di Maria Aprile
Domenica 21 settembre in occasione della Giornata Internazionale della Pace, al Giardino dei Giusti di tutto il mondo di Milano, un intero pomeriggio è stato dedicato alla drammatica situazione palestinese.
Una manifestazione emozionante articolata tra i momenti di silenzio nella tenda del lutto, simile a quella montata a Neve Shalom, dove ebrei e palestinesi possono condividere il loro dolore, e discussioni, poesia, musica. Uno spazio dedicato all’ascolto e al riconoscimento del lutto per le perdite umane del conflitto israelo-palestinese, alla fatica e al dolore dell’altro con lo scopo di supportare e valorizzare l’alleanza tra tutte le forze intenzionate a ricostruire ponti sulle macerie.

Forte e sentita è stata la voce il ruolo dei pacifisti di entrambe le realtà e in particolare delle donne che hanno avuto un un ruolo speciale, non solo in questa occasione.

Significativo l’intervento di Irit Hakim (israeliana)e Aisha Khatib (Palestinese), coordinatrici di Combatants for Peace, movimento congiunto israeliano-palestinese fondato nel 2006, impegnato nella lotta non violenta contro l’occupazione israeliana e le violenze correlate, che hanno portato la loro testimonianza in cui l’impegno politico scaturisce e s’intreccia al vissuto e all’esperienza personale.
Aisha Khatib ci ha raccontato della morte del fratello, avvenuta a dieci anni di distanza dal ferimento, a causa di un colpo sparato da un militare israeliano, una morte a distanza per gli strascichi della ferita. Quella morte è stata anche una ferita nella sua vita, che le ha lasciato uno strascico di dolore e smarrimento, ma che ha aperto la strada ad una ricerca, faticosa ma preziosa, che l’ha portata prima in Parents Circles e poi all’incontro con i Combatants for Peace, una realtà sorta da un gruppo di ex combattenti israeliani e palestinesi che hanno trovato modo di ascoltarsi, e sottraendosi alla logica delle armi, si sono uniti per dialogare e manifestare insieme contro l’occupazione.

“L’occupazione ferisce tutti, ha detto Aisha, noi combattiamo per la pace, per portare l’amore. Tutti i nostri figli sono preziosi, rimpiazziamo l’odio con il rispetto perchè se si applaude alla guerra, questa potrebbe toccare anche voi, ovunque siate”.
Anche Irit Hakim , israeliana da sette generazioni, ha raccontato la sua storia di dolore: la morte di un amico decenne a ridosso della guerra dei sei giorni, che non le ha permesso di essere felice per la vittoria. Il massacro di ventidue studenti che passavano la notte in una scuola, il suo scampato pericolo solo perchè con il suo gruppo di ragazzi, era in un luogo differente. Il rifiuto del marito di servire nei territori occupati e il conseguente imprigionamento. Tutti questi avvenimenti l’ hanno portata ad impegnarsi nel pacifismo prima entrando in in Peace now e poi in Combatants for Peace .
La scoperta di quest’ultima organizzazione è avvenuta partecipando ad un Memorial Day ( in Israele il Memorial Day è il giorno in cui si commemorano le vittime del terrorismo e i soldati caduti in guerra) la commemorazione organizzata da Combatants for Peace e diversamente dal consueto si teneva in chiave bi-nazionale, per ricordare anche le tante vittime palestinesi, per lei quello è stato un momento particonarmente significativo, lì i palestinesi hanno raccontato le loro storie e Irit ha capito di essere nel posto giusto.

“Il nostro metodo è l’assoluta non violenza per andare verso la pace”. Hanno dichiarato le pacifiste. Nei nosti incontri comunichiamo attraverso le nostre storie personali, e abbiamo scoperto che non puoi essere nemico di chi conosci così bene. Non conta essere palestinesi o israeliani, conta l’umanità.”
Il 7 ottobre è stato un momento drammatico per tutti, anche per i Combatants for Peace, un momento di confusione, silenzio e fatica per reiniziare a parlarsi, poi sono arrivati i primi incontri su Zoom, incontri inondati di lacrime.
“Oggi molte persone stanno entrando nell’organizzazione, manifestiamo con cartelli con il no al genocidio. Ricordiamo le persone uccise, ricordiamo gli ostaggi che le loro madri stanno aspettando.” E poi un appello alle persone in ascolto: “ Visitate il nostro sito, (https://www.cfpeace.org/ )lasciate messaggi, iscrivetevi come amici, donate.
Sono andata via pensando che, forse non non sarà oggi e neppure, come vorremmo domattina, ma il loro lavoro è prezioso per i due popoli e per l’umanità. La forza delle donne e di chi cerca una soluzione pacifica ai conflitti è fondamentale, per tutte e tutti noi.