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    Home»Costume e società»Cultura»Film»Warfare
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    Warfare

    Erica ArosioBy Erica Arosio25/08/2025Updated:25/08/2025Nessun commento4 Mins Read
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    di  Alex Garland e Ray Mendoza

    con  Joseph Quinn, Kit Connor, Will Poulter, Cosmo Jarvis, Noah Centineo

    Siamo abituati a vedere le guerre da lontano. Guerre fatte di numeri, con la conta dei morti e l’elenco di bambini e donne, immagini veloci, riprese col drone, folle confuse in fuga. Sequenze magari durissime che però si trasformano in un magma indistinto. L’individuo con le storie personali è il più delle volte escluso. Mentre sono sempre le vicende delle persone a rendere un evento più vero. Più vicino. Più complesso. Quando di fronte abbiamo il singolo ecco che affiorano le emozioni umane, i dubbi infiniti e ci rendiamo conto che la via non può essere quella della semplificazione.

    Alex Garland è dotato di una sensibilità particolare per quanto concerne i conflitti e vanta, fra l’altro, la regia dell’interessante Civil War. Per questo nuovo film, davvero importante nella sua essenzialità, ha chiamato al suo fianco Ray Mendoza che firma con lui la regia. Mendoza è stato consulente militare per molti film ma soprattutto la guerra l’ha vissuta sulla sua pelle perché ha fatto parte dei Navy Seal, i corpi speciali della marina americana.

    Proprio per questo il suo contributo al film è stato cruciale perché all’azione raccontata in Warfare ha preso parte in prima persona e in quello che vediamo sullo schermo c’è tutta la sua esperienza, i suoi ricordi e quelli dei compagni. Sui titoli di cosa li vedremo tutti, affiancati agli attori che li hanno interpretati e sarà impossibile non emozionarsi.

    Warfare ricostruisce una missione ad alto rischio a Ramadi, in Iraq, nel 2006 che ha avuto come protagonisti alcuni Navy Seal fra cui appunto lo stesso Mendoza.

    Siamo dentro la guerra, immersi nella polvere e nella paura, attraversati dall’incertezza e viviamo fra i  soldati: il nostro sguardo è il loro sguardo, le loro esitazioni diventano i nostri dubbi e più di una volta proviamo gli stessi interrogativi etici, ci angoscia la velocità in cui in certi contesti sono obbligati a prendere una decisione.

    La claustrofobia che il film ci trasmette è la stessa che angosciava i militari durante la missione e resta sotto la pelle anche quando si esce dalla sala. Non vediamo il nemico, lo percepiamo, ma sono ombre quelle che attraversano l’orizzonte, flash senza corpi né volti. Imprendibili, indefinibili e quindi difficili da capire e combattere.

     Sono silhouette sfumate che improvvise invadono il campo visivo senza dare la certezza che quella figura sfocata sia l’avversario. Tutto è incerto, inquietante, ogni istante può essere l’ultimo. Gli uomini del corpo speciale sono stati preparati, sanno come comportarsi di fronte alle emergenze, sanno come curare un ferito, ma la realtà irrompe in modi che nessuna teoria può prevedere fino in fondo.

    Il film è dettagliato, preciso, lento come lenti sono gli assedi, sono attese sul filo del rasoio filmate in sequenze chirurgiche e si percepisce tutta l’attenzione del regista a rispettare il dolore dei protagonisti e non tradire i loro ricordi.

    Ramadi era una degli angoli più infernali dell’Iraq in guerra. In campo ci sono due plotoni di Navy Seal che in quel novembre 2006 devono controllare la zona e per farlo devono trovare un posto d’osservazione, così occupano una casa abitata da una famiglia irachena e da lì cercano di individuare e rendere inoffensive eventuali cellule ribelli e unità nemiche. Il loro compito è supportare l’offensiva generale dei Marines.

    I civili iracheni sono spaventati e restano sconosciuti ai soldati che cercano di spiegare a fatica – c’è la barriera della lingua – che devono solo stare fermi, in una stanza: ma saranno anche loro complici dei terroristi? Domande che restano senza risposta. Intanto i soldati organizzano le postazioni e i turni e noi spettatori sentiamo tutta l’adrenalina dei cecchini: la posta in gioco è uccidere o morire. Controllare il quartiere nascosti dietro le finestre non è semplice e le unità subiscono più di un attacco. Sul terreno restano tre uomini feriti che vanno assistiti perché i soccorsi non possono arrivare subito. E noi spettatori viviamo istante dopo istante la guerra vera, fatta di momenti di terrore e di attese infinite. Di nervi saldi e di crisi di nervi, di solidarietà, di capacità di gestire situazioni estreme, di ordini dati che devono essere rispettati ma chissà se le decisioni prese sono davvero le migliori. Ma fare diversamente spesso è impossibile.

    Ci sono gli spari, ci sono gli attacchi, c’è il nemico all’esterno, minaccioso, invisibile, sconosciuto, imprendibile. C’è una regia rigorosa, un montaggio serrato, attori tutti perfetti. E l’assenza quasi totale di una colonna sonora che sarebbe stata del tutto inutile.

    Magnifico film che racconta benissimo il mondo nel quale viviamo che purtroppo non sembra avviato verso un percorso di pace.

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    Erica Arosio

    Erica Arosio, milanese, una laurea in filosofia, giornalista, scrittrice, critico cinematografico, è mamma di due figli meravigliosi, Mimosa e Leono. è stata a lungo responsabile delle sezioni cultura e spettacolo del settimanale «Gioia» e ha curato per vari anni la rubrica cinema di «Radio Popolare». Autrice di una biografia su Marilyn (1989 Multiplo, poi 2013 Feltrinelli Real cinema, in cofanetto con il dvd «Love, Marilyn»), ha collaborato a varie testate, fra cui «la Repubblica» e «Il Giorno». Nel 2012 esce il suo primo romanzo, “L’uomo sbagliato” (La Tartaruga, poi Baldini & Castoldi, 2014). Con Giorgio Maimone scrive una serie di gialli ambientati nella Milano degli anni 50 e 60: “Vertigine” (Baldini & Castoldi, 2013), “Non mi dire chi sei”, “Cinemascope” , “Juke-box” e il racconto “Autarchia” nell’antologia “Ritratto dell’investigatore da piccolo” (tutti per Tea), “Macerie” (2022, Mursia), “Mannequin” (2023, Mursia) Sempre con Giorgio Maimone ha scritto “L’Amour Gourmet” (Mondadori, 2014), un romanzo sentimentale ambientato nella Milano degli anni Ottanta, il mémoire sul ’68 “A rincorrere il vento” (2018, Morellini) e i gialli ambientati in Liguria “Delitti all’ombra dell’ultimo sole” (2020, Frilli) e “La lista di Adele” (2021, Frilli). A gennaio 2024 è uscita l’audioserie originale Faccia d’angelo, storia di Felice Maniero e della mala del Brenta, disponibile sulle principali piattaforme. E’ autrice di ”Carne e nuvole” (Morellini, 2018) una raccolta di 101 racconti brevi e della favola ”La bambina che dipingeva le foglie” (Albe edizioni, 2019). Ha pubblicato diversi racconti in antologie collettive ed è fra gli autori in Delitti di lago 3, 4 e 5 (Morellini editore).

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