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    Dol's Magazine
    Home»Costume e società»Cultura»Film»Maria
    Film

    Maria

    Erica ArosioBy Erica Arosio05/01/2025Nessun commento3 Mins Read
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    regia di Pablo Larraín

    con  Angelina Jolie, Piefrancesco Favino, Alb Rohrwacher, Kodi Smit-McPhee, Valeria Golino, Haluk Bilginer

    Dal 1 gennaio nelle sale

    I ritratti di donne lo interessano in modo speciale. Pablo Larraín ci ha già raccontato (e bene) le vite di Jackie Kennedy e di Diana Spencer ed ora affronta un altro personaggio che ha segnato il Novecento: Maria Callas. L’ambizione del regista cileno non sono biografie esaustive a tutto campo, quanto la cristallizzazione di momenti significativi nelle vite delle donne che vuole immortalare, giorni che vengono raccontati in modo approfondito e con uno sguardo preciso, quasi chirurgico.

    Quello che ha scelto per la più grande cantante lirica del secolo scorso è il momento più triste, solitario y final, e infatti per tutto il film si respira un clima funereo, interrotto solo a tratti dalla luminosità dei ricordi di una felicità perduta. Seguiamo la Callas nell’ultima settimana di vita, nella residenza museo di Parigi, accudita da due devoti domestici, un maggiordomo e una cuoca che inutilmente si spendono per salvarla. Perché la china di autodistruzione su cui si è incamminata è così violenta e senza speranza che è impossibile per chi le vuole bene non rendersene conto.

    La diva è svuotata, esausta, non mangia, il corpo opulento della giovinezza si è assottigliato negli anni per le diete e i farmaci, farmaci forti, barbiturici e di peggio da cui è dipendente.

    Il film si snoda come un sogno-incubo, con al centro Angelina Jolie nel ruolo della vita: non ha cercato piattamente di assomigliare fisicamente alla soprano ma piuttosto di farne sua l’anima. E la voce: è lei a interpretare le arie e la fatica che le costa cantare rende benissimo quella fatica che Maria Callas provava negli ultimi giorni di vita, lo sforzo che le costava ogni gesto e ancor di più la sfida testarda di provare ancor una volta le arie che l’avevano resa famosa.

    I ricordi affiorano, la madre che vendeva le due figlie ai tedeschi, in Grecia, durante l’occupazione nazista, i successi che aveva fatto di lei una regina e il grande mai dimenticato amore per Onassis, un ricordo struggente che ha contribuito a consumarla.

    I ricordi sono sedute psicanalitiche, fantasie e ossessioni tutti costruiti per modellare lo strazio della fine imminente, l’incapacità e l’impossibilità di continuare a vivere, accompagnata dalla voglia disperata di rivivere la gloria del tempo che fu.

    Angelina Jolie merita una nomination agli Oscar, perché è credibile in ogni momento e sa far suo il dolore di Maria.

    Alba Rohrwacher in versione super dimessa (è la cuoca) e Pierfrancesco Favino (molto devoto e accudente nei panni del maggiordomo) fanno invece un’impressione strana, credo però solo al pubblico italiano. Il problema è che sono due attori molti caratterizzati e fatichiamo a trovarli credibili, perché più che recitare sembra che restino molto loro stessi. Forse è un limite che gli spettatori internazionali non coglieranno. Valeria Golino (che è greca da parte di madre) nel cameo come sorella della Callas convince ed è amalgamata al resto del film, mentre appunto Favino e Rohrwacher è come se restassero due corpi estranei.

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    Erica Arosio

    Erica Arosio, milanese, una laurea in filosofia, giornalista, scrittrice, critico cinematografico, è mamma di due figli meravigliosi, Mimosa e Leono. è stata a lungo responsabile delle sezioni cultura e spettacolo del settimanale «Gioia» e ha curato per vari anni la rubrica cinema di «Radio Popolare». Autrice di una biografia su Marilyn (1989 Multiplo, poi 2013 Feltrinelli Real cinema, in cofanetto con il dvd «Love, Marilyn»), ha collaborato a varie testate, fra cui «la Repubblica» e «Il Giorno». Nel 2012 esce il suo primo romanzo, “L’uomo sbagliato” (La Tartaruga, poi Baldini & Castoldi, 2014). Con Giorgio Maimone scrive una serie di gialli ambientati nella Milano degli anni 50 e 60: “Vertigine” (Baldini & Castoldi, 2013), “Non mi dire chi sei”, “Cinemascope” , “Juke-box” e il racconto “Autarchia” nell’antologia “Ritratto dell’investigatore da piccolo” (tutti per Tea), “Macerie” (2022, Mursia), “Mannequin” (2023, Mursia) Sempre con Giorgio Maimone ha scritto “L’Amour Gourmet” (Mondadori, 2014), un romanzo sentimentale ambientato nella Milano degli anni Ottanta, il mémoire sul ’68 “A rincorrere il vento” (2018, Morellini) e i gialli ambientati in Liguria “Delitti all’ombra dell’ultimo sole” (2020, Frilli) e “La lista di Adele” (2021, Frilli). A gennaio 2024 è uscita l’audioserie originale Faccia d’angelo, storia di Felice Maniero e della mala del Brenta, disponibile sulle principali piattaforme. E’ autrice di ”Carne e nuvole” (Morellini, 2018) una raccolta di 101 racconti brevi e della favola ”La bambina che dipingeva le foglie” (Albe edizioni, 2019). Ha pubblicato diversi racconti in antologie collettive ed è fra gli autori in Delitti di lago 3, 4 e 5 (Morellini editore).

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    Caterina Della Torre

    torre.caterinadella

    Redattora del sito internet www dols.it

    Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare Donne pronte al dialogo, ai trattati, a scavalcare barriere e confini, ai cambiamenti, alla PACE.
Protagoniste di una sfida femminile secolare che nessuna guerra potrà negare. Nessun futuro potrà prescinderne.

https://www.dols.it/2025/06/09/donne-di-pace-e-di-guerra/
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La solitudine dei non amati, firmato e diretto dalla regista norvegese Lilja Ingolfsdottir, nella sua opera prima, con Oddgeir Thune, Kyrre Haugen Sydness, Helga Guren e Marte Magnusdotter Solem .
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    Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo roman Per anni nessuno ha voluto pubblicare il suo romanzo, L’arte della gioia, uscito dopo la sua morte (nel 1996 a 72 anni) e solo grazie alla dedizione del marito, Angelo Pellegrino. Il libro vide la luce nel 1998 presso Stampa Alternativa (e poi nel 2008 da Einaudi). Tollerata dai salotti intellettuali del tempo, dove era entrata grazie alla sua lunga relazione con il regista Citto Maselli, Goliarda Sapienza fu sempre insofferente nei confronti del mondo intellettuale e borghese. Attrice, scrittrice, donna libera, più irregolare che anticonformista, chissà cosa penserebbe dell’interesse che sta suscitando in questo periodo non solo la sua opera ma anche la sua vita.

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Lo studio delle lingue straniere alimenta la curiosità e stimola la voglia di apprendere in molte discipline anche ben diverse, soprattutto se sostenute da una capacità imprenditoriale. Questo lo dimostra la storia qui di seguito riportata di Marialuisa Portaluppi da noi intervistata.
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