di Georgi M. Unkovski
con Arif Jakup, Agush Agushev, Dora Akan Zlatanova, Aksel Mehmet
Mi piace quando il cinema mi porta in territori sconosciuti. Sapevo giusto che esistesse la Macedonia ma, sinceramente, poco di più, anche perché per noi i Balcani sono un po’ tutti uguali.
Qui respiriamo fin dalle prime inquadrature l’atmosfera vagamente turca di un paesino della Macedonia del Nord. L’impressione non è casuale perché siamo in un villaggio Yuruk, ovvero abitato da una comunità di origine turca che per secoli ha praticato il nomadismo.

Ahmet ha 15 anni, vive col padre e il fratellino in una modesta casa. La madre è morta, le pecore danno da vivere a stento alla famiglia e il padre non vuole più che il figlio vada a scuola: ha bisogno del suo aiuto, anche perché il figlio minore non parla e lo porta sperando di guarirlo, da una sorta di santone locale. Ma Ahmet è anche un ragazzo di oggi, smanetta col cellulare, ambisce a diventare un DJ e quando qualcuno nel villaggio ha bisogno di sistemare una App, qualche collegamento Internet o di far partire la musica dalla moschea gli chiede aiuto. Anche se poi il padre lo obbliga a occuparsi delle pecore.

Il miscuglio di moderno e tradizione attraversa tutto il film, anzi ne è il cuore pulsante. Ci sono le pecore e l’abbigliamento d’antan, ci sono i matrimoni combinati e le ragazze che ballano in abiti tradizionali, c’è qualcuno che è emigrato in Germania e torna con uno sguardo lontanissimo dal passato del paese. La convivenza fra le due spinte è difficile, impossibile, stridente. Ma il futuro preme. Ahmet ci vive in mezzo. Deve ubbidire al padre perché questo impone la morale, ma i suoi occhi guardano lontano e frena a stento la sua inquietudine. Soprattutto quando si innamora di una coetanea, appena richiamata da Berlino dove studiava. Una ragazza col destino segnato: è promessa sposa a un uomo più vecchio, scelto dalla famiglia.

E se impedire quelle nozze combinate fosse il modo per Ahmet di dichiarare il suo amore e, al tempo stesso, di affermare la sua indipendenza nella comunità?

Tutto procede con lentezza, campi lunghi sui bei paesaggi, attenzione ai riti secolari, fermo immagine sui contrasti. DJ Ahmet è il primo film di un regista macedone cha ha lavorato molto nella pubblicità e che è anche stato allievo del Sundance Institute la scuola di cinema fondata da Robert Redford. E al Festival dello Utah, che aveva già premiato un suo cortometraggio, ha presentato anche questo film.
Che consiglio a chi al cinema apprezza gli sguardi sull’altro da sé.