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      Pacifiche in pace, guerriere in guerra

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    Dol's Magazine
    Home»Costume e società»Pacifiche in pace, guerriere in guerra
    Costume e società

    Pacifiche in pace, guerriere in guerra

    Marta AjòBy Marta Ajò12/07/2025Nessun commento3 Mins Read
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    “Se Netanyahu fosse stato donna nessuno sarebbe stato ammazzato, le donne sanno mediare” (Claudia
    Gerini)
    Non a caso partiamo, per proseguire il ragionamento da questa frase maldestra, che potrebbe apparire un’
    enunciazione di principio se non fosse priva di qualsiasi fondamento. A conferma che l’uso di termini o
    logiche pseudo femministe a volte sono inutili o dannose e fanno perdere i veri obiettivi di uguaglianza che
    è da sempre la vera sfida delle donne.


    A volere cogliere qualcosa in più, si confermerebbe una visione generalistica del pensiero femminile che,
    partorendola, è sempre e comunque dalla parte della vita e contro ogni cosa la metta in pericolo.
    Si potrebbe quasi riscontrare una non bel definita “teoria di appartenenza”.
    Ma venendo ad oggi, cosa spingerebbe a credere che il genere femminile potrebbe essere di “più” o
    “migliore” dell’altro nella soluzione dei problemi politici, economici, bellici?
    Il genere femminile è, giustamente, molto orgoglioso dei traguardi raggiunti, delle vittorie legislative, dei
    meriti, della rappresentanza conseguiti.


    Orgoglioso si ma ancora insoddisfatto e combattivo, ed è su questa questione che le donne non riescono a
    trovare una mediazione, neanche fra di loro.
    Più in generale, in particolare le donne occidentali, non decontestualizzando un passato “relativo” che
    appare loro troppo lontano, non ne tengono conto. Non per distrazione o ignoranza ma perché il valore
    intrinseco di libertà del femminismo è stato abbondantemente interiorizzato-digerito-praticato-superato.
    In particolare le ultime generazioni, nascendo a conquiste ottenute-realizzate, tendono a sottovalutare che
    la garanzia del “per sempre” è spesso messa in discussione.

    Non ricordando che il vento pur rivoluzionario che ha ispirato il femminismo, senza mai mettere in atto
    prove di forza di tipo “machista”, ha sempre affermato che pace e diritti vanno perseguiti in una visione del
    bene comune e non di genere.
    Le testimonianze degli anni che hanno preceduto il XX -XXI secolo, raccontano però anche una storia assai
    più complessa.


    Più in generale le donne non sono state sempre pacifiche per volontà quanto piuttosto per costrizione-
    sottomissione-ingravidamento. L’impossibilità quasi totale di liberarsi da questo stato di soggezione le
    rendeva inermi e impreparate al combattimento. Quando non fossero biologiche, dunque, le differenze
    altro non erano che frutto di coercizione e prepotenza.
    Ciononostante molte di esse, in più e diverse circostanze, al momento di rivestire ruoli di potere e di
    governo, non hanno usato metodi di comando diversi dagli uomini.


    Dimostrando di conoscere direttamente l’uso delle armi, dalle più rozze a quelle più sofisticate,
    utilizzandole quando necessario senza sottrarsi agli scontri e distinguendosi per valore, coraggio e crudeltà,
    facendo uso di forza e violenza sia in difesa che in attacco.
    Istruite fin da bambine alle armi improprie della seduzione e del sesso, obbligate a matrimoni a loro impostiper stringere alleanze politiche, garantire discendenze, conquistare patrimoni e status, seppero dimostrarsi
    abili tessitrici d’intrighi cortigiani.
    Forgiati non secondo criteri “estetici-psicologici” ma piuttosto a sopportare fatiche, violenze e gravidanze,
    corpo e intelligenza divennero armi per assicurarsi la vita.


    Teodora di Bisanzio, Giovanna d’Arco, Matilde di Canossa, Cia Ordelaffi, Orsina visconti, Bona Lombardi,
    Caterina di Russia, Elisabetta I d’Inghilterra… Golda Meir, Margaret Thatcher, Indira Ghandi ecc. hanno
    determinato la storia gestendo potere ed eserciti allo stesso modo degli uomini.
    Dimostrando che se le differenze corporee tra maschio e femmina in natura sono innegabili, quelle
    intellettive-psicologiche, ieri come oggi, valgono per entrambi a seconda delle circostanze ambientali e
    delle specifiche caratteriali.


    Insomma, se nati “uomo e donna Dio li creò” o da un’unica molecola primaria, se per secoli nei secoli l’uno
    ha avuto bisogno dell’una e viceversa, se la natura si serve di entrambi per riprodursi, ragionare su chi è
    “più, migliore, idoneo” a guidare un popolo, esaudirne i bisogni o le ideologie diventa un dibattito sterile.
    Uguali e pacifiche in pace, uguali e guerriere in guerra.

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    Marta Ajo
    Marta Ajò
    • Website

    Marta Ajò, scrittrice, giornalista dal 1981 (tessera nr.69160). Fondatrice e direttrice del Portale delle Donne: www.donneierioggiedomani.it (2005/2017). Direttrice responsabile della collana editoriale Donne Ieri Oggi e Domani-KKIEN Publisghing International. Ha scritto: "Viaggio in terza classe", Nilde Iotti, raccontata in "Le italiane", "Un tè al cimitero", "Il trasloco", "La donna nel socialismo Italiano tra cronaca e storia 1892-1978; ha curato “Matera 2019. Gli Stati Generali delle donne sono in movimento”, "Guida ai diritti delle donne immigrate", "Donna, Immigrazione, Lavoro - Il lavoro nel mezzogiorno tra marginalità e risorse", "Donne e Lavoro”. Nel 1997 ha progettato la realizzazione del primo sito web della "Commissione Nazionale per la Parità e le Pari Opportunità" della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il quale è stata Editor/content manager fino al 2004. Dal 2000 al 2003, Project manager e direttrice responsabile del sito www.lantia.it, un portale di informazione cinematografica. Per la sua attività giornalistica e di scrittrice ha vinto diversi premi. Prima di passare al giornalismo è stata: Consigliere circoscrizionale del Comune di Roma, Vice Presidente del Comitato di parità presso il Ministero del Lavoro, Presidente del Comitato di parità presso il Ministero degli Affari Esteri e Consigliere regionale di parità presso l'Ufficio del lavoro della Regione Lazio.

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