di Simon Curtis
con Michelle Dockery, Joely Richardson, Paul Giamatti
Sceneggiatura di Julian Fellowes
Quali sono gli ingredienti di un film perfetto? La storia, certo, la recitazione, importante, i guizzi di regia, graditi. Ma forse quello che conta davvero è l’indefinibile stato di grazia capace di amalgamare le componenti. E quella certa simpatia che aleggia benevola su ogni inquadratura Senza dubbio nell’ultimo capitolo (mai dire mai) della saga di Downton Abbey non manca proprio niente.

Tutto scivola senza intoppi, la storia strappa sorrisi, empatia e persino qualche emozione. Ci si immerge scena dopo scena in un mondo dove anche gli imprevisti e perfino le tragedie si possono superare con l’intelligenza, il buon senso e un garbo ereditato da generazioni.
Al primo posto però metterei la scrittura perché lo snobbissimo Julian Fellowes è un vero talento (recuperate i suoi romanzi: un piacere dalla prima all’ultima pagina). Dopo aver scritto la sceneggiatura di Gosford Park non si è più fermato.

Eccoci in questo gran finale catapultati nella splendida dimora della famiglia Crawley che conosciamo bene per averla “abitata” sia al cinema che in Tv. Se mai ci finissimo, riusciremmo a girare tutte le stanze senza perderci.
Siamo invecchiati anche noi come i protagonisti, i tempi sono cambiati (i nostri ben peggio dei loro) ma sono cambiati anche i membri della dinastia e l’ingresso negli anni ’30 porta con sé altre trasformazioni. Oltreoceano è scoppiata la crisi del 1929 che ha ripercussioni anche in Europa, le divisioni fra le classi, così rigide agli inizi del Novecento, si stanno attenuando ma i Crawley sono attrezzati per far fronte anche a questa evoluzione.

Mary ha divorziato, fatto che nella buona società inglese di quell’epoca viene considerato scandaloso e ci vorrà tutta l’arguzia della famiglia e l’intervento di alcuni parenti e amici americani per aiutare Mary a ritrovare il suo posto nel bel mondo dell’aristocrazia.
Ugualmente complicato sarà fare i conti con un patrimonio intaccato. Anche i più abbienti dovranno rassegnarsi a rivedere il loro stile di vita. Cambiano gli equilibri anche degli “osservatori”, i domestici attraverso i cui occhi abbiamo sbirciato i momenti più riservati della famiglia.

Lo stato di grazia di questo film perfetto nasce dalla solida conoscenza del mondo aristocratico da parte di autori e produttori. I nonni del produttore conoscevano bene il commediografo Noel Coward che appare nel film in un ruolo gustoso, cruciale per traghettare i protagonisti verso la modernità.

Coward è stato il mentore del nonno del produttore e pure il padrino di suo padre. Il commediografo, americano, viene utilizzato benissimo anche per mettere a confronto la ancora rigida società inglese con i modi ben più informali dei cugini americani. Si ha anche l’impressione che gli attori siano davvero legati fra di loro, al di là delle vere parentele (il regista Simon Curtis è il marito di Elizabeth McGovern).
Su tutta la compagnia veglia ancora, spesso rievocata con affetto, la figura di Maggie Smith, Violet Crawley, la contessa madre e vestale di Downton Abbey che appare anche in qualche flashback.

L’ho presa alla lontana, a volo d’uccello, senza raccontare nel dettaglio la trama perché penso valga la pena esserne sorpresi. Comunque ci si sposta con immutata eleganza dai teatri londinesi alle campagna dello Yorkshire, dalle feste rurali alle tribune delle corse di cavalli di Ascot. Senza trascurare il contorno di dialoghi sofisticati e costumi meravigliosi. Degli attori ho detto, ma merita una citazione a sé Paul Giamatti, grandissimo nel ruolo dello zio americano travolto non solo dal crollo di Wall Street, ma anche dall’abilità di un truffatore che per un attimo riuscirà a intrufolarsi nel bel mondo di Ascot e anche a fare breccia nel cuore di Mary.
In questo nostro mondo in gran subbuglio ci si domanda come una storia così lontana abbia e abbia avuto un tale riscontro. Se ne stupiscono pure i produttori. Ma sebbene la bellezza non sia in grado di salvare il mondo, un po’ di conforto riesce comunque a regalarcelo.