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    Bugonia

    Erica ArosioBy Erica Arosio25/10/2025Updated:25/10/2025Nessun commento4 Mins Read
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    di  Yorgos Lanthimos

    con Emma Stone,, Jesse Plemons, Aidan Delbis

    Lo dico subito, così sgombro il terreno da ogni dubbio: Yorgos Lanthimos gira magnificamente, di ogni suo fotogramma che sia un dettaglio, un primo piano o un grandangolo non ha importanza, si potrebbe ricavare uno splendido  poster da appendersi in casa. Tagli d’inquadratura perfetti, coreografia degli attori impeccabile ma soprattutto ogni sequenza esprime qualcos’altro. Da ogni immagine traspare l’inquietudine, appena accennata o conclamata che comunque ti fa stare in guardia. Scena dopo scena percepisci in agguato qualcosa che può mettere sottosopra tutto. E sorprenderti. Quindi, per quanto mi riguarda, applausi a scena aperta per la visionarietà immaginifica e per il senso del cinema molto personale del regista greco.

    Passiamo alla storia. Lanthimos nella sua carriera ha alternato storie già scritte a idee sue, a suggerimenti del suo sceneggiatore di fiducia. Qui si ispira a un film coreano del 2003, facendolo suo. Film che in un primo momento avrebbe dovuto dirigere lo stesso regista coreano, poi Ari Aster (che figura fra i produttori) infine la palla è passata a Lanthimos. Anche in Bugonia come nei film di Ari Aster (Eddington), P.T.Anderson (Una battaglia dopo l’altra), Luca Guadagnino (After the hunt) abbiamo al centro quello che potremmo definire l’indecifrabile malessere del mondo attuale. Lanthimos restringe il campo (a differenza di Ari Aster che guardava il soggetto a 360 gradi) e si concentra sulla follia complottista.

    Ted e Don sono due cugini squinternati, il primo pazzo, il secondo, gregario, più tonto che matto, sono convinti che gli alieni (gli andromediani per la precisione) siano arrivati sulla Terra, celandosi nei corpi di alcuni umani, con la missione di distruggere l’umanità.

    Come fanno molti (qualcuno lo conoscerete pure voi, no?), Ted e Don non credono ai media “ufficiali”, pilotati dai poterei forti, e cercano informazioni solo sui siti più antagonisti del web. Inventandosene di tutti i colori, ma quella che sembra follia ha purtroppo riscontri nel mondo che conosciamo. La loro fissazione è sulla annunciata scomparsa delle api che preluderebbe alla fine dell’umanità. Bugonia è un termine di origine greca che fa riferimento a un’antica convinzione legata alla loro nascita.

    Dopo una serie di arzigogolati ragionamenti i due cugini individuano la responsabile del piano in Michelle Fuller, Ceo della multinazionale dove lavora anche Ted, come magazziniere. Sarebbe a dire l’alto e il basso, il primo e l’ultimo anello della stessa azienda. Chi vuole può anche aggiungerci qualche riflessione sulla rivolta di classe (nel film si cita anche Marx).

    Il rocambolesco rapimento va a segno e i due matti, dopo aver sequestrato la donna, la tengono prigioniera nella cantina della modesta casa dove abitano. Non vogliono soldi, non vogliono sesso, vogliono solo che Michelle confessi la sua natura aliena e promuova un incontro col suo imperatore. Per arrivare a cosa? Ma per salvare l’umanità!

    Gli scambi fra la donna e i suoi carcerieri diventano sempre più esasperati e grotteschi, le  teorie complottiste vengono snocciolate una dopo l’altra in tutta la loro assurdità e contrastarle con la ragione non servirebbe. Pochi altri personaggi, in un film forse un filo lungo ma che non svia mai dalla trama portante.

    Emma Stone che ha ormai un sodalizio perfetto con Lanthimos, dà vita a una prigioniera coraggiosa e creativa, costruendo un personaggio che di sicuro ha affinato in sintonia col regista. Jess Plemons è un pazzo dolente che comunica paura e pena al tempo stesso, trasmettendo tutta l’angoscia sbalestrata del suo personaggio.

    Inevitabile chiedersi come possa andare a finire una storia così eccentrica: il finale è perfetto ed è la lettura del film. Se Ari Aster, Guadagnino e Anderson evitano di dare risposte e lasciano i loro film sospesi, Lanthimos la risposta la dà. Ed è ancora più folle della domanda, ovvero se esista ancora in questo nostro mondo una verità verificabile e condivisa. Lanthimos per arrivarci fa ricorso non alla razionalità, ma alla fantasia e soprattutto al suo grandioso immaginario cinematografico.

    Film complesso nella sua linearità, film che non mi sento di consigliare a tutti. Ma chi ama Lanthimos e il cinema fuori dagli schemi lo adorerà.

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    Erica Arosio

    Erica Arosio, milanese, una laurea in filosofia, giornalista, scrittrice, critico cinematografico, è mamma di due figli meravigliosi, Mimosa e Leono. è stata a lungo responsabile delle sezioni cultura e spettacolo del settimanale «Gioia» e ha curato per vari anni la rubrica cinema di «Radio Popolare». Autrice di una biografia su Marilyn (1989 Multiplo, poi 2013 Feltrinelli Real cinema, in cofanetto con il dvd «Love, Marilyn»), ha collaborato a varie testate, fra cui «la Repubblica» e «Il Giorno». Nel 2012 esce il suo primo romanzo, “L’uomo sbagliato” (La Tartaruga, poi Baldini & Castoldi, 2014). Con Giorgio Maimone scrive una serie di gialli ambientati nella Milano degli anni 50 e 60: “Vertigine” (Baldini & Castoldi, 2013), “Non mi dire chi sei”, “Cinemascope” , “Juke-box” e il racconto “Autarchia” nell’antologia “Ritratto dell’investigatore da piccolo” (tutti per Tea), “Macerie” (2022, Mursia), “Mannequin” (2023, Mursia) Sempre con Giorgio Maimone ha scritto “L’Amour Gourmet” (Mondadori, 2014), un romanzo sentimentale ambientato nella Milano degli anni Ottanta, il mémoire sul ’68 “A rincorrere il vento” (2018, Morellini) e i gialli ambientati in Liguria “Delitti all’ombra dell’ultimo sole” (2020, Frilli) e “La lista di Adele” (2021, Frilli). A gennaio 2024 è uscita l’audioserie originale Faccia d’angelo, storia di Felice Maniero e della mala del Brenta, disponibile sulle principali piattaforme. E’ autrice di ”Carne e nuvole” (Morellini, 2018) una raccolta di 101 racconti brevi e della favola ”La bambina che dipingeva le foglie” (Albe edizioni, 2019). Ha pubblicato diversi racconti in antologie collettive ed è fra gli autori in Delitti di lago 3, 4 e 5 (Morellini editore).

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