aveva benedetto, molte persone non si ponevano neanche il problema se e per chi votare, bisognava votare DC se si era persone di fede. Chi votava a sinistra era “scomunicato”. Non avevo ben chiara la situazione, ma sembrava che fosse una disgrazia. Ero alunna delle elementari, non dovevo votare, ma il fatto di avere delle idee dentro, indipendenti, non come quelle dei disgraziati che salgono “sul carro del vincitore”, mi prese bene. Quasi per gioco cominciai a guardare al di là delle persone, a chiedermi se tutte erano sincere quando sostavano davanti ai comizi, con le gambe divaricate, le braccia incrociate, e le facce alzate verso quello di turno che si sperticava per avere ragione, o quando marciavano dietro alle bandiere.

    Ero piccola, arrivavo appena al parapetto e guardavo in giù, sollevandomi sulle punte dei piedi. Le parole non sempre le capivo, ma seguivo i colori delle bandiere, gli atteggiamenti delle persone, le differenze impercettibili, fra questo e quello. Sì, perché le finestre della mia casa davano sulla ex Piazza Carabellese, e spesso qui si tenevano manifestazioni e transitavano i cortei. Le bandiere sventolavano, e le persone cantavano slogans camminando tutte insieme. Penso che fu proprio in quegli anni, che il gioco diventò una cosa seria e dentro di me cominciai decidere, al di là delle parole, delle idee poliedriche dei vari familiari, e altri, cosa avrei voluto essere, sinceramente, quando fossi stata alta abbastanza da confondermi con la folla, senza rischiare di esserne calpestata.

    Graziamaria Pellecchia. Nata a Bari nel1947. Ho frequentato l’Istituto commerciale e poi l’Università di Lingue a Bari. Nel 1973 mi sono sposata e ho raggiunto mio marito nel suo piccolo paese natale: Vaiano Cremasco in Provincia di Cremona . Ho lavorato a Milano negli anni settanta e poi a Monte Cremasco, per quasi trent’anni, come ufficiale demografico al mattino e bibliotecaria nel pomeriggio. Ho due figli. In pensione abbiamo deciso di stabilirci ad Adelfia, (BA) dove tutt’ora viviamo. Ho sempre amato scrivere. Penso che questo modo di raccontarci sia una delle migliori opportunità per condividere con leggerezza la nostra umana avventura.

    25 aprile liberazione
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    Graziamaria Pellecchia

    Graziamaria Pellecchia. Nata a Bari nel1947. Ho frequentato l’Istituto commerciale e poi l’Università di Lingue a Bari. Nel 1973 mi sono sposata e ho raggiunto mio marito nel suo piccolo paese natale: Vaiano Cremasco in Provincia di Cremona . Ho lavorato a Milano negli anni settanta e poi a Monte Cremasco, per quasi trent’anni, come ufficiale demografico al mattino e bibliotecaria nel pomeriggio. Ho due figli. In pensione abbiamo deciso di stabilirci ad Adelfia, (BA) dove tutt’ora viviamo. Ho sempre amato scrivere. Penso che questo modo di raccontarci sia una delle migliori opportunità per condividere con leggerezza la nostra umana avventura.

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