di Louise Courvoisier
con Clément Faveau, Luna Garret , Mathis Bernard, Dimitry Baudry,
Maïwène Barthelemy, Armand Sancey Richard, Lucas Marillier
Un film d’altri tempi e una storia pure d’altri tempi. Anche se la regista e la maggior parte degli attori sono poco più che ragazzi. Potrebbe essere un’opera di Robert Bresson, per l’attenzione ai caratteri, per la capacità di dirigere attori non professionisti, tutti giusti per i ruoli. Infatti tutti i volti che vediamo nel film sono abitanti del Giura, la regione natale della regista che ha in famiglia anche qualche circense.
Vicina alla Borgogna, al confine con la Svizzera, il Giura è nel cuore della Francia più profonda, con montagne, campagna, produzione agricole, bestiame. Qualcosa che ha ben poco da spartire con Parigi o la Costa Azzurra. Una terra aspra che sa di Far West, dove ci sono mucche e rodei, trattori, cascine e si gareggia per vincere il premio del formaggio migliore, quello tipico della zona, il Comté.

La giovane regista, il cui film era a Cannes alla sezione Un Certain regard, aveva voglia di raccontare la sua terra, pescando fra i suoi ricordi d’adolescenza. Il ragazzo che interpreta il protagonista è uno studente di agraria e incarna alla perfezione Totone, un diciottenne acerbo e goffo sulle cui spalle cade inaspettata una grande responsabilità: già orfano di madre, perde all’improvviso anche il padre e tocca a lui mandare avanti la casa e occuparsi della sorellina di 7 anni.

Non sa bene come fare, abituato a bere birre con gli amici e dare una mano con gli animali, ma quella della campagna è gente che sa rimboccarsi le maniche. La sfida folle è quella di vincere il premio per il migliore formaggio Comté della regione: una medaglia e 30mila euro.
Si butta con incoscienza nell’impresa, ignorando le regole del concorso e tutte le caratteristiche della produzione doc.

Intanto vive i suoi 18 anni, si innamora di una contadina (personaggio anticonvenzionale interpretato benissimo da Maïwène Barthelemy (che ha vinto il César per la migliore rivelazione femminile), sostiene gli amici che gareggiano con auto costruite da loro e cerca di diventare grande.
Un film ambientato in campagna che di bucolico però ha poco, non c’è la dolcezza dei prati, c’è piuttosto la durezza del vivere di moderni pionieri. Un romanzo di formazione che sa raccontare la vita dei giovani di queste terre, spesso costretti a fare i conti troppo presto con la vita e al tempo stesso un documentario che sa restituire l’atmosfera di questa regione poco conosciuta, filmata con tutto l’amore di chi ci è nata, evitando ogni trappola sentimentale e ogni banalità.

Una curiosità: il titolo originale Vingt dieux, (letteralmene significa Venti dei) viene usato nel Giura come interiezione, un po’ l’equivalente del nostro “Buon dio” o Santo cielo. Un titolo che regala al film una ulteriore patina di antico canto rurale.