Regia di Alessandro Aronadio
Con Edoardo Leo, Teresa Saponangelo, Javier Francesco Leoni, Giorgio Montanini, Eleonora Giovanardi
Questo non è un film sull’Alzheimer. Ma è un film sull’attesa dell’Alzheimer che è, essa stessa, Alzheimer. Non a caso, doveva intitolarsi “Limbo”. Uno spezzone di vita che traghetta da un prima di abitudini e certezze a un dopo di stravolgimenti, paure, terreni inesplorati.

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Questo film si basa su una storia vera, anche se da questa storia prende le distanze, per ragioni sia etiche che drammaturgiche.
Tutto inizia quando un piccolo libro finisce nelle mani di Edoardo Leo. È un libro scritto da una sconosciuta. Ha venduto poche copie. Racconta una storia drammatica. Eppure è questa la scintilla che convince l’attore a rinnovare, ancora una volta, la fortunata collaborazione con il regista Alessandro Aronadio. Insieme, ci hanno già regalato la commedia “Io c’è” e il piccolo gioiello “Era ora”.

La storia vera raccontata nel libro “Un tempo piccolo” scritto da Serenella Antoniazzi è quella di una famiglia che deve fare i conti con la diagnosi di Alzheimer precoce che viene fatta a un uomo poco più che quarantenne. Tempo pochi mesi e la sua memoria è destinata a sbriciolarsi. Da qui il desiderio di creare momenti belli, per fissare ricordi felici e beneficio di tutta la famiglia. Finché c’è tempo.
Il fulcro, e l’originalità, della storia sta nel ruolo assunto dal piccolo di casa, 11 anni, che aiuta il padre ad affrontare questa difficilissima fase della sua esistenza. E così, all’inizio è il padre che, finché può, cerca di insegnare al figlio a farsi la barba (ma anche a guidare, con conseguenze disastrose). Mentre alla fine, quando la malattia ha fatto gran parte del proprio corso, sarà il bambino a mostrare al padre come radersi.
Nel mezzo, ci sono spezzoni di vita, episodi ora divertenti ora drammatici, momenti che traboccano gioia e dolore, a volte senza soluzione di continuità. Il film è godibile, ma non banale. Affronta il tema della malattia con un approccio laico, senza mai indulgere nella sofferenza. Mostra sempre una luce, oltre il buio che sta calando nei ricordi del protagonista.
Aronadio dirige con mano sicura. Gli interpreti sono tutti bravissimi. Qui Edoardo Leo fa davvero un salto di qualità, aggiungendo nuove sfumature alla sua già ricca tavolozza di attore consumato. Teresa Saponangelo è convincente e coinvolgente in un ruolo non facile. Bravissimo Javier Francesco Leoni, nella parte del piccolo e coraggioso Mattia.

Quasi tutti i film tratti da storie vere alla fine mostrano immagini dei reali protagonisti della storia, né questo fa eccezione. Vediamo Mattia Piccoli nominato, nel 2021, Alfiere della Repubblica dal Presidente Sergio Mattarella per “l’amore e la cura con cui segue quotidianamente la malattia del padre”. E vediamo scene di vita familiari, che spaziano da un prima di gioiosa normalità a un dopo di sguardi vuoti e sofferenza.
Ma, come detto, questo film è un inno di speranza, che aiuta a riconoscere e apprezzare i bei doni della vita. Doni di cui fare tesoro e da cui trarre energia e linfa, per affrontare i momenti duri.
Nota personale: sono molto sensibile al tema dei rapporti familiari difficili. Perciò ho pianto come una fontana, nel vedere due fratelli che, pur tra mille distanze e incomprensioni, cercano di ritrovarsi.
Bello, da vedere.