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    Dol's Magazine
    Home»"D" come Donna»Imparare ad amar se stessi
    "D" come Donna

    Imparare ad amar se stessi

    Cinzia FiccoBy Cinzia Ficco17/10/2014Updated:17/10/2014Nessun commento5 Mins Read
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    larua rampini-libroQuando i sogni diventano realtà, nonostante tutto. Questa è la storia di Laura Rampini,  prima donna paraplegica al mondo che si lancia sola con un paracadute. 

    da Tipitosti.it

     

    Quattro. Di sogni ne ha realizzati quattro. Ma di uno è proprio fiera, perché le è costato più di tutti.“Ci ho messo due anni – dice Laura Rampini, 42 anni, di Sigillo, nel Perugino– ma alla fine sono diventata la prima donna paraplegica al mondo che si lancia sola con un paracadute. Lo sognavo da bambina”.

    La sedia a rotelle, con cui si muove da venti anni per un incidente stradale, non glielo ha impedito. Come non le ha impedito di avere un secondo figlio a tre anni da quella che le piace chiamare fatalità. “Però – si affretta ad aggiungere – ne ho versate di lacrime, di momenti senza luce, quando non sapevo più a cosa aggrapparmi, ne ho vissuti tantissimi. E continuo a viverne.

    Rimanere senza un compagno, con due figli piccolissimi, è stato devastante. Ma non mi sono arresa e, mattoncino dopo mattoncino, ho costruito la mia seconda vita. Da disabile sono diventata superabile”.

    Come hai fatto?

    All’inizio ti sembra che sia una parentesi, una vita diversa da quella di prima, ma poi impari a gestire il tuo corpo e la tua disabilità, grazie al sostegno di medici e terapisti. Alla fine capisci che è sempre la tua vita e rinasci, ripartendo da lì. Devo tantissimo ai miei genitori che da bambina mi hanno insegnato a difendermi da sola e ad avere stima di me. Quando ero piccola ero grassottella e i miei compagni di scuola mi deridevano. E’ stato allora che ho imparato a reagire, perché ho imparato ad amarmi. Molti miei amici la chiamano grinta, ma è solo amore immenso per se stessi e la propria vita, qualunque essa sia.

    Subito dopo l’incidente ero arrabbiata. Continuavo a dirmi: Perché proprio a me? Perché questa punizione? Avevo un figlio di quattordici mesi e un chiodo fisso: E ora come farò a portarlo a passeggio, ad accompagnarlo all’asilo o a giocare con lui sulla sabbia? Smettere di fare insieme tutto quello che avevamo fatto fino a quel momento mi procurava una grandissima sofferenza. Dopo tre anni dall’incidente è arrivato il secondo figlio. Sì, perché ho sempre amato le famiglie numerose. Dopo tanti esami clinici i medici mi dissero che avrei potuto avere una seconda gravidanza, anche se con difficoltà a livello respiratorio.

    I problemi sono stati diversi. Dopo dieci anni dalla mia fatalità io e mio marito ci siamo separati. L’incidente aveva stravolto la nostra vita di coppia. Ho capito e accettato. Non puoi criticare chi non ha la tua forza. Sono andata avanti. Ho pianto tanto. Ma accanto a me ci sono sempre stati i miei genitori, i miei bambini, mia sorella (era con lei anche la sera dell’incidente, ndr), e suo figlio. Siamo i magnifici sette. Sempre uniti, sempre pronti ad aiutarci in qualsiasi momento. Loro mi hanno dato la forza di realizzare i miei sogni.

    Hai avuto la forza di realizzarne quattro.

    Sì, un libro, pubblicato di recente da Mondadori dal titolo: Nessuna barriera fra me e il cielo. Poi ho dato vita al progetto Liberamondo per cui sono in giro nelle unità spinali di tutta Italia. Quest’anno ho già fatto quasi 40 tappe. Ho realizzato il documentario “Falling” con la regia di Gerardo Lamattina. Tra breve registreremo delle puntate “I diari di Laura” e successivamente il documentario “Nonostante tutto“.

    Ti ho parlato anche dei progetti futuri. Come vedi non mi arrendo.

    Ma il sogno a cui tenevi tantissimo è un altro. E’ vero?

    Sì, volare, sentire forte il fruscio del vento gelido o l’ adrenalina quando stai per uscire dall’ aereo o quando sta per aprirti il paracadute. Poter fare tutto questo da sola dà una sensazione difficile da descrivere, ma molto intensa. Ho impiegato due anni per avere la licenza di paracadutista, ho fatto esami appositi e seguito una procedura diversa. Ho faticato e ottenuto quello che ho sempre sognato da bambina, quando seguivo le esercitazioni di volo libero a Sigillo. Ci sono riuscita.

    Sono passati venti anni dall’incidente, che ami chiamare fatalità. Ma un senso a quello che ti è successo sei riuscita a darlo?

    Non si è trattato di una punizione divina. Di questo sono sicura. Solo, appunto, di una fatalità. In quel momento è toccata a me. Ma non ho perso tutto. Anzi, mi reputo fortunata. Incontro disabili quasi tutti i giorni Ti garantisco che ci sono casi molto disperati e ci sono, poi, persone che, oggettivamente hanno avuto dolori meno grandi, ma non hanno la capacità di reagire. Di fronte a queste persone, però, preferisco non parlare. Non mi va di giudicare. Ognuno ha la sua storia e la sua forza.

    Ti è più facile stare in cielo che sulla terraferma?

    Quelle in cielo sono parentesi, brevi, ma intense e per questo preziose. Mi caricano parecchio. Ho fatto fino ad ora 163 lanci e altri ne farò. Sulla terraferma è una sfida ogni giorno, da quando lascio il letto e mi metto sulla sedia a rotelle. Però, ne vale la pena. Tutto sommato, non mi manca niente.Neanche un nuovo amore?Be, sì. Lo ammetto, non ho ancora raggiunto la pace dei sensi.

     

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    Cinzia Ficco
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    Pugliese, classe ‘69, laureata in Scienze politiche, giornalista pubblicista, è responsabile del magazine www.tipitosti.it, il blog di chi non molla. Sposata, ha una bambina che si chiama Greta, si diverte a scrivere per lei racconti. Ha pubblicato Josuè e il filo della vita, Il re dalle calze puzzolenti, Tina e la Clessidra, con la casa editrice Edigiò. L’ultimo è Mimosa nel regno di sottosopra, pubblicato da Intermedia.

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